Nei mesi dell’emergenza, la corsa per produrre camici e mascherine. E adesso il made in Italy progetta soluzioni sensate per farci vivere meglio durante l’allerta sanitaria. Si chiama conversione

Il design non ha soluzioni definitive ed eterne. Che poi è l’unica cosa sensata quando il contesto cambia improvvisamente e di continuo. Una flessibilità che le aziende del made in Italy hanno messo a disposizione con grande generosità nel momento del bisogno, facendo a gara per convertire le proprie produzioni in un quadro di emergenza francamente angosciante e decisamente sfidante.

Il cambiamento rapido delle linee produttive di marchi come Prada, Gucci, tutto il gruppo Miroglio, Valentino, Geox, Moschino – solo per citarne alcune – , è stato coordinato da Confindustria Moda che, il 26 marzo, ha risposto all’appello della Protezione Civile italiana. In dieci giorni le unità produttive hanno iniziato a fabbricare camici e mascherine a pieno ritmo: alcuni impianti fino a 100mila pezzi al giorno.

Le aziende dell’automotive hanno messo a disposizione il proprio knowhow per produrre componenti e assemblare respiratori: FCA e Ferrari offrendo anche i siti di produzione delocalizzata, cioè quelle aziende terziste che molto spesso in Italia sono il motore di innovazione.

Come mai tutto questo da noi ha funzionato così bene e in modo così repentino? La risposta è in una parola: abitudine. La flessibilità è da sempre di casa in Italia, da quando il sistema del design ha iniziato a creare quel circuito virtuoso tra architetti, imprenditori, artigiani e terzisti. Mentre in anni recenti, quando molte produzioni sono state spostate all’estero, inventarsi nuovi mercati è diventata questione di vita o di morte imprenditoriale.

Ed è di nuovo il design a intervenire nella fase di ripresa, il momento in cui l’inadeguatezza delle città e dei luoghi pubblici, dalla mobilità alla grande distribuzione, fino ai luoghi di lavoro, si manifesta perché rende spaventosa la prossimità dei corpi. Un argomento difficile, doloroso. Perché l’isolamento temporaneo è una cosa, ma la sensazione di avere davanti un nemico quando si sale su un mezzo pubblico o si entra in un negozio è un tema umano, non solo di gestione sanitaria. E quindi è richiesta delicatezza, una capacità di creare dignità e cura attraverso una diffusione generica di attenzioni estetiche e formali, oltre che funzionali.

In questa fase aziende e designer tornano a lavorare insieme, questa volta con le grandi strutture pubbliche e private. Un’occasione non così comune.

Il primo grande tema è quello del controllo tra dentro e fuori. Ettore Bandieri, CEO di Abet, racconta: “In azienda dovevamo rilevare la temperatura corporea dei nostri dipendenti, con termometri a infrarossi: i disagi che derivavano dal ripetere questa operazione per circa 700 persone erano evidenti, da un punto di vista sia funzionale che psicologico ed emotivo. Abbiamo risolto applicando dei termoscanner ai nostri pannelli compositi. Ma questa trovata ci ha dato un’idea: ripensare il concetto di soglia. Il passo successivo è stato chiedere ai design curator Giulio Iacchetti e Matteo Ragni. di progettare e rendere disponibile questa soluzione, appositamente adattata, nei luoghi di grande affluenza ragionando sul concetto di entrata. Il risultato è Igea (leggi qui), un sistema che crea un passaggio sicuro nei luoghi di transito, controllando temperatura e la presenza delle mascherine e sanificando. Il vero valore progettuale aggiunto è tutto nell’esperienza, che è naturale e spontanea, lontanissima  da una procedura sanitaria disturbante e vagamente disumanizzante.

L’attenzione all’uomo nei luoghi ad alta densità, come gli spazi di lavoro o pubblici, è uno dei temi che appassionano Carlotta De Bevilacqua, CEO di Artemide. Il marchio in questo momento si concentra su Integralis®, una fonte di luce con uno spettro luminoso che sanifica gli ambienti e modula la propria efficacia in base al numero di persone presenti. “La ricerca sulle nuove tecnologie e le relative applicazioni si stanno sviluppando a un ritmo rapidissimo, sia nel campo dell’elettronica che della fotonica, rivoluzionando i confini progettuali e produttivi” spiega Carlotta de Bevilacqua. E aggiunge: “Il transfer tecnologico è sempre più ridotto, i brevetti di invenzione sono immediatamente applicati, le soluzioni vengono condivise tra più prodotti, l’innovazione è distribuita e accessibile”.

La diffusione e l’accessibilità della tecnologia spiega la rapidità di reazione di molte aziende e di molti professionisti. La scienza, un’altra grande fonte di ispirazione per l’architetto De Bevilacqua, è alla portata di chi è in grado di capirla e usarla per produrre prodotti di cui adesso abbiamo improvvisamente bisogno.

La necessità delle mascherine ad esempio, per quanto dibattuta, ci accompagnerà per un po’ e Guzzini ha recentemente cominciato a proporne una disegnata dal duo Sparvieri & Del Ciotto (leggi qui). La differenza fra il prodotto dell’azienda marchigiana e una qualsiasi mascherina? È riutilizzabile, basta cambiare il filtro che viene venduto separatamente. Il corpo è in polipropilene riciclabile e il profilo in gomma, perché si adatti perfettamente al volto. Pesa 45 grammi ed è decisamente più decorativa di molte altre. Eco Mask è insomma un oggetto bello e sensato, per quanto progettato e prodotto a tempo record, rispetto agli standard abituali.

Evidentemente la reazione rapida alla richiesta del contesto, che in altre parole si chiama progetto e conversione produttiva, è un altro di quegli esercizi che viene bene al design.

 

In apertura, nella foto scattata da Mattia Balsamini il 9 aprile 2020 nello stabilimento di Prada a Montone (Perugia) il processo di taglio di ogni mascherina prodotta con tessuto non tessuto. L'azienda italiana di moda ha infatti convertito la produzione di pantaloni per realizzare 110.000 maschere per il personale medico della Toscana. La fotografia, insieme a quelle di Luján Agusti & Nicolás DelucaGaia Squarci nell'articolo, ha partecipato a The Covid-19 Visual Project, piattaforma on line ideata da Cortona On The Move, festival internazionale di visual narrative, dall' 11 luglio al 27 settembre 2020 a Cortona.