In tema di architettura e pietra naturale – marmo, travertino, granito – , l’Italia parla al mondo. E fa sistema attraverso un progetto aggregante che diffonde la cultura del materiale e della sostenibilità

PNA - Pietra Naturale Autentica è una rete di aziende nata nel 2018 per supportare e diffondere l’uso della pietra naturale nel design e nell’architettura. Non è un consorzio, non è un’associazione: è un progetto aggregante, nato dall’esigenza di costruire un sistema culturale intorno all’uso delle pietre nell’architettura e nel design. Perché a dir la verità marmo, travertino, granito sono, negli ultimi decenni, in concorrenza con tutta quella famiglia di superfici man-made che hanno il grande vantaggio di essere estremamente prevedibili e controllabili. E, a occhi distratti o inesperti, anche vagamente simili dal punto di vista cromatico e tattile. Fra un tentativo, anche ben riuscito, di mimare la natura e la natura autentica però c’è una differenza enorme. E val la pena conoscerla.

“La pietra naturale richiede cultura, passione, tempo. La disponibilità da parte dell’architetto e del designer di rinunciare al controllo totale, affidandosi a una bellezza da avvicinare con rispetto e umiltà”. Stefano Ghirardi è presidente di PNA e a capo di un’azienda famigliare arrivata alla terza generazione. Ed è anche un vero appassionato.

“I cavatori, così si chiamano le aziende che estraggono il marmo dalle cave, hanno spesso una storia famigliare legata alle pietre” spiega. “A volte sono proprietari della cave, a volte invece usufruiscono di concessioni demaniali di lunga durata. In qualsiasi caso hanno sempre un legame profondo con il materiale e un grande rispetto per l’ambiente. È la consapevolezza di toccare con mano qual è il senso di un materiale eterno”. Quando si parla di cave, si parla di ‘piani di coltivazione’, non di sfruttamento. Perché esistono precisi impegni di bonifica e riuso e, soprattutto, si estrae quello che serve, non c’è scarto o perdita.

Le pietre sono in effetti materiali discreti ma indistruttibili. Averci a che fare è una responsabilità, sia per chi estrae e trasforma la materia prima, sia per chi decide di usarla nei progetti. Il 71% delle pietre naturali italiani viene esportato. Gli usi più comuni? Edifici devozionali, residenze private, hotel. Ed è nella relazione con gli architetti che si intuisce quanto sia importante ricostruire una cultura della pietra naturale. “Ci siamo accorti che al nostro settore mancava un progetto forte di comunicazione istituzionale per rispondere all’impatto di marketing di prodotti alternativi e succedanei che cercano di emulare le caratteristiche formali e funzionali del prodotto naturale”.

Secondo Stefano Ghirardi prodotti man made sono scelti anche a causa di un deficit di comunicazione. “Cerchiamo di dare un messaggio forte e univoco. Lavorare con prodotti succedanei standard, dove ogni lastra è uguale, rispetto a saper valorizzare e dare spazio al marmo e alle sue imprevedibili bellezze è una scelta completamente diversa”.

Scegliere fra le alternative non è solo una questione di gusti, ovviamente. Ci sono progetti per i quali probabilmente la certezza di un prodotto standard e controllabile ha un senso rispetto al contesto funzionale. Ma l’obiettivo di PNA non creare una polarizzazione, ma sottolineare le differenze. “Farid Boumhadaf è l’architetto che si è occupato del progetto dell’aeroporto di Doha”, racconta Stefano Ghirardi, “l’ho accompagnato a visitare la cava e mi sono molto stupito di come osservava in silenzio, scattando foto della pietra da cui era circondato. Alla fine della visita mi ha detto di aver guardato con emozione uno straordinario prodotto della natura ed era esattamente quello che voleva per il suo progetto”. L’unicità e l’imprevedibilità sono in effetti privilegio di processi lenti, di interventi manuali sapienti e, ovviamente, della natura.

Avere a che fare con il mondo naturale impone valutazioni sull’uso delle risorse e sui segni che siamo disposti ad accettare nei nostri paesaggi. Le cave di marmo sono luoghi spesso rappresentati come ferite nella terra. “È importante dire che sono interventi che vengono riparati, valutati. Non c’è niente di inutile o di superfluo quando si scava la pietra, non esiste scarto. Al netto di valutazioni di parte, abbiamo fatto delle analisi attente che ci hanno dimostrato che lavorare il marmo produce una carbon footprint e un consumo energetico quattro volte inferiore alla produzione di lastre in vetro, su un utilizzo di 25 anni. Ma sappiamo benissimo che il marmo dura molto di più. E la capacità di isolamento termico, a fronte di una selezione intelligente della pietra, è molto significativa nella gestione degli edifici”. La pietra ha anche una capacità di stratificare il passare del tempo, diventando più bello e più affascinante. “Come il viso di un essere umano, sui cui rimane il segno della vita”, conclude Ghirardi.

Usare un materiale che promette di durare in eterno ha qualcosa di definitivo e di molto vitale. La sostenibilità oggi si fa anche attraverso scelte forse un po’ più difficili, un po’ più complesse di quelle a cui siamo abituati. Soffermarsi, conoscere, indagare le funzioni e le forme in relazione al passare del tempo è fondamentale. Riconoscere il legame fra uomo e materia naturale è altrettanto importante. Serve a ripristinare delle priorità che potrebbero indicare la strada verso un’architettura che, in alcuni casi, chiede di avere a che fare con il futuro.