Di Laura Ragazzola

Matali Crasset

“Oggi mantenere un primato non è semplice. Ma le sfide sono sempre una buona cosa: a volte danno la possibilità di pensare in modo diverso, di trovare nuove logiche. A ogni modo il sistema sta perdendo colpi.  Forse si dovrebbe rimettere la ricerca al centro e riportare l’attenzione sull’essere umano. Ci sono molte opportunità per trovare nuovi modi di realizzare progetti e fare ricerche sul valore aggiunto che deriva dal fatto di essere europei. I nostri stili di vita, nonché i nostri ‘sistemi’ di pensiero,  continuano a costituire un punto di riferimento in tutto il mondo… È giunta l’ora di valorizzarli. A cominciare dal Salone del mobile milanese, che secondo me deve rimanere un evento culturale ben oltre l’ambito professionale. Per questo motivo è
il caso di reinfondervi un po’ di sperimentazione e informalità affinché sorpresa e creatività non manchino”.
Novità 2014: “Per Alessi  ho disegnato una collezione di vassoi: un progetto dal design essenziale, ma in cui riporto concetti che mi sono cari come la trasmissione e la condivisione. Poi per Campeggi, c’è il progetto ‘Deep attention and steep’, che  ho pensato come uno ‘spazio’ temporale dove prendere appuntamento con un libro, un film, un ‘tête à tête;  infine, la nuova collezione Ikea PS 2014”.

Piero Lissoni

“Se il design va avanti così non ha futuro. Il motivo è semplice: il design esiste sino a quando esisteranno le industrie, e le aziende continueranno ad esistere se sapranno mettere sul piatto della bilancia il rischio, la creatività, la voglia di alzare l’asticella. Devono tornare a pensare in grande nella parte più esposta del mercato e in quella meno esposta, in quella più alta e in quella più bassa. Devono tornare a pensare per immaginare sé stesse in un modo rinnovato, per ricollocarsi  strategicamente sul mercato, che è visibilmente cambiato. Insomma, ci vuole un pensiero proprio, originale mentre si vede solo un’offerta di prodotto sempre uguale: manca totalmente una rinnovata capacità di rischio e di creatività. In altre parole, il design italiano sta andando dove le aziende lo stanno portando. Chi si prende più il rischio intellettuale di fare una progetto importante? Senza la  follia creativa di Giulio, il brand Cappellini non sarebbe mai esistito e senza di lui, moltissimi designer non avrebbero la visibilità professionale che hanno oggi. Il Salone del mobile è ancora un momento topico, cruciale, e lo dico perché è una cosa evidente. Dobbiamo però migliorarci e avere il coraggio di cambiare, ma soprattutto di operare delle giuste selezioni.
Parlo soprattutto del FuoriSalone. La stampa estera ha scritto che la kermesse  milanese si sta trasformando in una gigantesca ‘fiera di paese’. Ma penso che sia un  giudizio piuttosto superficiale: anche il giornalista deve scoprire le eccellenze e, soprattutto, saper fare una selezione; del resto questo è il suo mestiere. Mio nonno mi diceva che l’estremismo è  la malattia infantile del comunismo. Ecco, oggi bisogna cominciare a diventare un po’ meno infantili. Tutti coloro che operano nel FuoriSalone  devono abbracciare un ‘modus operandi’ che privilegi la qualità sulla quantità. Mi piace l’energia che si respira a  Milano nei giorni del Salone, ma dobbiamo togliere l’accampamento’. E selezionare, selezionare, selezionare…”
Novità 2014: “Al Salone ho lavorato con aziende rigorosamente italiane, come Living Divani e Cassina: per entrambe c’è una nuova collezione di divani; poi c’è Kartell e una nuova cucina per Boffi. E ancora, mobili per Desalto, Porro, Lema, Glas Italia… E la mostra a Palazzo Reale a Milano dedicata a Bernardino Luini.

Claesson Koivisto Rune

“In Italia il design è una cosa seria: non è sempre così in altri Paesi del mondo. Ovviamente per un designer è interessante lavorare qui, avendo come partner le aziende del made in Italy, capaci di spirito di collaborazione e di grande vivacità; senza contare, poi, le straordinarie conoscenze e competenze dei tecnici e degli artigiani italiani, grazie ai quali si possono raggiungere risultati notevoli per qualità. Per questo motivo non pensiamo che il design italiano sia in declino, né tantomeno in discussione la leadership di Milano a livello internazionale (ma durante il Salone servirebbero più taxi e una ricettività più ampia, attenta anche ai costi!). C’è fermento nel design italiano? Direi di sì. In molte aziende si avverte un certo, positivo cambiamento. Basta guardare realtà produttive come Arflex o Tacchini, per citare due esempi dove sono avvenuti cambi generazionali molto interessanti. O, ancora, una nuova realtà come Discipline che è riuscita ad accogliere quella  ricerca di autenticità e quell’attenzione alle valenze ecologiche, che le nuove generazioni chiedono e desiderano”.
Novità 2014: “Abbiamo disegnato per Arflex, Asplund, Capdell, Casamania, David Design, Design House Stockholm, Engblad & Co., Fontana Arte, Italesse, Matsuso T, Offecct, Paola Lenti, Skandiform, Swedese, Tacchini, Wonderglass, Wästberg. E numerosi progetti architettonici in tutto il mondo…”.


