Ridurre la carica di germi e batteri dalle superfici è importante perché possono essere un efficace veicolo del virus. A noi la scelta: olio di gomito per una igienizzazione non stop o materiali appositamente trattati per fare il lavoro al posto nostro?

Negli spazi che stanno tornando gradualmente alle attività, l'emergenza sanitaria ha reso prioritaria, soprattutto nelle aree geografiche a maggiore endemia, una sanificazione e una pulizia giornaliera degli ambienti, delle aree di lavoro e delle aree comuni. Sul tema si sono per ora pronunciate le linee guida tecniche dell’Inail lasciando ai singoli protocolli sulle misure di sicurezza definiti per singoli settori, specifiche più precise.

Pulizia da protocollo

Sappiamo però che postazioni di lavoro, spogliatoi, mezzi aziendali, aree comuni, distributori automatici, dovranno essere igienizzati costantemente.

Ogni lavoratore dovrà provvedere alla sanificazione della propria area di attività utilizzando i prodotti forniti dall’azienda e che questa verrà effettuata all’inizio o alla fine dell’utilizzo della postazione, a seconda del caso. Se la postazione sarà utilizzata da più operatori nell’arco della stessa giornata, ogni lavoratore la dovrà sanificare prima dell’utilizzo. Rientrano nella postazione di lavoro anche tavoli, scrivanie, tastiere, mouse, touch screen, pulsantiere, distributori automatici, attrezzature varie.

Ma quali sono i pericoli reali di trasmissione del virus mediante le superfici che tocchiamo?

I ricercatori dei National Institutes of Health e dei CDC statunitensi, dell'Università della California di Los Angeles e della Princeton University hanno simulato le modalità con le quali il virus, espulso con tosse e starnuti, o propagato attraverso le mani contaminate, si deposita sulle superfici attorno a noi. Hanno scoperto che il coronavirus SARS-CoV-2 resiste fino a tre giorni su plastica e acciaio inossidabile, anche se la sua carica infettiva su questi materiali si dimezza dopo 7 e 6 ore rispettivamente. Il nuovo coronavirus resiste sul rame solo 4 ore, e non più di 24 sul cartone. Su questi due materiali, il virus dimezza la sua carica infettiva dopo 2 e 5 ore.

Pensare di igienizzare tutte le superfici con le quali potremmo entrare in contatto sappiamo che è impossibile, ma la facilità di pulizia e la possibilità di abbatterne la carica batterica, veicolo dei virus, sono diventati due aspetti indispensabili per garantire la sicurezza negli spazi condivisi.

Non solo finiture superficiali ma soluzioni di processo

In questa direzione si sono mossi, negli ultimi anni, molti marchi che hanno implementato la produzione di prodotti con una elevata carica batteriostatica, spesso attiva per l’intero ciclo di vita delle soluzioni prodotte.

“Noi abbiamo scelto di non lavorare su una finitura superficiale”, racconta Pier Luigi Corti, direttore commerciale Abet Laminati, “ma di incorporare la sostanza antimicrobica direttamente nello strato decorativo dei nostri prodotti”.

Lamishield è il materiale stratificato di Abet Laminati ottenuto dall’additivazione, nei processi di produzione, delle polveri prodotte da BioCote®, che sfruttano le intrinseche proprietà naturali degli ioni di argento per garantire una protezione continua e integrata, attiva per l’intero ciclo di vita. Le prove di laboratorio eseguite in conformità della norma europea ISO 22196:2011 dimostrano che le superfici rivestite di Lamishield riducono la carica batterica fino al 99,9%.

 

Un altro colosso delle finiture, Akzo Nobel, ha scelto molti anni fa di creare la linea di vernici in polvere antimicrobiche Interpon AM, avvalendosi della medesima tecnologia BioCote®.

“È dal 2011 che produciamo questa linea”, spiega Claudia Salomoni, Specification Advisor & Marketing Coordinator SMU Powder Coatings Akzo Nobel, “Ed è comprovato che gli ioni d’argento hanno un effetto tossico su alcuni batteri e muffe. Questo tipo di vernici sono efficaci contro degrado, cattivi odori e macchie preservando intatto l’aspetto della finitura”.

