Nigel Coates riassume in sé le qualità che consentono agli inglesi d’essere anticipatori di tendenze: una vena romantica e sensuale che l’ha condotto a visitare i giardini barocchi italiani – e quindi, nel 1987, a farsi casa in Toscana, dove tuttora “fa salti” almeno otto volte l’anno – e un atteggiamento punk, antinostalgico e destabilizzante, che lo porta a vivere nel presente.
Il suo ottimo italiano, venato da una leggera nota dialettale, è la spia di quell’antico amore per l’Italia degli inglesi appassion ti d’arte; la sua formazione, però, non si è nutrita di memorie rinascimentali, ma di architettura radicale, che ha frequentato assiduamente nelle prime incursioni italiane. Il suo nutrito catalogo di prodotti, realizzati soprattutto per aziende italiane, è sempre immaginato in un contesto, in un ‘interior’, che deve essere specchio dell’anima dell’abitante, “fluttuante tra la terra e il cielo”, e accompagnato sempre da una colonna sonora melodica: musica italiana, brasiliana, portoghese, inglese, sopratutto David Bowie… “L’interior” dichiara Nigel “deve essere extra e sempre un po’ sopra le righe. È un linguaggio che deve parlare in modo inatteso. La sola funzionalità non m’interessa. Il design deve raccontare, stimolare, costruire un rapporto di tipo istintuale e creare una speciale alchimia”. “Le idee” prosegue “vanno tradotte in un’esperienza sensoriale, capace di catturare gli utenti, senza filtri teorici. Il rapporto tra abitante e interior deve essere regolato, come nel mondo animale, dai feromoni”. Le analogie con il mondo animale percorrono, da sempre, le sue produzioni. Dalla base del tavolo del 2009 in serie limitata di 12 pezzi, costituita da un gruppo di panda, alle gambe degli sgabelli per Fratelli Boffi simili a quelle delle giraffe, o quelle del tavolo Pointer che riprendono le zampe dell’omonimo cane, alla seduta-sella da cavalcare… Nel suo lavoro riesce a riassumere in modo accattivante la sua multiforme formazione: dall’avvicinamento al mondo radicale fiorentino che l’ha stimolato a sperimentare un’architettura e un design visionario alla docenza all’Architectural Association; dal periodo giapponese, in cui ha proposto, con il sorprendente Caffè Bongo, una visione del futuro come bricolage del presente che pare discendere per via diretta dagli scenari di Blade Runner (1982), all’incontro con Poltronova, che nel 1989 gli chiese di disegnare una collezione; per arrivare all’esperienza con Swarovski Crystal Palace (2002) e alla collaborazione con Fornasetti (2002). Non considera il design una disciplina, ma un fenomeno, dotato di un’aura regale. Ritiene che il progetto, lontano dall’idealismo egalitario del Bauhaus, possa diventare un potente mezzo di auto-espressione e funzionare da talismano. “Nell’interior” afferma “ogni pezzo deve possedere un’anima portatrice di poesia ed esprimere, in modo istintivo e semplice, emozioni forti”. Le sue visioni abitative, ‘Casa Reale’ (2011) e ‘Baroccabilly’ (2012), sono una miscela di oggetti speciali, di dettagli sensuali, di linee voluttuose, di materiali opulenti abbinati a forme essenziali, pensata per produrre fascinazioni, quasi sciamaniche. L’abitante ideale delle sue figurazioni domestiche è quel Jean Des Esseintes, protagonista del racconto À rebours di Joris-Karl Huysmans (1884), ritiratosi in un mondo artistico di sua creazione, popolato di ossessioni e di feticci. “Abitare” conclude “è una sorta di viaggio voyeuristico, pieno di curve pericolose”. La pericolosità di Nigel è giocosa, mai dannosa, anche se talvolta scabrosa. Il suo ampio repertorio, che spazia dagli arredi, all’illuminazione, agli oggetti, è un catalogo di fantasie antropomorfe e zoomorfe, di simbologie, mai aggressive, ma sempre benevoli, facili da comprendere e da amare, anche per quel loro essere in bilico tra modernità e tradizione, tra consueto e imprevisto. Nel percorso progettuale di Nigel, autonomo dalle richieste del mercato ed esente dalle influenze degli stili, sempre fedele a quel DNA romantico/punk che sa esprimere con levità, un capitolo speciale è rappresentato dall’art direction di Slamp, l’azienda d’illuminazione specializzata nell’utilizzo di materiali di nuova generazione. “Operare come art director” argomenta “significa lavorare insieme, in modo umile, con l’impresa e con i designer. Roberto Ziliani, titolare dell’azienda, mi dice che siamo complementari: lui la pasta e io il sugo”. Da questa ben calibrata ricetta nascono prodotti speciali e accessibili, come le lampade a sospensione della serie Avia e Aria, composte da 50 layers di Cristalflex®, disegnate da Zaha Hadid e presentate all’Euroluce del 2013. I materiali lo affascinano e ne sa toccare con perizia le corde, esaltandone la potenziale ricchezza. Al vetro è dedicata la sua recente mostra londinese Handblown che propone due diversi approcci alla lavorazione, entrambi eseguiti da maestri vetrai con i quali Nigel è solito collaborare, sia in Italia, sia in Inghilterra: la tradizionale soffiatura e la modellatura del vetro borosilicato. Nella collezione di vasi e lampade Carry Ardits, Nigel esalta la fluidità della materia vitrea, regalando ai vasi esili braccia che sostengono in precario equilibrio sottili dischi. Mentre nella serie Flame rende il vetro più corposo per riprodurre il guizzo delle fiamme. Nei vasi Tulip, infine, esalta la fragilità della materia, rendendola palpitante, come i petali dei fiori.
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