Front

“La leadership dell’industria made in Italy è messa in discussione? No, non lo pensiamo. Innazitutto per il patrimonio culturale e il fascino dei brand italiani. E, poi, per il fatto che secondo la nostra opinione le aziende del vostro Paese  sanno osare di più ed essere più ‘visionarie’ rispetto, per esempio, ai brand scandinavi, spesso molto tradizionali sia per il modo di pensare che per il modo di lavorare. Lo stesso vale per Milano, che costituisce ancora oggi un riferimento culturale importante nel panorama internazionale del progetto. La città nella settimana del Salone del Mobile accoglie persone da tutto il mondo: si possono incontrare colleghi, clienti, trovare nuove ispirazione e far conoscere i propri prodotti. Nelle giornate del Salone accade di tutto: può capitare di ritrovarsi improvvisamente fianco a fianco con il proprio designer preferito o con il presidente dell’azienda con cui vorresti lavorare, magari mentre stai semplicemente ordinando un Negroni al bar Basso… ”.
Novità 2014: “Continuiamo a lavorare con Porro anche in questo Salone: ci piacciono molto le collaborazioni di lunga data come questa, perché dopo un po’ ci si conosce bene e si lavora bene. Ma quest’anno iniziamo anche un nuovo viaggio con Gebrüder Thonet Vienna, un’azienda austriaca con una storia affascinante e di grande maestria artigianale”.


Antonio Citterio

“Credo che Milano abbia ancora un ruolo di riferimento nella cultura del design internazionale. Ma la città, il Salone del Mobile e il FuoriSalone dovrebbero lavorare di più su una dimensione di fondo, restituendo il valore che il progetto è un fatto culturale che fa parte della vita e si evolve con essa. Non è un problema di gusto, di stile o di status da esibire. Di sedie o di tavoli. Ci sono anche marciapiedi, semafori, aeroporti… il modo di vivere gli spazi nella metropoli. Nonostante tutto, gli stranieri continuano a vederci come portatori di savoir faire e di qualità di vita (e l’80% dei lavori che il mio studio sta realizzando nel Far East, grattacieli di 200 metri di altezza, lo dimostrano). Mi spiace però non sentire nell’aria il profumo di un nuovo Rinascimento. La cultura italiana del design ha perso forza e identità? Sono cambiate le condizioni storiche. Ieri, negli Anni 50/60, c’erano poche aziende italiane di piccole dimensioni e un ridotto numero di architetti aperti alla sperimentazione di materiali e tecnologie nel settore del furniture design che hanno realizzato prodotti artigianali, quasi pezzi unici, per i loro committenti. Si muovevano in un panorama internazionale dove l’America e la ricerca di Eames erano modelli di riferimento e il design scandinavo rappresentava la cultura democratica di un Paese.
Questi personaggi hanno creato il fenomeno che rispecchiava un momento vincente dell’Italia, sostenuto dall’incontro virtuoso con il sistema creato da riviste e fiere di settore. Oggi è diverso: potrebbero anche esserci nuovi Maestri, ma tra migliaia di architetti-designer italiani cui si sono aggiunti quelli provenienti da tutto il mondo. Una massificazione che rende complicata anche l’opportunità di farsi conoscere. La qualità del pensiero progettuale non è correlata a un fattore geografico. È soltanto una questione di numeri. L’Italia, come ha detto Oscar Farinetti, rappresenta lo 0,8% del mercato mondiale. I conti sono presto fatti. In quanto ai motivi per cui tutti i designer del mondo ambiscono lavorare con i marchi del design italiano, è un problema di palcoscenico: per un progettista presenziare al Salone o al FuoriSalone è un po’ come partecipare alle sfilate di haute couture. Il valore aggiunto della visionarietà degli imprenditori italiani? Un certo grado di ingenuità positiva, che può diventare anche una scommessa. I produttori italiani sono sempre disposti a credere in un’idea e nell’innovazione tout court”.
Novità 2014: “Lavoro da anni con le stesse aziende: B&B Italia, Vitra, Flexform … e altre. I miei prodotti non hanno ansia di prestazione a breve termine, un anno di vita o un solo Salone del mobile alle spalle. In questa fase passo più tempo a discutere di distribuzione con i miei interlocutori che non di prodotto. Mi interessa di più contribuire al disegno di strategie aziendali”. (Antonella Boisi)

Louise Campbell

“Sembra che oggi tutti e ovunque, produttori e designer, vadano alla ricerca di talenti sul mercato internazionale. Si tratta di una reazione molto naturale alla globalizzazione; le dimensioni del ‘buffet’ si sono ingrandite moltissimo, ed è difficile resistere alla tentazione di assaggiare tutto. Per ora è divertente, dato che l’approccio al design è ancora legato piuttosto strettamente a fattori geografici: è quindi possibile vedere da dove provengono i vari  prodotti, e questo è interessante. Ma più verranno abbattuti i confini, meno variegato risulterà quello che si produce. In un momento non troppo lontano del futuro, cercheremo tutti disperatamente di nuovo le nostre radici.
Per questo anche quelle del  design made in Italy vanno preservate e non proprio globalizzate. Se fossi italiano indosserei più indumenti di cashmere, e ‘succhierei’ ogni giorno il ricco nettare della storia del mio Paese, per restare fedele all’unica parola di cui gli italiani detengono i diritti: la (grande) ‘Bellezza’. Il vostro Paese è la culla europea delle arti più sublimi, della passione. Direi che gode di un vantaggio piuttosto robusto. E, infine, visto che sono stata stimolata a formulare un mio giudizio sul Salone del mobile milanese, penso che oggi abbia assunto le dimensioni di un organismo cresciuto troppo. Ma non sarei per un controllo rigido: anzi, lascerei massima libertà. L’imprevedibilità dell’evento è ancora il suo vero fascino”.
Novità 2014: “Ho  progettato per Georg Jensen, Royal Copenhagen, Kvadrat, Mr. Perswall, Louis Poulsen, senza dimenticare IMM Cologne, che mi ha lasciato la massima libertà di progettare per quest’anno la mia ‘Das Haus’, aprendo così un vero e proprio vaso di Pandora di idee”.


