Prima ‘face’: Mendini artista-letterato

“Albero stilematico” è una scultura installata nel cortile del MUDEC in occasione della mostra dedicata a Vasilj Kandinskij (15 marzo – 9 luglio 2017). Scultura costruita montando attorno a un palo d’acciaio, alto 6 metri, sette forme piane (stilemi) ritagliate nel laminato Abet.

“Questa scultura è frutto di una empatia da me sempre avuta con il mondo di Kandinskij. Pur essendo il riferimento del tutto indiretto, l’immagine di questo albero geometrico rimanda ai segni di questo grande artista”.

Il designerarchitetto Alessandro Mendini qui lavora, quindi, nelle vesti di artista: un artista del XXI secolo che si confronta con un maestro, uno dei massimi maestri delle avanguardie storiche del XX secolo. Un confronto da far tremare il sangue nelle vene a chiunque, ma non a Mendini che conosce e ama troppo l’arte per correre il rischio della citazione e del confronto diretto.

Ecco allora che, dove molti noteranno affinità tra il linguaggio di Mendini e quello di Kandinskij, io penso l’esatto contrario, ovvero che Alessandro abbia sottilmente lavorato per differenza. Certo, è necessario uno sguardo non superficiale per sfuggire alla prima, immediata, suggestione emulativa, ma se le forme di Kandinskij sono brandelli di inconscia poesia che emergono appena alla luce del reale, quelle di Mendini, apparentemente simili, sono in realtà forme sempre uguali (appunto stilemi) ripetuti ossessivamente sulla base di un alfabeto di sette sillabe.

Quanto il primo metodo, quello di Kandinskij, è assolutamente personale e irripetibile, tanto il secondo, quello di Mendini, è volutamente meccanico e ripetibile. Tanto il primo dà voce all’inconscio, quando il secondo lavora sul conscio. Ecco allora che questa ‘scultura’ è in realtà una sofisticata operazione di ‘arte industriale’ (non per nulla Mendini ha sempre inteso il design come l’arte decorativa del XX secolo): potrebbe essere ripetuta, sempre diversa e sempre uguale, in mille piazze di mille città italiane.

Conosco Sandro da abbastanza tempo per conservare in studio uno ‘strumento’ per ‘disegni d’arte’ che mi regalò molti anni or sono: il ‘Mendinigrafo’, concettuale parodia dei curvilinee, dei noiosi normografi. Credo uno dei suoi progetti più belli e teoricamente più potenti. Con esso, oggi stesso, comincerò a disegnare molte e molte altre ‘sculture stilematiche’, per riempire il mondo di falsi Mendini, volutamente più veri del vero (con buona pace di Vasilj Kandinskij). Ecco dunque che la ‘prima face mendiniana’ in questo 2017 ci invita a partire nel nostro lavoro prima dall’arte che dal mercato.

Seconda ‘face’: Mendini mistico
“Proto-calice”: si tratta realmente di un calice da messa, ovvero del più sacro tra i ‘vasi sacri’, destinato, durante la celebrazione liturgica, a ospitare il vino benedetto. Mendini, che abbiamo sempre immaginato come uno spirito sì religioso, ma panteista, si avvicina qui al tema estremamente complesso dell’arredo sacro: il brief progettuale sotteso alla realizzazione di un nuovo calice consta infatti di numerosi punti problematici, a livello materico, dimensionale e della decorazione.

Mendini dichiara di procedere con lo spirito di un bambino: “La semplicità del mio calice (base, fusto, bicchiere) vuole rendere schematica l’immagine dell’oggetto, perché la memoria si fissi sulla sua proto-forma invece che su una forma elaborata. Come fosse un possibile disegno realizzato da un bambino, un bambino mistico e religioso”.

Prescindendo per un momento dal risultato formale del calice, che tra l’altro raggiunge un alto grado di raffinatezza progettuale e di paradigmaticità rispetto a possibili interventi sul sacro (guardate la decorazione del fusto ottenuta ripetendo forme geometriche elementari, ma allusive, quali la circonferenza, il triangolo e il parallelepipedo), riflettiamo su come questa provocazione del ‘bambino progettista’ possa essere importante nella poetica mendiniana (al punto che, invecchiando, Alessandro torna fisicamente bambino).

Lo stupore di fronte alla scoperta del mondo, la capacità di valorizzare gli oggetti più banali, l’innata propensione cromatica e decorativa, così come la capacità di utilizzare il gioco per fini didattici e di fare squadra per affrontare le difficoltà, sono tutte caratteristiche che potremmo attribuire indifferentemente al bambino come a Mendini.

