Dai rivestimenti per l’architettura agli oggetti di design. Alcuni progettisti che si sono cimentati nella creazione di arredi in pietra illustrano le potenzialità del materiale nella produzione di serie

Non solo lastre di rivestimento o top per cucine e tavoli, gli arredi in pietra mostrano nuove tipologie di prodotti a catalogo e applicazioni del materiale che aprono possibilità di mercato per il settore lapideo. Tecnologie avanzate come macchinari a controllo numerico sono al servizio delle visioni dei designer, che rileggono la pietra nell’ottica della serialità e del minor spreco del materiale. Ma quali sono i motivi dell’attenzione da parte del settore verso gli arredi in pietra?

La crisi nel settore delle costruzioni e la concorrenza hanno spinto alcune aziende alla diversificazione con l’introduzione a catalogo di mobili, complementi d’arredo e superfici lavorate da rivestimento, grazie anche all’aggiornamento tecnologico dei laboratori, innescando sperimentazioni nel design litico con il coinvolgimento di designer e architetti.
(Raffaello Galiotto)"

“Storicamente il core business delle aziende non è la produzione di mobili ma di pavimenti e rivestimenti per l’architettura”, racconta Raffaello Galiotto, designer attento alle nuove tecnologie nel settore lapideo, anche per la sua provenienza dal distretto del marmo di Chiampo (Vicenza), per le cui aziende ha sviluppato molteplici progetti finalizzati a nuovi linguaggi e processi produttivi. “Negli anni Ottanta e Novanta, esisteva un fiorente mercato estero di oggetti e tavoli in pietra che poi è andato affievolendosi. La recente crisi nel settore delle costruzioni e la crescente concorrenza hanno spinto alcune aziende alla diversificazione con l’introduzione a catalogo di mobili, complementi d’arredo e superfici lavorate da rivestimento, grazie anche all’aggiornamento tecnologico dei laboratori, in grado di indirizzare le produzioni verso la serialità e la precisione, innescando sperimentazioni nel design litico con il coinvolgimento di designer e architetti. Ma pur importanti per la comunicazione al di fuori dell’ambito delle costruzioni e per la crescita qualitativa delle lavorazioni, queste sperimentazioni stentano a entrare nelle logiche commerciali della filiera con i relativi moltiplicatori di prezzo. Questo per il costo base della materia e delle lavorazioni tutt’ora impostate più sull’unicità che sulla serialità e per l’impronta artigianale. È importante che le aziende trasformatrici del lapideo evolvano verso una produzione industriale”.

L’ingresso del mobile e del complemento d’arredo ha sicuramente trasformato la ricerca delle aziende del settore. “Lo studio del dettaglio nella piccola scala impone risultati sempre più performanti negli spessori, nella leggerezza del materiale o nella riduzione degli scarti di lavorazione”, spiegano Laura Fiaschi e Gabriele Pardi di Gumdesign, lo studio di Viareggio che ha dato vita al progetto imprenditoriale La Casa di Pietra, una sorta di fabbrica diffusa che raccoglie 66 collezioni per oltre 250 oggetti di 41 artigiani e aziende di quasi tutte le regioni d’Italia. “Il piccolo prodotto tridimensionale spinge le lavorazioni in territori inesplorati e permette alle aziende del lapideo di trasferire nell’ambito del design il know how acquisito nel mondo dell’architettura. Il marmo e la pietra sono un valore importante per il nostro territorio che richiede sensibilità progettuale e umiltà, attenzione allo scarto e un design non tanto ‘decorativo’ quanto sperimentale, per ottenere risultati apparentemente semplici ma estremamente articolati. Al designer è infatti necessaria la conoscenza delle macchine, delle tecniche di lavorazione, degli utensili disponibili e della risposta alle sollecitazioni meccaniche dovute alla lavorazione”.