Philippe Nigro

“In Italia le aziende devono coltivare quello che hanno sempre fatto fino a pochi anni fa, e cioè  innovare, cercare, rischiare. So che oggi sono obiettivi non facili da raggiungere, ma la storia  insegna che cose, idee, concetti, prodotti – tutti bellissimi –, sono nati spesso in periodi difficili, di crisi. Quello che è sicuro, secondo la mia opinione, è che in Italia devono essere protetti e aiutati i cosiddetti “savoir-faire”, coloro che sono  più esposti al rischio di scomparsa. Sicuramente il design e i designer possono trovare stimoli solo se gli imprenditori si mostrano ancora curiosi e capaci di credere nel nuovo.
È così che è nata la stagione dei mitici ‘Grandi Maestri’. Attenzione, però il loro ‘effetto’ può creare un cono d’ombra sui ‘piccoli maestri’ di oggi, che sono in grado, se hanno spazio, di crescere. Insomma, c’è bisogno di fidarsi del talento di tutti, indipendentemente dall’età. E del resto, ampie sono le testimonianze, per fortuna, dell’esistenza di ‘nuovi maestri’. Ma vincono gli italiani sugli stranieri? Posso parlare della mia esperienza personale: io sono francese e ho studiato design in Francia; poi, ho completato la mia preparazione teorica con un’esperienza ‘sul campo’ in Italia, avendo così la possibilità di dialogare con due culture e due mondi differenti: dall’incontro di anime diverse, dal mix di esperienze di vita possono nascere progetti interessanti e nuovi per le aziende. Da questo punto di vista il Salone del mobile  e il FuoriSalone sono momenti importanti. Sicuramente Milano è ancora un riferimento di spicco nel panorama del design internazionale ma deve continuare a sorprendere. L’intento è sempre quello: rendere democratico il design, coinvolgendo  gli addetti ai lavori ma anche tutti coloro che si dimostrano curiosi”.
Novità 2014: “Ho lavorato per Hermès, Kvadrat, Caimi Brevetti, Marsotto con il bellissimo marmo di Carrara, e Venini. E ancora, con la Triennale di Milano, nell’ambito della settima edizione del Triennale Design Museum”.


Mathieu Lehanneur

“L’industria del mobile italiano subisce gli effetti della concorrenza di molti Paesi. Alcuni dei processi di produzione e competenze tecniche sono state esportate sui mercati internazionali da diversi anni: quindi le aziende del made in Italy non possono più contare soltanto sul loro know-how, ma piuttosto sull’esperienza dei tecnici e degli ingegneri stessi nonché sul loro potere di affermare: ‘Non sappiamo ancora come realizzeremo quell’oggetto, ma ci riusciremo, perché ci crediamo!’ Spesso si dice che il modo migliore per capire il presente è percepire il futuro, e nello stesso tempo  avere una perfetta conoscenza del passato: gli imprenditori italiani vantano questa cultura, questa conoscenza e visione: una ricchezza davvero immensa! L’importante, infatti,  non è più aggrapparsi all’identità del design italiano, ma piuttosto all’energia tutta italiana di credere nelle proprie intuizioni. Il Salone e il FuoriSalone devono continuare a perseguire l’obiettivo dell’apertura di spirito e di mente per diventare la piattaforma internazionale della creatività, nel senso più ampio del termine.
Milano deve dimostrare ciò che è e ciò che sarà, in tutti i campi: dal design all’architettura, dalla moda alla tecnologia. Deve diventare un ‘oracolo’ in grado di capire, accogliere e consigliare il mondo della  creatività”.
Novità 2014: “Ho disegnato per Audemars Piguet, Binauric, Pulman Hotels, Swatch, LaCie, Schneider Electric, Hennessy, Le Laboratoire, Centre Pompidou, Lexon e Carpenters Workshop Gallery. Fra i miei lavori futuri c’è il Grand Palais a Parigi per il quale progetterò l’interior design. Giocherò sull’idea di spazi  ibridi per rispecchiare la natura di luogo (molto ibrido) che caratterizza questo meraviglioso edificio”.


