Da Londra a Parigi, i tre recenti shop-in-shop del fashion brand Jacquemus sottolineano il valore di una ricerca materica che ha guidato tutto il processo creativo, competitivo e realizzato dello spazio

Materiali e architettura. La materia dell'invenzione, per dirla con il titolo di un celebre libro di Ezio Manzini, quando si traduce in forme in grado di attivare stupore, curiosità e piacere di vivere un'esperienza reale, diventa performante anche in epoca di metaverso e crescente digitalizzazione, soprattutto pensando agli spazi retail.

Ciò emerge in modo convincente dal recente progetto di OMA / AMO curato da Ellen van Loon e Giulio Margheri per i tre negozi del fashion brand Jacquemus.

Questi si trovano all'interno di department store di grande allure storica: uno a Parigi presso Les Galeries Lafayette e gli altri due a Londra, rispettivamente da Selfridges e Harvey Nichols.

“Ma prima di scegliere l'ubicazione di quelli che poi sono risultati essere tre shop-in-shop, la richiesta dello stilista Simon Porte Jacquemus è stata un'altra, collaborare insieme alla definizione di un concept per gli spazi fisici che restituisse l'identità del brand da lui fondato nel 2010”, spiega Giulio Margheri.

“Quando ho incaricato OMA di progettare i negozi Jacquemus, il mio punto di partenza era quello di esprimere una visione forte in ogni spazio mediante un materiale diverso. Ho voluto reinterpretare i riferimenti del Sud della Francia nei colori, nei materiali e nelle forme mixati con la mia ossessione per l'accumulo.

Per esempio, l'ispirazione per lo store di Les Galleries Lafayette è venuta dopo aver visitato il negozio di una fabbrica di cuscini in Italia in cui ho visto tutti i cuscini uno sopra l'altro.

Insieme a OMA, abbiamo ricreato spazi con quelle suggestioni ma in modo più minimale, per trasportare i visitatori nelle storie delle nostre collezioni e design”, racconta Simon Porte Jacquemus.

La tessitura narrativa di un puzzle in divenire.

“Così abbiamo immaginato di catturare l’anima della Provenza – dove sono le origini di Simon – da quella più tradizionale a quella più pop, mediante l’adozione di un unico materiale – un’ossessione – che crea connessioni nello spazio, tra il valore della memoria e la vitalità del nostro presente e futuro, per suscitare l’emozione della scoperta”, precisa Ellen van Loon, partner OMA.

“E abbiamo approcciato il design in modo del tutto diverso dal solito. Invece di lavorare con la forma e scegliere i materiali in seguito, abbiamo lasciato che questi da subito guidassero la configurazione e l'atmosfera di ogni negozio nel dettaglio”: scongiurando l’effetto omologazione, noia e ripetitività.

I tre punti vendita sono davvero un unicum sul piano espressivo ed esperienziale, dove la materialità ha dettato differenti spazialità.

“L'idea iniziale si è poi sviluppata testando i limiti della lavorazione di tutte le componenti con un solo materiale, per restituire anche con ironia l'integrità di una continuità visiva e simbolica a ogni elemento funzionale che partecipa alla messa in scena”, continua Margheri.

“Certo, abbiamo assorbito tutto ciò che rimanda all'immaginario della Provenza: architetture, film, arte. Ogni riferimento è stato utile per raggiungere un processo di astrazione e sintesi che si è tradotto in un'estetica fondante e in una palette di colori in sintonia con il mood dei prodotti esposti e con condizioni di luce particolari.

Ma dalla fase di studio a quella di elaborazione e realizzazione del progetto, anche il confronto con i numerosi vincoli e regolamenti di un grande magazzino ha trasformato altri limiti in opportunità di design”.

Così, entrare a Parigi nella boutique Jacquemus di abbigliamento femminile – 60 metri quadrati completamente privi di luce naturale – nel contesto haussmanniano de Les Galeries Lafayette significa ora approdare in un paesaggio cocoon di ovattati e soffici cuscini imbottiti di cotone bianco, dove pareti, porte, tende, camerino, banconi, ripiani, elementi espositivi e sedute evocano nel rivestimento i tessuti naturali della Provenza e la semplicità e il comfort di uno spazio domestico pensato al millimetro anche per creare cinetici giochi di chiarore nell'atmosfera vivace del grande magazzino.

“Solo il pavimento è un tappeto morbido, poiché sarebbe stato troppo complicato realizzarlo con i cuscini”, chiosa Margheri.

Diversamente, la boutique londinese di accessori al piano terra di Selfridges – 80 metri quadrati – nelle sue forme fluide, concave e convesse è un continuum di terra cruda applicata a mano su elementi architettonici e arredi, in un esplicito rimando alle linee curve, organiche e scultoree delle architetture-paesaggio di Jacques Couëlle nel Sud della Francia.

Come l'indimenticabile villaggio troglodita di Castellaras a Mouans-Sartoux.

“Il materiale posato sul posto conserva una certa irregolarità, che conferisce al design un senso di naturalezza e artigianalità.

In relazione diretta con la strada e incorniciata dalla vetrina, la grande finestra che porta dentro la luce rivela un grande tavolo con sedute, che invita i passanti a scoprire le suggestioni di una casa intima e mediterranea e non solo uno spazio per fare acquisti”, riflettono gli architetti.

Il negozio di Harvey Nichols, inaugurato in autunno, l'ultimo della triade degli shop-in-shop aperti nel 2022, è invece completamente rivestito con un mix a base di pietra calcarea di colore chiaro, anch'essa una materia tradizionale delle case provenzali.

Qui l'architettura si fonde con i mobili in uno spazio paradossalmente liquido nelle intersezioni che acquisisce profondità e prospettiva nella zona retrostante, ritagliata da una serie di finestre preesistenti.

Una fonte di luce introversa, quasi il contraltare di una parete-scultura abitabile dell'artista francese Valentine Schlegel.

Reminiscenze. La nuova frontiera dello shopping per OMA / AMO sta tutta nel design dell'esperienza personale che è in grado di attivare anche nel richiamo alla città in cui si propone come materialità.

progetto OMA / AMO ELLEN VAN LOON e GIULIO MARGHERI
team di progetto Camille Filbien, Valerio Di Festa, Mattia Locci
foto Benoit Florençon, courtesy AMO