Nella prefazione all’ultima edizione (2004) dell’affascinante autobiografia del maestro sardo Albino Bernardini, Un anno a Pietralata (1968) , dove viene raccontata la rocambolesca esperienza di questo educatore in una trasandatissima periferia romana, Tullio De Mauro ripercorre la storia dell’alfabetizzazione in Italia, elencandone le tante eccellenze che hanno reso grande i nostri metodi nel mondo, ancora oggi fortemente impiegati.

Da quello delle sorelle Agazzi a Maria Montessori negli esordi dell’attivismo novecentesco, da Mario Lodi a Loris Malaguzzi nella pedagogia, da Bruno Ciari a don Lorenzo Milani nella scuola ‘popolare’, da Idana Pescioli a Gianni Rodari nella poesia per l’infanzia fino allo stesso Bernardini, che insieme a Lodi ha costituito un riferimento così importante per le sceneggiature di De Seta, insuperate inchieste su scuola e adolescenza italiana.

Molto più raro invece è che ci si occupi con la stessa padronanza di progetto in senso stretto della scuola, ovvero di spazi, architetture, materiali di gioco, ambienti e strumenti pedagogici. Quell’architettura silenziosa che, anziché vantare modelli, normalmente prende voce per urlare la disfatta di alcune rovinose e incivili strutture scolastiche che crollano sotto i nostri occhi inermi, o al contrario per esibire (spesso più da parte dei genitori che dei bambini coinvolti) una ricercatezza formale che ancora troppo spesso divide chi può permetterselo da chi invece si deve accontentare di spazi angusti e strumenti non adatti, evidenziando ancora una volta un grave buco della società civile e politica rispetto all’urgenza del ben fatto per tutti.

Basti pensare che l’ultimo concorso pubblico organizzato in Italia sul tema dell’arredo scolastico indetto da MIA (Mostra Internazionale Arredo) di Monza, risale al 1966, e venne vinto da un prototipo di banco e seggiola di Aldo Jacober, Naoki Matsunaga e Paolo Rizzatto – premiato per la variabilità di impiego e la trasformabilità, che ne fanno ancora oggi un progetto in piena linea con tante proposte della contemporaneità – che non venne nemmeno mai messo in produzione.

Proprio quel prototipo, insieme ad un’ampia collezione di contributi, ha dato vita alla mostra Il design per la scuola (dal 31 luglio al 15 settembre scorsi), sezione satellite dell’ampia ricognizione sul tema Di ogni ordine e grado. L’architettura della Scuola, a cura di Massimo Ferrari, con Claudia Tinazzi e Beatrice Gerli, ospitata a Palazzo Natta (Como) in occasione di Triennale Xtra, che ha portato in luce un territorio rimosso di eccellenze italiane nel progetto per la scuola.

La mostra ha indagato proprio questa relazione progettuale, industriale, culturale ma anche politica tra le due aree, facendo emergere quanto l’avanguardia pedagogica di inizio secolo scorso rappresenti anche per il design e l’architettura un terreno fertile di riflessione.

“Dagli anni 30 e ancor più nel secondo dopoguerra” spiega Daniela Maurer, curatrice de Il design per la scuola, “il banco e la seggiola diventano oggetto di sperimentazione da parte di progettisti come Terragni, Caccia Dominioni, i fratelli Castiglioni, Zanuso e Sapper e di aziende come Palini e Kartell, raccontando l’evoluzione del sistema didattico e produttivo italiano. Sono gli anni in cui nel nostro Paese la pedagogia comincia ad avere diffusione ed aziende come Gonzaga Arredi, prima, e Flowerssori, successivamente, cominciano a produrre arredi per le scuole d’infanzia riconosciuti dal metodo Montessori, così come i metodi educativi di Reggio Children vengono presi a riferimento da altre aziende come Play+ e Isaff per realizzare il proprio catalogo prodotti”.

Fino ad arrivare ovviamente a Bruno Munari, allo studio ed elaborazione dei suoi laboratori didattici pensati intorno al bambino-persona che spostano l’attenzione sull’esito o il traguardo per esaltare invece i percorsi espressivi e autocognitivi impiegati nel corso del progetto. Una prospettiva purtroppo oggi spesso strumentalizzata o misinterpretata dai designer adulti, che finiscono col concentrarsi troppo spesso sui processi e smarrire a volte l’attenzione sul risultato. In questo senso anche il progettista andrebbe rieducato al suo ruolo di ‘educatore’. In formazione perenne.

 

di Chiara Alessi

gallery gallery
Arredi per l’asilo Sant’Elia, design Giuseppe Terragni, prodotti da G. Palini e figli, 1936-37.
gallery gallery
Banco scolastico disegnato da Aldo Jacober, Naoki Matsunaga, Paolo Rizzatto, 1966.
gallery gallery
Sedia e banco T12 disegnati da Achille e Piergiacomo Castiglioni e Luigi Caccia Dominioni per la XII Triennale di Milano, 1960.
gallery gallery
Bruno Munari, Libroletto, Interflex, 1993. Trapunta scritta che è sia libro che letto liberamente componibile.
gallery gallery
Seggiolina per bambini K1340 di Richard Sapper e Marco Zanuso per Kartell, 1964, nella brochure di Michele Provinciali.