Spesso le aziende detengono un sapere che deriva da un’esperienza pluriennale e deve essere trasmesso e tramandato. Parallelamente le esigenze del progettista spingono le aziende a esplorare nuove tecnologie per ottenere i risultati richiesti e per stare al passo con le domande del mercato.
(Elisa Ossino) "

Progettare con la pietra significa non solo conoscere il materiale ma anche rispettare l’identità dei territori e di un settore consolidato che sta affrontando un cambiamento. Eugenio Biselli, designer carrarese, ha realizzato per Franchi Umberto Marmi una collezione di divani che esalta, nella giustapposizione con il legno e l’imbottito, le qualità del Bettogli, l’importante marmo bianco la cui cava è in concessione all’azienda. “Sono cresciuto in una piccola cittadina dove l’economia da sempre è basata sull’estrazione e la lavorazione del marmo. Guardare le Alpi Apuane vuol dire respirare le proprie origini e la fatica dei nostri padri. Per un progettista utilizzare questi materiali significa comunicare agli altri le nostre abitudini più remote. Attraverso oggetti d’arredo che sembrano azzardati ma che in realtà rispettano la nostra identità”.

“Il progettista deve approcciare con grande umiltà questo patrimonio unico”, concludono i Gum, “deve cercare di oltrepassare i margini conosciuti per ricercare nuove tipologie di prodotto e costruire filiere produttive che si incrocino e generino strategie e idee di sviluppo”.

Diviene dunque un tramite fra mondi diversi, aiutando a disfarsi di preconcetti e residui culturali. Odoardo Fioravanti, designer industriale con una forte sensibilità verso i materiali e le tecniche produttive, realizza con Grassi Pietre un tavolo che giustappone un piano in metallo traforato con dei massicci basamenti in Pietra di Vicenza. “Credo che il design debba ancora fare molto nel mondo della pietra, ma confido nel futuro perché la ricerca conduce sempre più verso materie naturali e meno inquinanti. E progettare oggetti a catalogo è una sfida per via delle complessità che questi materiali portano con sé, come per esempio il grande peso associato a una certa fragilità, oppure la necessità di sprecare meno materia possibile”. Il confronto tra designer e aziende diviene quindi cruciale per spostare il limite delle realizzazioni.

Credo che il design debba ancora fare molto nel mondo della pietra, ma confido nel futuro perché la ricerca conduce sempre più verso materie naturali e meno inquinanti. (Odoardo Fioravanti)"

“Da questo incontro nascono sicuramente i progetti più interessanti”, racconta Elisa Ossino che da qualche anno disegna collezioni di arredi in pietra per la versiliese Salvatori. “Spesso le aziende detengono un sapere che deriva da un’esperienza pluriennale e deve essere trasmesso e tramandato. Parallelamente le esigenze del progettista spingono le aziende a esplorare nuove tecnologie per ottenere i risultati richiesti e per stare al passo con le domande del mercato. Trovo estremamente interessante il fatto che gli oggetti seriali in pietra siano in qualche modo sempre dei pezzi unici. Perché la pietra è una materia viva che va amata proprio per la sua unicità”.

Ed è proprio qui il suo segreto: “la pietra può conferire l’unicità a ogni singolo prodotto seriale”, commenta Galiotto. “Sta al progettista valorizzarla per le sue disuniformità, da considerare non come difetti ma come caratteristiche. Ma i brand di design non valorizzano a sufficienza le potenzialità degli strumenti digitali di lavorazione e l’odierna abilità delle aziende marmifere di farne uso”. A proposito di sperimentazioni, il recente progetto Marmor Natvm di Gwenael Nicolas, fondatore a Tokio dello studio Curiosity, per Budri. “Ho pensato alla tecnica dell’intarsio non da un punto di vista decorativo ma come ricreazione del potenziale della natura”, dice Nicolas. “Stavo infatti cercando una pietra che degradasse dal nero al bianco. La bellezza dell’opera è manifestata dai mezzi della tecnologia che alla fine scompaiono e rendono l’artificiale naturale. L’intarsio è una tecnica che consente anche di riutilizzare materiale di scarto in modo selettivo, creando dei pattern e ottenendo risultati inediti nella commistione tra i materiali – come nel caso dello specchio che si svela dalla pietra. Per un designer è importante provocare un cambiamento nella percezione della materia, facendola apparire più leggera o perfino più morbida”.