Il design in scena nel museo più antico di San Paolo. Divani, sedie, lampade, tavoli entrano nelle sale a misura d’uomo DELLA Pinacoteca dello Stato, un ex Liceo, i cui rigorosi spazi hanno fatto da straordinaria cornice all'internazionalità del progetto made in Italy.

Paulo Mendes da Rocha, classe 1928 e laureato dal premio Pritzker nel 2006, è un personaggio cardinale della scena brasiliana.

Se Oscar Niemeyer incarna la vitalità e la sensualità della natura carioca, Mendes rappresenta l’altra faccia della cultura brasiliana, quella radicata a San Paolo, che persegue un modernismo più rigoroso ed essenziale. Per esempio, con il frequente ricorso al cemento a faccia vista e a strutture ardite come nella sua opera più celebre, il Museo della scultura brasiliana, costruito a San Paolo nel 1988 come una gigantesca trave lanciata su una luce libera di oltre 60 metri. L’edificio che ospita la Pinacoteca di Stato, a San Paolo, fu inaugurato nel 1905 e ospitava la sede del Liceo “de Artes y Ofícios”. Si trattava di un’associazione educativa privata e allora, per mostrare la collezione di 26 dipinti di artisti brasiliani del diciannovesimo secolo, era sufficiente un’unica sala del terzo piano. A quasi un secolo di distanza, nel 1994, un patrimonio di oltre ottomila opere impone una revisione radicale dell’edificio. E Mendes da Rocha interviene da architetto, non certo da restauratore, stravolgendo la fisionomia delle vecchie sale ottocentesche e trasformando i cortili in grandi spazi espositivi. All’interno e all’esterno segue lo stesso spietato principio: i vecchi muri di mattoni sono letteralmente scorticati ed esibiti in tutta la loro potente matericità, con un’operazione molto simile a quella condotta da David Chipperfield nel Neues Museum berlinese. Una strategia vincente riconosciuta anche, nel 2000, dal premio Mies Van der Rohe per l’America Latina. Il vecchio edificio è così trasformato in un set affascinante, un loft in robusti mattoni consunti dal tempo dove l’architettura ottocentesca perde il suo sapore rétro e acquista l’atmosfera del rudere messo in sicurezza, del reperto spogliato e riutilizzato secondo la tecnica “as found”. I nuovi fuochi del percorso espositivo, le corti, diventano patii interni coperti da leggeri lucernari in vetro e acciaio bianco, con le pareti segnate dagli attacchi degli infissi rimossi, ormai inutili. Scale, passerelle sospese e pannelli divisori attraversano gli spazi come scultorei inserti in acciaio cor-ten. (Alessandro Rocca)