Patrick Norguet

“L’Italia ha beneficiato, con la sua storia, di un’organizzazione industriale ricca e interessante. La convivenza tra industria e artigianato, grazie a un lavoro ben coordinato e allo scambio di know-how, fa dell’Italia il modello più interessante e più propizio all’innovazione e alla creazione. Anche la dimensione familiare dell’industria italiana è stata un punto forte rispetto alle esigenze e al potere del mondo finanziario. Oggi, però, per le aziende è giunta l’ora di porsi delle domande,  prendersi il tempo per riflettere, per stabilire nuove strategie. Senza questo approccio nulla sarà davvero costruttivo. Bisogna creare dinamiche e sinergie industriali basate sul gruppo, sullo scambio dei talenti e delle competenze …
Il tempo oggi scorre più veloce e si porta dietro grandi cambiamenti: i ‘maestri di ieri’ non sono i ‘maestri di oggi’. Bisogna riconsiderare le sfide di domani. Da questo punto di vista penso che l’Italia non abbia abbastanza fiducia nei suoi giovani. Non è semplice per le nuove generazioni, trovare una propria collocazione considerando l’eredita ‘pesante’ dei ‘Grandi Maestri’! Questo spiega anche la facilità con cui i designer stranieri riescono a ‘penetrare’ nel mercato italiano (va da sé che la globalizzazione facilita questa operazione). Ma l’Italia piace perché è soprattutto ‘simpatica’ e allegra agli occhi di tutto il mondo. Incarna ancora una dinamica latina e positiva con un’autentica cultura del progetto.
In molte aziende italiane i designer trovano quel giusto equilibrio tra storia, cultura e desiderio di innovare, che diventa un fattore motivante e fonte di grande ispirazione.  L’Italia, e Milano in particolare, hanno ancora un ruolo molto importante nel panorama del design internazionale. Al Salone de mobile, tuttavia, vedrei necessaria una selezione più qualitativa per quanto riguarda le offerte, i brand e i prodotti; sentirei la necessità di sviluppare un senso critico forte al fine di evitare che questa importante manifestazione si trasformi in ‘un supermercato del design’. Disegnare degli oggetti comporta un senso di responsabilità: dobbiamo lottare contro i fenomeni di immagine e contro le mode superficiali”.
Novità 2014: “Mi piace parlare di collaborazioni, che si creano con il tempo grazie agli scambi, all’ascolto e al rispetto reciproco… Quest’anno presento nuovi prodotti per Alias, Glas Italia, Driade, De Padova e Cassina”.

Matteo Thun

“Sicuramente Milano come piazza per il design è tuttora di grande importanza. Qui  lavorano molti designer; si possono visitare le case e gli atelier dei “grandi maestri”; c’è una buona offerta di formazione; infine c’è  la piattaforma Salone/FuoriSalone che, a dispetto di quanto si vuole credere, continua ad attrarre il pubblico internazionale. Ma oggi, secondo me la parola d’ordine per consolidarne il primato deve essere: ‘Networking’. È un peccato che l’editoria, invece, stia accusando i colpi della crisi. Perché anche essa, da sempre, ha avuto grande influenza sul design a livello internazionale. Non ho dubbi sulla leadership dell’industria italiana, che oggi può contare su alleanze di produzione, progettazione e logistica universale – il primato della delocalizzazione (che fa un po’ paura ad alcuni)”.
Novità 2014: “Le aziende con cui ho lavorato sono miei partner storici che investono in ricerca e sviluppo, soprattutto nel settore sanitario e dell’igiene del corpo: fra tutte Klafs”.


Ferruccio Laviani

“Non bisogna avere paura di avere o perdere la leadership: è molto difficile credere che il mondo dell’arredo possa evolvere in modo corretto. Se anche siamo stati gli unici per molto tempo ad avere queste priorità, non è detto che anche in altri Paesi si possa avere buon design e pianificare una buona distribuzione. Credo sia importante andare per la propria strada, essere convinti di quel che si fa ed essere propositivi. Personalmente credo sia l’unico cocktail vincente per fare in modo che le cose si sviluppino nel modo più corretto. Certo, molti designer stranieri ambiscono a lavorare qui da noi: la storicità e la diffusione dei nostri marchi nel mondo hanno permesso di dare visibilità internazionale sia ai prodotti che ai progettisti. Sicuramente è questo uno dei motivi per cui ogni designer, di qualsiasi parte del mondo, prova a cimentarsi con le aziende italiane. Inoltre il network e il tessuto industriale fatto da piccoli artigiani e grandi aziende, ha permesso sino ad oggi di poter realizzare progetti innovativi e difficilmente realizzabili in altri Paesi dove non sussiste questa situazione.
Pensare a una nuova ‘Scuola del Design’ italiano dopo la stagione dei ‘Grandi Maestri’? Amo molto la storia del nostro design ma cerco di essere il più razionale e il meno campanilista possibile. Il design può esistere in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi Paese: non è solo per un retaggio storico che debba essere relegato in una specifica area geografica. Penso che sia sbagliato continuare a guardare al passato come ad un momento glorioso e al presente come ad una specie di entità nebulosa di cui non si leggono i profili. È impossibile fare paragoni con la stagione passata del design, quando la situazione economica globale era nettamente diversa rispetto a quella che stiamo vivendo oggi.
Infine, un commento sul Salone del mobile: per me è, e rimane, l’esposizione del design più importante al mondo. Ma il suo ruolo-leader  può essere mantenuto solo se le aziende, e i designer, sono in grado di infondere ogni anno a questa importante manifestazione una grande carica di energia. Ma soprattutto  bisognerebbe lavorare per fare in modo che col tempo non si esaurisca in uno sterile collettivo di ‘mode’ che, come ben sappiamo, poi passano”.
Novità 2014: “Scoprirle al Salone sarà più divertente che raccontarle!”.