Senza dimenticare che in qualche misura anche una visione ‘ingenua’, non mediata dalle convenzioni sociali, è tipica sia del bambino che di Alessandro. Visione che ha consentito a quest’ultimo di porgere le verità più feroci, le rivoluzioni più eclatanti, le critiche più sottili sotto la forma di fulminanti aforismi o di nevrotici grafemi. Ecco dunque che la ‘seconda face mendiniana’ in questo 2017 ci invita a lavorare sul significato degli oggetti: significato da recuperare oltre la funzione (il calice è in fondo un bicchiere) e oltre la forma.

Terza ‘face’: Mendini designer per l’industria
“Alex” e “Ninfee”. Mi perdonerete se, per illustrare questo terzo punto, userò due esempi anziché uno. La terza face di Alessandro Mendini, dopo il mistico e l’artista, è, guarda caso, il designer. Potrebbe forse apparire un’affermazione banale: lo sanno tutti che Mendini fa il designer! In realtà, personalmente, credo sia questa la face più complessa dal punto di vista interpretativo o, quantomeno, quella che da sempre mi ha creato più problemi.

Nessun dubbio sulla straordinaria capacità di Mendini come artista decoratore, nessun dubbio sulla straordinaria capacità di Mendini come poeta scrittore (le parole in fondo non sono che un altro tipo di stilemi – forme prefigurate – che Mendini compone), ma come possono (come hanno potuto per più di 50 anni ormai) tali capacità rapportarsi con un lavoro per l’industria condotto in modo serio, professionale, a volte persino redditizio?

Un lavoro che tenesse conto di problemi tecnologici e produttivi, che affrontasse brief e riunioni di marketing e analisi dei costi e questioni di packaging e di normative (insomma la fatica quotidiana di tutti noi che abbiamo scelto di confrontarci con il prodotto). E invece così è stato! e qui ce lo dimostrano la chaise longue “Alex” per Wet Italia e i tavolini “Ninfee” per Ghidini 1961.

Se questi ultimi potrebbero, per tecnica realizzativa, tipologia e decoro, avvicinarsi in qualche misura al mondo dell’artigianato artistico, è fuori di dubbio che un oggetto in plastica rotazionale, come la chaise longue, appartenga nel modo più pieno, e problematico, alla dimensione dell’industria.

Ed ecco che Mendini affronta il progetto partendo dalla costituzione stessa della materia che, con l’opzione open skin, consente di mantenere una ‘trasparenza’ tra i filamenti di polietilene e poi affronta la forma come si trattasse di uno spigoloso origami anziché della classica superficie noiosamente raccordata del rotazionale.

E infine pensa a un decoro (si noti bene, un decoro intrinseco e non sovrapposto) che, sfruttando le caratteristiche stesse del materiale riciclato, trasformi la varietà degli scarti in un opera ‘puntinista’, avvicinando, per risultato atmosferico, questa chaise longue alla celeberimma poltrona di Proust. Ecco dunque che la ‘terza face mendiniana’ in questo 2017 ci invita a rispettare l’industria senza rinunciare però a interpretarla e quindi a ‘imporci’ a essa.

Per finire, oltre all’ammirazione, cosa ci lascia questo Mendini 2017, uno e trino? Direi senz’altro un invito alla anti-specializzazione. Un’anti-specializzazione vista, innanzitutto, come possibile antidoto al potere del marketing e della tecnologia e quindi alla progressiva uniformazione dei prodotti. I ‘non specialisti’ (che possono però usare specialisti come consulenti) sono uno dei grandi segreti del design italiano!

Testo di Marco Romanelli

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Alessandro Mendini con il suo autoritratto, 2014.
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“Albero stilematico”. Per la mostra che il MUDEC di Milano, dedica a Vasilj Kandinskij (15 marzo - 9 luglio 2017), Alessandro Mendini ha disegnato un totem di 6 metri di altezza (progetto con Atelier Mendini e Andrea Balzari).
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Realizzato in acciaio con elementi decorativi in laminato MEG di Abet Laminati, “Albero stilematico” presenta i sette stilemi del linguaggio mendiniano.
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Alessandro Mendini, “Proto calice”, ottone lucidato e inciso, progettato in occasione della mostra “Intorno ai Vasi Sacri” (30 marzo - 30 aprile 2017), curata da Marco Romanelli e Carlo Capponi presso la Sagrestia Monumentale della Basilica di Sant’Eustorgio (progetto con Bruno Gregory, realizzazione Scuola Beato Angelico, Milano).
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Alessandro Mendini, “Proto calice”.
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Atelier Mendini, Alex, chaise longue in plastica rotazionale disegnata per la collezione Ecopixel di Wet Italia, 2017 (progetto con Alex Mocika).
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Atelier Mendini, Alex.