“È stata una sfida costruire questa residenza-atelier per artisti su un terreno in forte declivio di Seyssins, località francese che dialoga con i massicci della catena di Belledonne” ha commentato Odile Decq “concependola come una finestra belvedere sul paesaggio della valle di Grenoble”.

Ma a Colette Tornier, collezionista d’arte contemporanea, che ha istituito un fondo per sostenere la creazione artistica di giovani talenti, le sfide appassionano. Ogni anno due artisti, selezionati tramite un comitato (Maude Maris e Lionel Sabatte sono i primi fortunati), potranno soggiornarvi sei mesi ciascuno, sperimentando e affinando la propria vena espressiva.

Così ha chiesto a Odile Decq, sensibile al tema della formazione (è tra i soci fondatori della scuola Confluence) di immaginare un luogo di produzione di cultura integrato nel contesto: un segno forte di stimolo, tra natura, paesaggi di roccia e verde. Detto fatto.

La progettista, assecondando l’orografia del terreno, ha messo a punto un monolito sfaccettato, che è un compendio di precisione tecnica e levità figurativa. In sezione, lo sviluppo ha previsto: al piano terra l’atelier, nei due livelli superiori gli spazi della residenza, in copertura la terrazza-belvedere, tutto collegato da una scala elicoidale in ferro nero.

L’involucro è foderato in legno, naturale, all’interno e colorato nero bitume all’esterno. Non l’atelier, però, segnato da lunghe e ininterrotte pareti di cemento a vista: “è più ruvido, neutrale e ben illuminato” ha osservato Decq “per consentire a ogni ospite di lavorare con il format e i materiali graditi. In termini di living, mi piaceva l’idea di un artista ispirato dalle viste-belvedere sull’intorno; per questo l’edificio svetta sopra le chiome degli alberi del bosco, mantendendo altresì la possibilità di dialogare con la luce”.

Durante il giorno, le aperture che ne incidono i fronti la lasciano effluire copiosamente da tre direzioni (la quarta verso nord, in rapporto visivo con la Tour Saint Ange e il suo secolare parco, resta chiusa e introversa). In serata, invece, le persiane in legno, trattate come i pannelli di rivestimento dei fronti, oscurano i tagli delle finestre e il monolito diventa nero, silenzioso, assoluto. Quasi fosse lì da sempre.

Testo di Antonella Boisi – Foto di Roland Halbe

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Scorcio dell’edificio rivestito in pannelli lignei color nero bitume.
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Il volume longitudinale che ospita l’atelier, al piano terra, conserva un aspetto ruvido nello spazio interno: le pareti realizzate con colate di cemento richiamano la gamma cromatica delle pietre esterne.
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Vista di un ambiente della residenza, foderata in legno naturale, con la scala elicoidale di ferro nero che ne collega i livelli.
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Il monolito architettonico, sfaccettato e inciso da numerose aperture, svetta sopra le chiome degli alberi del bosco per aprirsi, come una finestra belvedere, sul paesaggio della valle di Grenoble.
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Il fronte nord, chiuso e introverso, resta in rapporto visivo diretto con l’antica Tour Saint Ange e il suo secolare parco.