Jorge Pensi

“È possibile che i grandi cambiamenti della società e del gusto, a cui vanno aggiunti la grave crisi economica e un profondo scoraggiamento, abbiano provocato una mancanza di energia tanto nei designer quanto nelle aziende. Un mercato che non ha bisogno di nulla è sempre avido di oggetti nuovi da consumare velocemente, come fossero ‘usa e getta’. Talvolta servono soltanto per le copertine dei magazine di settore e, dopo un breve periodo, nessuno se ne ricorda più. È necessario cambiare atteggiamento e progettare oggetti atemporali che ci sopravvivano…
Per quanto riguarda l’industria italiana, penso che il suo primato sia ancora indiscutibile. È un punto di riferimento per tutto il mondo e Milano è la capitale del design: il ‘suo’ Salone rappresenta  l’appuntamento annuale di riferimento per le novità e le tendenze del settore. Mi auguro che non si sacrifichi, però, la qualità a favore dell’immagine e che non accada ciò che si è verificato con l’industria automobilistica italiana che ha ceduto la leadership all’industria tedesca. D’altro canto, collaborare con un’azienda italiana per un designer è come girare un film a Hollywood per un attore. Lavorare  nel vostro Paese significa poter contare sull’esperienza, sul know how e su un grande rispetto per la qualità del design. Il fatto poi che molte aziende del made in Italy collaborino con designer stranieri non è certo un problema, e si spiega con la realtà globalizzata in cui viviamo e con il desiderio di trovare talenti dovunque siano.
D’altra parte, le nuove tecnologie ci consentono di progettare e seguire il processo di sviluppo agevolmente da qualsiasi luogo, ad esempio Barcellona, collaborando con aziende che hanno sede in qualsiasi altra città del mondo. Va da sé, comunque, che l’Italia, finita la stagione dei ‘Grandi Maestri’,  dovrebbe tentare di creare una nuova ‘Scuola di Design’ che risponda alle necessità attuali, che sia in sintonia con il mondo in cui viviamo, facendo riferimento al prezioso patrimonio culturale del design italiano del passato: sono stati i Grandi Maestri italiani a insegnare a tutti noi un nuovo modo di pensare. Non dimenticherò mai quando Vico Magistretti disse: “gli anni in cui inventammo il design italiano”… si riferiva alle prime collaborazioni con Cassina. L’Italia deve continuare a puntare sulla creatività, sulla qualità eccellente della sua manifattura, cercando di allontanarsi dalle mode effimere. Ma soprattutto  il “suo” Salone deve  essere  la vetrina di imprese che vogliono innovare  e non seguire percorsi già tracciati da altri”.
Novità 2014: “Nel corso della mia carriera ho collaborato con successo con molte aziende: Cassina, Knoll International, Kusch+Co., Akaba, Leucos, Steelcase… In questo momento sto lavorando con Vondom e Alternative in Spagna, Shönbuch in Germania, Leucos , Estel e Pedrali in Italia, Janus et Cie. negli Stati Uniti, Arquimuebles in Colombia e Zoom by Mobimex in Svizzera”.


Gordon Guillaumier

“Sicuramente l’Italia sta vivendo un momento critico, che pone dei forti limiti alla produzione di design rispetto al passato. Tuttavia, penso che proprio queste difficoltà possano rafforzare il settore, mettendolo a confronto con altre realtà produttive internazionali. Bisogna solo ricordare che una leadership viene assegnata soprattutto per merito di innovazione e non solo per fama storica. Certo, la stagione dei ‘Grandi Maestri’ ha dato enfasi e lustro al design Italiano a partire dagli Anni 50/70,  soprattutto perché i prodotti dei Castiglioni, dei Magistretti, dei Ponti – ma i nomi sarebbero davvero tanti – sono diventati vere icone nel tempo. Penso che la creatività italiana non abbia mai conosciuto limiti, grazie anche a un atteggiamento culturale sempre aperto e rinnovato. Forse bisogna concentrarsi di più su alcuni concetti come produttività sostenibile, riciclabilità, km zero, eco-friendly, che in Italia vengono considerati più utopie che un patrimonio della vita quotidiana.
Ma esiste ancora oggi una scuola di design tutta italiana? Mi piacerebbe rispondere di sì: in verità credo che oggi ci sia molto individualismo (o meglio protagonismo) che lascia poco spazio al lavoro di gruppo a scapito di un comune ideale. Ci vorrebbe davvero,  in questo momento,  una scuola nuova e vitale capace di dare nuova linfa al design del futuro. Per esempio assicurare che il design rimanga sempre democratico in un momento in cui molte aziende italiane stanno soprattutto puntando sul concetto del lusso (e secondo me questo è l’aspetto che il Salone del mobile e il FuoriSalone  dovrebbero consolidare)”.
Novità 2014: “Ho progettato per Lema, Tacchini, Driade, Roda, Thonet, Porro, Frag… forse dell’altro. Anche qui non ci sono certezze”.

Alberto Meda

“Credo che la leadership dell’industria italiana dell’arredo non possa essere messa in discussione. Il nostro Paese ne conserva il primato con un atteggiamento rispettoso della propria cultura, dei propri talenti, degli aspetti che fanno la differenza rispetto agli altri: in una sola parola della propria identità. Che a livello industriale significa saper fare artigianato accurato e appassionato; avere massima volontá  nel coinvolgere energie giovani; possedere grande capacità nell’assumere rischi e porre attenzione all’innovazione dei materiali e delle tecnologie. L’obiettivo: realizzare prodotti dotati di senso e non dei semplici gadget.
Per quanto riguarda Milano, penso che abbia ancora un forte appeal perché è una città con un mix di internazionalità e una buona qualità di vita, aperta al mondo, non provinciale, con un network di aziende dotate di talenti eccellenti.Certo, tutti devono lavorare per migliorare le infrastrutture sia fisiche sia digitali che sono ancora molto carenti e che, a mio avviso, impediscono la piena espressione del potenziale creativo della città”.
Novità 2014: “Per Caimi Brevetti ho disegnato con Francesco Meda la collezione di pannelli fonoassorbenti ‘Flap XL”, alla Triennale di Milano è presentato il progetto ‘Annessi & Connesi’ in occasione della mostra dedicata a Pierluigi Ghianda e sempre in Triennale sono presentati i mobili progettati per Henraux+Riva1920”.


