Foto di Andrés Otero/LUZ
Testo di Laura Ragazzola
Ancor prima di entrare per visitare le sue bellissime collezioni d’arte, il Mar – Museo d’Arte di Rio (siamo in Brasile, nel cuore della celebre metropoli carioca) incanta per la sua particolare architettura: una metà, infatti, si presenta come un edificio moderno, con colonne bianche che sorreggono cinque moduli in vetro smerigliato; l’altra, invece, ha le sembianze di un elegante palazzo neoclassico; entrambi sono legati da una copertura candida e aerea (ma è realizzata in cemento armato) che li unisce con un gesto leggero e pieno di personalità. È questa la soluzione vincente (formale e funzionale insieme) che lo storico studio brasiliano Bernades+Jacobsen Arquitetura (è attivo dagli anni 90) ha trovato per collegare tre edifici in attesa di riqualificazione nel centro storico di Rio: gli ex uffici della polizia, la vecchia stazione degli autobus e il Palacete Dom Joao VI, un’elegante architettura che risale al primi del Novecento.
“Una vera sfida unire tre building dalle caratteristiche architettoniche così diverse” ci confida Bernardo Jacobsen, classe 1980, che dal 2012 è entrato come partner nello studio del padre Paulo insieme a Eza Viegas (oggi lo studio si chiama Jacobsen Arquitetura). “L’obiettivo che ci era stato indicato dalla municipalità di Rio era duplice: creare un nuovo museo che raccogliesse la storia artistica della città, di cui si avvertiva la mancanza, e ‘inventare’ nuovi e funzionali spazi per una famosa scuola d’arti visive della città, la ‘Escola Do Olhar”. Detto, fatto: nel palazzo storico, grazie alla generosità dei suoi soffitti e all’eleganza degli ambienti, i progettisti hanno deciso di ubicare le sale del nuovo museo, mentre gli ex uffici della polizia rinnovati nel look da una nuova facciata in vetro traslucido (ma anche il volume è stato ridimensionato di un piano per eguagliare l’altezza del palazzo adiacente) sono stati ridisegnati per ospitare le aule scolastiche, gli spazi espositivi multimediali nonché le aree amministrative sia della scuola sia del museo”.
Insomma, un complesso pubblico multitasking, tutto dedicato alla cultura. Ma anche allo svago, come precisa Bernardo Jacobsen: “Una volta scelta la destinazione d’uso degli spazi, ci siamo chiesti come mettere in relazione scuola e museo. L’idea è stata quella di creare una piazza sospesa sul tetto dell’ex edificio della polizia, ombreggiata da una lunga pensilina, una sorta di lama fluida e leggera che, simulando l’increspatura delle onde del mare, si allunga da un tetto all’altro”. Al di sotto, protetti dal sole, un bar e un’area relax per il tempo libero regalano alla collettività nuovi spazi open-air con vista mozzafiato sulla città e sull’Oceano. Ma il legame fra i due edifici viene ulteriormente enfatizzato da una galleria sospesa fra i due, che consente ai visitatori di passare dalla piazza all’ingresso del museo. Inaspettatamente, infatti, la visita alle collezioni d’arte inizia proprio dall’alto: un ascensore ubicato nell’edificio moderno conduce direttamente alla copertura (confr. lo schema pubblicato in apertura del servizio), e da qui, attraverso un rampa di scale si accede alla galleria-ponte che a sua volta porta alle sale espositive del palazzo antico.
Qui, il percorso museale si snoda dall’ultimo al piano terreno fra immagini, opere, testimonianze, foto, memorie che raccontano ciò che è stata ed è Rio de Janeiro. Perché è la città, questa gigantesca metropoli distesa sul tropico del Capricorno, la vera e indiscussa protagonista: a Rio e ai suoi abitanti è dedicato questo complesso, come rivela l’architetto Jacobsen: “Mantenere e ‘adattare’ le preesistenze storiche può contribuire a conservare la memoria di una città, il suo patrimonio storico e culturale. Senza contare, poi, che in termini di sostenibiltà, il recupero del costruito è un po’ come il riciclo dei materiali che diversamente andrebbero scartati e persi per sempre. Quindi, da questo punto di vista ha una valenza sicuramente positiva. Ma soprattutto” conclude il progettista, “occorre valorizzare le presenze storiche per stabilire un fecondo rapporto fra passato e presente, generando contrappunti visivi e spaziali grazie a interventi dal segno contemporaneo”. Proprio come succede con il Museu de Art.
Laura Ragazzola