Uno tsunami è un evento imprevedibile e piuttosto raro. Ma tutti ormai sanno, anche alla luce del tanto parlare di Climate Change che troppa acqua (esattamente come troppo poca) significa morte e distruzione.
Sembriamo inermi davanti alla forza delle acqua ma è giusto ricordare che l’uomo ha le competenze per convivere felicemente con i cicli idrici, soprattutto grazie alla cultura agricola tradizionale e all’architettura. Riprendere le fila di un sapere secolare condiviso e trasformarlo in una scienza futuribile è il compito che si stanno dando oggi gli urbanisti.
“L'acqua è costantemente in movimento, attraversa i confini, nutre (e distrugge) la vita. Come si possono considerare insieme l'acqua e l'urbanistica in una cornice generativa che coinvolge una crescita economica, sociale, culturale?”. È la domanda che si pone Kate Orff, da sei anni alla guida di Water Urbanism, uno studio della Columbia University per la riprogettazione della relazione fra acqua e metropoli del global south. La risposta è ovviamente complessa, ma riguarda da vicino l’impegno dei governi, oltre a quello delle imprese private, e un approccio multidisciplinare che coinvolge anche politologi ed economisti, oltre a urbanisti e architetti.