Marc Sadler

“La stagione dei ‘Grandi Maestri’ del design italiano è finita? Forse: dopo tanta gloria si è un po’ ‘dormito sugli allori’, ma è anche vero che è difficile mantenere un trend di crescita qualitativa pari a quello che avevano avviato i ‘great masters’; nel frattempo gli altri Paesi sono cresciuti e poi è  radicalmente cambiato il modo di  produrre. Da ‘straniero’ posso però dire che l’Italia resta ancora il ‘Paese di Bengodi’ in termini di densità e qualità delle eccellenze manifatturiere. Certo, oggi c’è un oggettivo problema di costi che difficilmente potrà essere risolto in maniera tale da rendere la produzione italiana competitiva.
Agli italiani non resta che puntare sulle eccellenze delle loro lavorazioni, molte delle quali si stanno perdendo insieme agli straordinari artigiani, andati ‘in pensione’ senza aver avuto modo e tempo di trasmettere ai giovani il loro fantastico bagaglio di conoscenze. Il motivo? Le imprese chiudono e in molti casi il prodotto massificato e di media qualità non può certo sopportare modalità produttive con mano d’opera altamente qualificata. Va da sé, che il made in Italy, soprattutto con il Salone milanese, esercita sempre un ruolo molto importate nel panorama del progetto internazionale:  tutti alla fine convergono nella capitale lombarda.
Molti designer stranieri mantengono una base a Milano per il loro lavoro, perché qui si avvicendano manifestazioni di settore importanti per la cultura del design. Ma in particolare l’offerta del Salone del mobile (e relativo FuoriSalone) è, e rimane, ricchissima. Diventa addirittura difficile riuscire a vedere tutto ciò che si vorrebbe… fermo restando che la città dovrebbe migliorare la propria logistica. Probabilmente varrebbe la pena di non concentrare tutto in una settimana ma ‘spalmare’ le varie  iniziative durante tutto l’anno: questa soluzione renderebbe Milano sempre viva”.
Novità 2014: “Ci sono progetti che verranno presentati al Salone del mobile quest’anno, altri che sfortunatamente non riusciranno ad essere pronti in tempo. Per evitare incidenti diplomatici, citerò un unico progetto decisamente ‘fuori dal coro’: il biliardo in vetro della Teckell”.

Sawaya & Moroni

“È opinione abbastanza diffusa tra gli  addetti ai lavori che la cultura italiana del design abbia perso la sua forza e la sua identità (è Paolo Moroni che parla, ndr): non penso, però, che sia un giudizio molto fedele alla situazione reale o all’’opinione del grande pubblico. Vero è che il design spesso è stato ‘abusato’ da aziende ricche di mezzi ma povere di cultura del progetto se non di cultura tout court; le stesse hanno anche contribuito a far emergere  una generazione di designer dal pensiero ‘debole’, che di conseguenza ha prodotto progetti ‘deboli’. Vi sono poi: associazioni di categoria, dispensatori di premi, compilatori di classifiche nonché esperti improvvisati, tutti pronti ad innalzare la mera banalità agli onori degli altari, fomentando cosi quelle voci sul declino del design italiano di cui si diceva prima. Sono comunque certo che molte aziende e molti  designer possiedono un’identità ben forgiata e gli stessi sapranno preservare la cultura del design italiano!
Comunque, la leadership dell’industria italiana non è certo in discussione: parlo di quegli importanti industriali italiani visionari che hanno contribuito a fare del prodotto design una necessità giornaliera per milioni di persone a livello globale. È normale che ci siano degli alti e dei bassi, una stagione sì e un’altra meno felice…Tutti noi, in questo momento di forti  cambiamenti politici, sociali economici abbiamo bisogno di un momento di riflessione e di tanta autocritica per ripartire con una visione aggiornata e realistica circa i nuovi ambiti e contesti in cui ci troveremo a lavorare. Resta il fatto che l’Italia e, in particolare Milano, è e rimane sinonimo di design: non voglio essere sciovinista ma registro semplicemente una realtà concreta, insomma un fatto di cronaca.
Quanto durerà ancora? Questo è un altro discorso… La capacità degli imprenditori italiani sta prima di tutto nel credere in quello che fanno. Nonostante le innumerevoli difficoltà che devono  affrontare quotidianamente, le aziende italiane possono ancora muoversi nella comoda manovrabilità loro garantita dal supporto fornito dalle piccole realtà del terziario. L’azienda ‘Design Italiano’ è cosi in grado di anticipare e prevedere le richieste del mercato, investire nella ricerca, e insieme agli artigiani, osare e inventare   nuove modalità produttive.
Il nostro Paese sta attuando un ‘transfer’ di esperienza e capacità artigianali verso una generazione tecnologicamente preparata ed evoluta, che è in grado di assicurare la continuità qualitativa e le capacità industriali. Non credo esistano molti posti al mondo dove tutto ciò sia disponibile cosi facilmente. Infine, un pensiero sul Salone del Mobile. Diciamo subito che Salone e FuoriSalone sono manifestazioni ormai inscindibili:  entrambe lavorano per lo stesso obiettivo e proprio per questo dovrebbero esigere dalla città maggiore attenzione e collaborazione. Quando penso a ‘modestissime’ design week in Paesi stranieri e allo sforzo delle amministrazioni locali per promuovere tanta pochezza, mi rendo conto che quello che ha fatto il nostro settore è stato e, purtroppo rimane, l’iniziativa  (fantastica) che nasce da singoli individui”.
Novità 2014: “Quest’anno devo dire grazie a:  Zaha Hadid, Dominique Perrault e Gaelle Lauriot, oltre che a William Sawaya con il suo studio; ma anche ai prototipisti e ai nostri artigiani fuori classe puramente italiani che con il loro secolare  bagaglio  di capacità e manualità abbinate alle nuove tecnologie  sanno perpetuare l’eccellenza del made in Italy. Vorrei sottolineare che Sawaya & Moroni è una di quelle aziende italiane che può vantare ancora un prodotto con un pedigree e fattura puramente italiani. Ma venite a trovarci, giudicherete voi!”.

