La galleria Subalterno 1 in zona Ventura Lambrate è uno degli spazi dedicati al design indipendente più interessante e visionario, capace non solo di aprire puntualmente finestre sugli scenari attuali e urgenti del fare contemporaneo, ma anche di anticipare e orientare i confini di quegli orizzonti.

In questi cinque anni di vita ha accolto appuntamenti con i quali tante altre istituzioni pubbliche e private più grandi e strutturate arrivano in ritardo: lo ha fatto con la mostra “Analogico/Digitale”, lo ha fatto in tempi non sospetti con “Autoproduzioni italiane” e per l’edizione 2016 della design week lo ha fatto con Microfacts, una mostra rappresentativa di un design italiano di senso, di tempo e di forma.

Il concept è furbo e al tempo stesso disarmantemente semplice: il direttore della galleria, Andrea Gianni, e il suo curatore scientifico, Stefano Maffei, hanno scelto 15 progetti di una serie di autoproduttori italiani degli anni Zero, a cui era stato dato un unico mandato: essere inscrivibili in un cubo di 6x6x6 centimetri. Ovvero, come reagire a un mondo iper: attivo, connesso, popolato, espanso.

I piccoli artefatti di questa collezione rispondono con una varietà di prospettive che dà brillantemente conto della coesistenza contemporanea possibile e utile di diverse visioni nel design italiano: quella inventiva con quella poetica, quella tecnologica con quella analogica, quella funzionale con quella paradossale, quella tradizionale con quella universale.

E così, oggetti emblema del design anonimo, come il dado, i tasselli, la trottola, la lente di ingrandimento, affrontano ipotesi di riscrittura e riadattamento funzionale che convivono con l’aggiornamento virtuale di tipologie come il salvadanaio (adattato alla lettura della carta di credito) o il francobollo (prodotto con inchiostri termodinamici).

Oppure con esercizi di speculazione/provocazione applicata (un contenitore per non oggetti, un espositore di ricordi, un generatore di aforismi, un dosatore per spaghetti realizzato con sale), o ancora con tipologie vecchie e nuove rimescolate con un’intuizione (la micro lampada da tavolo che ha per diffusore un foglio di carta, il palloncino che diventa arredo con una calamita, un tappo che diventa luce portatile o un contenitore da trasporto per semi che diventeranno fiori che diventeranno alberi, che diventeranno tavoli etc. etc.).

Testo di Chiara Alessi

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“Do not disturb”, cerotto parte di un ‘set di sopravvivenza per il cittadino metropolitano’. Progetto di Studio Ghigos (Davide Crippa, Barbara Di Prete, Lorenzo Loglio, Francesco Tosi).
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“Mo’ Fire”, di Filippo Protasoni.
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“La dignità del tassello”, di Modoloco design (Claudio Larcher).
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“Sel gemme”, dosatore di spaghetti, di Riccardo Vendramin.
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Un’immagine della mostra allestita in via Conte Rosso 22.