Spaesare e tradire le attese, ribaltare la logica e mettere in discussione la consuetudine: per portare vera leggerezza serve un rigore estremo. La storia dell'ironia nel design italiano

Uno sfogliatore automatico di margherite per innamorati pigri, poltrone-termosifone per freddolosi cronici e caffettiere per masochisti: con manico e beccuccio dallo stesso lato.

In questi oggetti divertenti, strambi e, a loro modo di plausibile utilizzo, c’è soprattutto una caratteristica fondamentale: l’ironia. Spaesamento e tradimento delle attese che, per dirla con Freud, rappresentano le doti principali del motto di spirito.

Non a caso, Jacques Carelman, mente e mano di questi Oggetti Introvabili, era uno che, prima di diventare designer, aveva a che fare con i denti. Da Marsiglia, dove era nato nel ’29, si sposta a Parigi, facendo prima il dentista, poi lo scenografo e quindi l’illustratore. Era la fine degli anni ’60, in pieno boom economico e di incredibile fervore per il design industriale. Carelman fa schizzi e qualche prototipo di infiniti prodotti: vasche da bagno per tirchi (oggi li chiameremmo ecosostenibili), pipe per indecisi, pettini per calvi o tandem convergenti.

Pioniere del genere fu poi Bruno Munari in epoca futurista con le sue Macchine Inutili del 1930 che partivano dalla stessa voglia di sperimentazione e libertà. Eclettico e irriverente, l’architetto, artista e progettista viene considerato il padre del design ironico: inteso non in quanto genere ma come sguardo per osservare il mondo. “Munari è un uomo piccolo con l’espressione stupefatta di un bambino” scriveva di lui Dino Buzzati, “ride volentieri degli stravaganti ordigni ma li prende molto sul serio”.

E in questa considerazione del grande scrittore su uno dei padri del design italiano c'è forse il segreto dell’ironia – quella sottile, intelligente e che fa pensare: ribaltare la logica, invertire la consuetudine ma con estremo rigore. Portare, insomma, leggerezza, senza perdere di vista la necessità di dare un senso e un significato alle cose.

Come quel capolavoro di innovazione e simpatia che Munari progettò nel 1945: la Sedia per visite brevissime. Perfetta per ascensori, visite di nuore, suocere ed ex amanti, la Zanotta Singer 5000 è dotata di schienale alto e seduta corta per uno spessore di soli venti centimetri.

Con il '68, anno di manifestazioni, movimenti, rivolte, arriva il radical design, termine coniato dal critico Germano Celant durante la XIV Triennale di Milano. Con Ufo, Archizoom Associati, Ugo La Pietra, Gaetano Pesce il design dettato solo da funzionalità e bellezza estetica lascia il paasso alla libertà di espressione, all'ironia e al cambiamento di canoni. Qualche anno dopo, nel 1972, viene inaugurata al MoMA di New York una mostra che farà storia: Italy: The New Domestic Landscape. Sedute, poltrone, radio, lampade, divani, posate: di scena 130 oggetti, fra designer conformisti, riformisti e contestatori come Joe Colombo, Gae Aulenti, Marco Zanuso, Richard Sapper.

Cose come il divano Serpentone di Cini Boeri, la seduta Pratone di Gufram – che ancora oggi continua a sfornare ironic design come il divano Blow di Emanuele Magini (leggi qui) per i poracci che non si possono permettere la Costa Smeralda  e ovviamente lei, la rossa, la regina: la Valentine di Sottsass. Macchina da scrivere diventata icona, inventa il lavoro nomade ma racconta soprattutto di un nuovo modo portatile di scrivere lettere d’amore ovunque – Tinder, scansate proprio.

In quanto a ironia, metafore poetiche e liriche, Ettore Sottsass, baffuto e anarchico intellettuale, era tra i più originali. “Quando ci siamo conosciuti” racconta la sua compagna Barbara Radice (leggi qui) “siamo andati a fare un viaggio in Tunisia. La prima sera abbiamo dormito in una specie di grotta. Il tavolo per mangiare era sporco, allora Ettore è andato a prendere nella toilette un rotolo di carta igienica color malva con cui ha foderato il tavolo. Faceva cose così, Ettore”. Arriva quindi una rivoluzione chiamata Memphis, che restituisce all’oggetto la sua dimensione emozionale ed esistenziale, carica di un forte elemento decorativo e ironico.

Poi c’è il pop anni ’80 con il provocatore Philippe Starck, sedicente principe dell’inutile che ha disegnato di tutto, dallo spremiagrumi alle infradito e Stefano Giovannoni, il progettista spezzino un po’ eretico, un po’ cinico, un po’ giocoso, molto amato dalle aziende per quel suo vizio di sfornare best seller. Merdolino, lo scopino da bagno per Alessi disegnato nel 1993 che stilizza un germoglio, è adatto alle situazioni più difficili, soprattutto di questi tempi.

Asciutti, schietti e ironici, i tipi di Droog, il collettivo di designer nato nel mezzo degli anni ’90 da Gijs Bakker e Renny Ramakers, continua a progettare e realizzare mobili ed elementi d’arredo all’insegna di idee originali e concetti chiari, divertenti, riflessive ma mai prive di senso, come le sedie sui generis di Jurgen Bey o i lampadari di Tejo Remy.

Tra i più recenti oggetti anche quelli del designer avanguardistico Joe Velluto – alias Andrea Maragno e Sonia Tasca – che con il loro studio hanno dato forma a idee pungenti: il loro RosAria, rosario in pluriball, potrebbe oltre che entrare a far parte di un contemporaneo manuale di oggetti introvabili, essere gradito ai politici di casa nostra.

 

Nella foto di apertura la poltrona Furrow, design Marcel Wanders per Natuzzi Italia, interpretata da Miro Zagnoli per Interni Settembre 2018.