Constance Guisset

“Il primato milanese? Credo che qualsiasi leadership possa essere messa in discussione. Oggi il mondo del design sta attraversando una fase di profonda evoluzione e assistiamo a molti sviluppi interessanti in Europa Settentrionale, Asia e Francia. Per conservare il loro primato le aziende italiane dovrebbero restare fedeli allo spirito innovativo e ‘avventuroso’, che le ha sempre caratterizzate. Per quanto riguarda la settimana del design milanese, la mia opinione è che Salone e FuoriSalone sono come gli esseri viventi: pertanto si evolveranno da soli. Del resto i luoghi del ‘fuori e dentro fiera’ cambiano da un anno all’altro: ciò è molto positivo, sebbene stia diventando sempre più complicato orientarsi a causa del gran numero di eventi e della macro dimensione del Salone. È quasi impossibile vedere tutto! La sfida consiste pertanto nel conservare vitalità e spontaneità, rendendo allo stesso tempo più semplice per il visitatore la possibilità di scegliere cosa vedere. Forse concentrando un po’ le cose…”.
Novità 2014: “Ho progettato Nubilo per Petite Friture, una meridienne realizzata con numerosi cuscini per poter godere del massimo relax a tutte le età. Poi la collezione di pouf Windmill per Cividina; il lampadario Portobello per Established&Sons, che rappresenta la visione contemporanea del lampadario classico; infine, la lampada Cape per Moustache, esposta presso lo spazio di Rossana Orlandi”.

Roberto e Ludovica Palomba

“Oggi più che mai bisogna essere competitivi. E garantire ottime prestazioni.I valori importanti su cui puntare sono: innovazione, servizio e visione strategica. Ma ci sono solo alcuni brand e imprenditori che hanno una marcia in più e una visione strategica veramente vincente. La maggior parte seguono a ruota e beneficiano della luce riflessa dei veri ‘illuminati’. Resta il fatto che Milano ha ancora un ruolo di leadership: tuttavia è necessario che vengano dati alle aziende i mezzi necessari per esprimere al meglio le proprie capacità. Bisogna, poi, che la città sia pronta ad ospitare la creatività nel modo più consono. In particolare questo è soprattutto vero per il FuoriSalone, che  è sempre stato un supporto fondamentale nella fruizione degli spazi e nel  coinvolgimento non solo degli addetti ai lavori ma anche del grande pubblico”.
Novità 2014: “Abbiamo lavorato per aziende a cui siamo legati anche affettivamente da un lungo sodalizio: Zanotta, Foscarini, Laufen e Zucchetti. Siamo sempre più dell’idea di fare un’attenta selezione e di ridurre il numero delle collaborazioni per concentrarci su progetti di qualità. Nell’ultimo periodo stiamo sviluppando anche progetti di architettura, da cui nasceranno sinergie legate a nuovi prodotti”.

Lievore Altherr Molina

“Il modello abitativo, secondo la nostra esperienza in diversi Paesi del mondo, è europeo. Anche Giappone e Stati Uniti lo ripropongono (in senso formale e simbolico). E Milano rappresenta la sintesi e il punto di incontro di tutta la cultura europea: pertanto possiamo dire che il capoluogo lombardo è la vera passerella internazionale del design e dell’arredamento. Ma Milano non è solo Italia:  è un punto di incontro internazionale e la spinta all’internazionalizzazione si è senz’altro rafforzata negli ultimi anni. Ma il capoluogo lombardo ospita non solo il made in Italy: rappresenta, infatti, anche il punto d’incontro tra domanda e offerta della migliore qualità a livello mondiale. E ripeto: ‘qualita’. Il Salone del mobile, poi, riesce a registrare anche i cambiamenti dei modelli abitativi: oggi si avverte una diversa modalità di approccio agli spazi. Non ha più senso parlare di differenziazione netta tra casa e lavoro: gli ambienti sono più ‘liquidi’, come del resto le relazioni. Negli uffici non c’è più un ‘professore’ che parla da un pulpito, ma gruppi di lavoro che interagiscono, mentre negli ospedali si avverte l’esigenza di umanizzare gli ambienti di più (e meglio)”.
Novità 2014: “Ho lavorato principalmente per Arper, Discipline, Poltrona Frau, Enea, Verzelloni, Driade, Andreu World”.