Gli ioni d’argento sono la forma attiva dell’argento elementare, si legano alle proteine chiave dei microorganismi privandoli della capacità di respirare e riprodursi, “Le nostre vernici sono utilizzate di frequente nella finitura degli spazi sanitari e collettivi; garantiscono che anche nelle parti difficilmente raggiungibili da una igienizzazione quotidiana, non vi sia un proliferare di batteri”, conferma Salomoni. Questo tipo di vernici è stato ingegnerizzato per rifinire anche attrezzature mediche, letti e mobili, elettrodomestici, telefoni e computer, sportelli automatici, maniglie, rubinetti e docce, sedili e corrimani dei trasporti pubblici.

Anche il settore dei tessili, da qualche anno lavora alla produzione di prodotti con elevate proprietà batteriostatiche. “Quando abbiamo iniziato a pensare alla creazione di un tessuto che avesse elevate caratteristiche di fonoassorbenza”, racconta Giorgio Caimi, responsabile della ricerca e sviluppo di Caimi Brevetti, “Volevamo ottenere anche un prodotto batteriostatico, non grazie ad un trattamento di superficie. Pensavamo che questa qualità dovesse essere intrinseca alla catena molecolare della fibra, senza poter essere modificata da agenti esterni”. Il risultato è stato ottenuto utilizzando dei filati in poliestere il cui impasto è stato implementato inserendo ioni di argento. “Con Fiber 1 siamo riusciti ad ottenere un tessuto che rispondesse agli elevati standard delle normative internazionali (resistenza al fuoco, assenza di formaldeide, assenza di Voc, completa riciclabilità, tra gli altri)”, continua Caimi, “E il cui filato fosse batteriostatico, ottenendo performance certificate da IMSL”. Con la tecnologia brevettata Snowsound Fiber l’azienda ha realizzato molti dei prodotti acustici a catalogo, e dei divisori disegnati da alcune note firme del design.

Altro materiale consigliato per rendere più igienici gli spazi che abitiamo, è il vetro. Trattato come quello di AGC Glass Europe, la linea AntiBacterial, declinabile anche nella superficie a specchio, o super decorativo, come le lastre di Vetrite, realizzate da Sicis, in vetro con un’anima in polimero e con caratteristiche antibatteriche e antimicrobiche.

Ceramica avanguardista

Il settore delle finiture ceramiche, prima di altri, ha lavorato sulla batteriostaticità delle superfici, utilizzando questo plus come un elemento significativo della comunicazione di prodotto.

Tra i marchi che si possono annoverare come anticipatori, vi è sicuramente Iris Ceramica Group, con le finiture in gres porcellanato Active Clean Air & Antibacterial Ceramic™, trattamento che vede l’applicazione, a temperatura elevata, di particelle micrometriche di biossido di titanio (TiO2) che, sfruttando il processo di fotocatalisi attivato dalla luce solare o da luce artificiale, conferisce al materiali elevate proprietà antibatteriche e anti-inquinamento.

E Panaria Group, con il trattamento Protect, applicato a diverse linee di superfici, che utilizza la tecnologia Microban®: uno strato agli ioni d’argento integrato nei prodotti già in fase di cottura elimina fino al 99,9% dei batteri, per una superficie costantemente protetta.

Tra i pavimenti antibatterici in gres porcellanato a tutta massa è da annoverare il trattamento Bios Antibacterial Ceramics di Casalgrande Padana®, frutto di una partnership tra l’azienda e il gruppo giapponese Toto, che ha brevettato la tecnologia che unisce le proprietà antibatteriche dei metalli nobili a quelle del biossido di titanio.

Per sua natura la ceramica è un materiale atossico. I marchi che non hanno proposto soluzioni antibatteriche hanno però lavorato alla assoluta e comprovata igienicità delle superfici; la certificazione americana Nsf (National Sanitation Foundation - Food Equipment Materials) garantisce che le lastre Florim a contatto con gli alimenti non rilasciano sostanze nocive per la salute. L’innovativo processo produttivo StepWise™ di Marazzi consente di ottenere, per alcune delle linee di prodotto del Gruppo, una combinazione di  elevata resistenza allo scivolamento ed eccezionale manutenibilità; queste nuove superfici si igienizzano completamente con la sola acqua e un detergente delicato.

 

Qui sopra e nella foto di apertura, installazione dedicata alla preparazione dei cocktail all'interno di Club Unseen, il progetto-manifesto ideato da Arianna Lelli Mami e Chiara Di Pinto, creative directors di Studiopepe, in occasione della Milano Design Week 2018. Photo di Giuseppe Dinnella.