A Venezia, una residenza di alto profilo storico-architettonico scopre, grazie a un misurato progetto di accorpamento e restauro, un comfort abitativo contemporaneo, valorizzando le sue originali e complesse stratificazioni formali e materiche
Progetto di Alberto Torsello
Foto di Alessandra Chemollo
Testo di Antonella Boisi
L’architettura può essere assimilata a una partitura musicale composta di relazioni, concatenazioni, punteggiature e proporzioni di pieni e vuoti, masse e trasparenze, materiali e scale cromatiche, anche se i suoi registri, soprattutto quando si confrontano con gli spazi e i tempi ereditati dalla secolare storia di un luogo, richiedono sensibili interpreti per produrre sinfonie.
Figlio d’arte, Alberto Torsello – architetto veneziano che ha firmato di recente l’importante rinascita della Scuola della Misericordia progettata da Jacopo Sansovino – il restauro l’ha coltivato e praticato fin dagli inizi dell’attività professionale, collaborando nel corso degli anni con Tobia Scarpa, Gae Aulenti e Guido Canali, tra gli altri, su interventi di grandissimo rilievo pubblico e non soltanto a Venezia.
Proprio l’abituale attenzione ad ascoltare con rigore e misura ciò che già esiste è stata la sua chiave di volta per affrontare con sapienza anche il tema della residenza privata, ricondotto, nella fattispecie, al recupero, al risanamento strutturale e alla rifunzionalizzazione di un organismo architettonico storico di alto profilo nella zona di Dorsoduro.
“Questa residenza sviluppata su una superficie di 350 metri quadrati e con una lunga balconata che corre lungo gli ambienti principali”, spiega Torsello, “nasce dall’accorpamento di due unità confinanti, una tardo-gotica e l’altra rinascimentale, dalle peculiari caratteristiche. Nel rispetto dei volumi architettonici del passato, la vita contemporanea di una famiglia con molti figli e amici necessitava di numerosi spazi dedicati all’arte del ricevere e all’ospitalità.
In sostanza di un grandissimo soggiorno (che conserva la planimetria a L tipica del Rinascimento veneziano), di tante camere e bagni dedicati. Dal punto di vista del progetto questo fatto mi ha costretto a trovare delle soluzioni di compromesso. Per esempio la cucina, benché super-attrezzata, resta un ambiente di servizio piccolo e chiuso alla convivialità rispetto al resto.
Inoltre, garantita un’impiantistica altamente sofisticata sia per l’illuminazione che per il riscaldamento della casa, si è trattato di ripensare ciascuno dei suoi elementi fondanti e originari – la scala, la finestra, la porta, il pavimento, il soffitto – come una teoria di segni in grado di valorizzare le complesse stratificazioni del luogo e di accompagnare la ricerca di un nuovo comfort abitativo”.
Nell’interpretazione dei Fundamentals di koolhaasiana memoria, Torsello ha condotto così un’operazione quasi filologica: restaurati i bellissimi pavimenti esistenti in seminato alla veneziana in calce tipici del periodo e consolidati i soffitti a travi lignee che appartengono ai due momenti storici, ha riattualizzato una materia originale che rende protagonisti i suoi valori estetici e tattili.
Nel living c’erano, per esempio, una quadrifora affiancata da due monofore rinascimentali che un serramento troppo incombente avrebbe umiliato. L’idea è stata quella di inserirne uno sottile in ottone brunito, utilissimo per ridare forza alla bellezza delle finestre storiche, prodotto da Secco Sistemi su disegno di Torsello (il versatile sistema OS2 75 che ha vinto il premio Compasso d’oro 2018).
Un registro differente comunicano invece le finestre delle camere ubicate nella parte tardo-gotica del palazzo, dove la cornice in legno del serramento diventa programmatico elemento decorativo. Anche il tema delle porte è stato sviluppato con una serie di varianti, dal significato differente a seconda dell’ordine e della gerarchia degli ambienti.
Quella della cucina, bianca a filo, è una sorta di taglio cielo-terra che connette spazialmente e visivamente due luoghi. Di contro il passaggio aperto nella parete di connessione tra i due palazzi è un possente varco, sottolineato dalla lamiera e dalla presenza di una scala in marmo che accompagna il gioco dei dislivelli dei piani di calpestio.
Le porte delle camere in legno di ciliegio su cornice in ferro introducono altri rapporti di peso nel quadro di riferimento. Nella zona notte delle ragazze è stata sperimentata la soluzione di due soglie che si fronteggiano disimpegnate dal bagno centrale condiviso, racchiuso in un volume curvo per interrompere la stereometria lineare dell’architettura e rendere più fluida la comunicazione.
Il progettista ha adottato una geometria sinuosa che effonde dinamismo anche per la nuova scala che conduce al sottotetto, realizzata in legno con fibre parallele al corrimano: un oggetto scultoreo e monolitico, frutto della maestria di artigiani locali.
Ogni presenza è stata dosata al millimetro, of course. Le pareti costruite ex novo si affidano a tavolati in legno che preservano la lettura degli spazi originali, mentre un’unitaria finitura chiara e neutra in marmorino, “un materiale che è un eccellente captatore di memoria”, continua il progettista, “permetterà a tutti gli ambienti di scaldarsi con il tempo. In un contenitore storico di questo tipo restava infatti l’esigenza di abbassare i toni. Le contaminazioni vanno dosate e non devono mai cannibalizzarsi”.
Così anche gli arredi fissi entrano discreti, quasi in punta di piedi, sul palcoscenico domestico, mentre i mobili – perlopiù pezzi anni Cinquanta e Sessanta – sono stati attentamente selezionati per l’alta qualità progettuale e realizzativa e calibrati negli accostamenti, anche rispetto alle opere di arte contemporanea presenti negli ambienti.