E sviluppare un linguaggio comune con le macchine che usano una logica diametralmente opposta alla loro. Gli algoritmi, infatti, procedono analizzando dati e si muovono all’interno di una scatola ben definita. “I progettisti, quelli bravi, pensano e inventano al di fuori di schemi predefiniti”, precisa Asensio.
“Invece di arroccarsi su posizioni di sfida ai computer, dovrebbero quindi capire cosa può fare l’algoritmo per aiutarli a essere ancora più inventivi. È una questione di formazione e non a caso stiamo già lavorando con tante scuole in tutta Europa. Tutto questo ci permetterà di vedere il mondo con occhi diversi. Le macchine saranno per il design quello che la fotografia è stata per l’arte: un glorioso nuovo inizio, un cambio di prospettiva che ha portato i grandi autori a esplorare oltre il visibile, con l’espressionismo, il cubismo, il concettuale...”.
Secondo Daniele Speziani, ceo di Phitec Ingegneria (uno studio di Rivoli, riconosciuto nel mondo e specializzato in simulazioni numeriche e design generativo applicato alla ricerca e sviluppo di prodotti – soprattutto per l’automotive), è bello che si parli di algoritmi applicati al design dell’arredo. Speziani interviene spesso ‘da dentro’ su prodotti già in commercio, calcolando come eliminare materiali e ridisegnando elementi che erano stati ‘over-progettati’.
“Sono errori che si sarebbero potuto evitare. Ecco perché è bene che si parli di queste cose: essendo un mondo sconosciuto fuori dalla nicchia degli specialisti del settore, pochi designer e imprenditori sanno quali sono le potenzialità che offre il generative design. Occorre applicarlo fin dall’origine di un progetto, per arrivare a risultati – in termini di ottimizzazione delle risorse e sostenibilità – decisamente di impatto”.