Stephen Burks

“È’ molto facile riflettere sul passato ed essere nostalgici. Ma i  tempi sono cambiati e mutato è anche il design del made in Italy: l’epoca dei cosiddetti ‘Grandi Maestri’  è passata e l’identità del design italiano ha assunto un’importanza a livello globale, sviluppandosi oltre i confini nazionali. Il futuro dell’imprenditoria, oggi, sta nella condivisione delle idee, nella crescita e nell’innovazione. Tutte le aziende che si aspettano di avere successo hanno capito questo passaggio e con loro anche il made in Italy. Gli imprenditori più lungimiranti del design italiano riconoscono che il mondo non è solo l’Italia e si spingono verso nuovi mercati. Ed è anche questo mix di culture che rende l’incontro fra designer stranieri e produttori italiani molto interessante. Comunque non dimentichiamo che è stata proprio la volontà delle aziende italiane ad essere aperte alle voci dei designer internazionali che ha fatto la grandezza del vostro design. Per quanto riguarda Milano, come luogo che ospita il più influente evento di design al mondo, penso che il capoluogo lombardo continui a essere uno degli epicentri della cultura creativa”.
Novità 2014: “Quest’anno presento nuovi prodotti per Calligaris e Dedon. Al FuoriSalone, c’è poi una mostra dedicata ad alcuni nuovi accessori Man Made in collaborazione con la rivista Dwell; nuove lampade a led  “Anwar” per una startup spagnola, che si chiama Parachilna”.

Carlo Colombo

“L’industria italiana può ancora competere con i mercati internazionali? Ciò che mantiene alta la nostra leadership nell’arredo è la qualità oggettiva del prodotto finito, frutto della conoscenza unica che abbiamo nell’artigianato.In questo periodo storico gli imprenditori italiani devono fare i conti con un sistema fiscale fra i più onerosi d’Europa, quindi è logico che lo sforzo per essere competitivi sul mercato diventi doppio. Le aziende devono interagire con i mercati in forte espansione economica, creando un tramite fra i valori unici dell’artigianato italiano e il gusto della clientela extraeuropea. Ma Milano è  ancora un’icona mondiale del design e del fashion e il “suo” Salone è un importante evento che sposta i riflettori di tutto il mondo sulla capitale lombarda. Certo, oggi è importante che si trasformi in una città davvero ‘smart’ per accogliere a regola d’arte migliaia di visitatori con un interesse comune e mirato.
Qualche suggerimento: interazione piena fra Salone e FuoriSalone, in modo che uno non escluda l’altro; informazioni reperibili direttamente dal proprio smartphone con aggiornamenti in tempo reale sugli eventi in corso; efficienza e qualità del trasporto pubblico; visual creato ad hoc nello scenario cittadino. A mio parere il lavoro deve essere creato intorno al visitatore: l’obbiettivo è far sentire la persona parte integrante di tutto il grande meccanismo del Salone del mobile!”
Novità 2014: “Ai partner storici – Poliform/Varenna, Flou, Giorgetti, Flexform, Guzzini, Teuco – si sono aggiunte nuove esperienze con Driade mentre nel campo del fashion sono nate le collezioni Bentley Home e Trussardi Home. Infine, per San Patrignano, un progetto di solidarietà”.

Ronan e Erwan Bouroullec

“Ho forse una visione a breve termine (è Erwan che parla, ndr), ma è chiaro che quello che sta accadendo oggi, quello che noi conosciamo come il design attuale, è strettamente legato a quello che nel passato hanno fatto aziende come Cassina o Cappellini, solo per citarne due di cui conosco benissimo la storia. Quindi Milano è più che importante. È lì che affondano le nostre radici. Certo, in questo momento conosciamo un’industria italiana i cui metodi e i cui mezzi sono forse meno vincenti di un tempo, e questo ne offusca un po’ l’immagine. Ma si tratta di una congiuntura degli ultimi quattro o cinque anni…Per quanto riguarda il Salone del mobile penso che dovrebbe ridimensionarsi, diventare un po’ più piccolo e selettivo. Siamo giunti al punto in cui c’è veramente troppo!
Non mi rendo conto fino a che punto questa idea sia possibile o meno. È vero che oggi una caratteristica del nostro mondo è la tendenza a concentrare tutto in un luogo: basta pensare a come le città crescono a dismisura. Anche le aziende diventano sempre più grandi e ce ne sono sempre meno. Milano in un certo senso con il suo Salone ha vinto su tutti.  Quello di Parigi è scomparso e Colonia non ha mai svolto un ruolo importante come quello del capoluogo lombardo come autentica vetrina delle novità. Ma ora siamo giunti al punto del “too much”: nessuno a Milano riesce più a vedere tutto e bene!”
Novità 2014: “Quest’anno abbiamo lavorato con molte aziende italiane e quindi sono molto contento (noi comunque privilegiamo  l’Europa): Magis, Marazzi e Glas Italia. Poi ci sono collaborazioni non necessariamente legate al Salone, come quella felice con Mutina. Ricorderei  anche il progetto sul tessile con Kvadrat e, infine, abbiamo sempre rapporti di lavoro costanti con Vitra”.

 

Laura Ragazzola