Incontro l’architetto Gwenael Nicolas a Milano. Il momento è propizio: si festeggia l’apertura della nuova boutique di Dolce&Gabbana in via Montenapoleone, nel cuore del quadrilatero della moda milanese. Il progetto segue di poco l’inaugurazione di un altro punto vendita del brand siciliano a Tokyo, dove Nicolas, francese di nascita, vive e lavora da 25 anni: qui  ha fondato il suo studio Curiosity, ribaltando il concetto tradizionale di spazio commerciale.

Gwenael, come è nata la tua collaborazione con Dolce&Gabbana?
Dopo aver visto i progetti che avevo curato per altri brand (v. Interni maggio 2016), Domenico Dolce era curioso di scoprire come avrei potuto far ‘germogliare’ una nuova idea di retail per il suo brand, mantenendo naturalmente il ‘tocco’ Dolce&Gabbana. Una sfida, sicuramente.
Si trattava di contaminare lo straordinario mondo del barocco siciliano con culture differenti. Per stupire, innovare, cambiare. E, soprattutto, trovare un equilibrio, un’armonia fra ‘mondi paralleli’ senza mai annullare le differenze…

…e poi?
Ho incontrato Domenico, abbiamo discusso del loro marchio e della possibilità di lavorare insieme. Qualche tempo dopo mi ha proposto un progetto su larga scala che coinvolgeva tutte le boutique del brand. La sfida era raccontare storie diverse, una per ciascuna città, e rifletterne storia e cultura, enfatizzando l’unicità del luogo. Per prima cosa ho pensato a Tokyo, la mia città d’adozione, dove vivo e lavoro ormai da tantissimo tempo. Sicuramente non potevo rinunciare a ‘mettere in vetrina’  l’inconfondibile stile made in Italy, di cui Dolce&Gabbana è l’iconico testimonial a livello internazionale. Ma io volevo fare un passo successivo…

Per andare in quale direzione?
Volevo imboccare la strada della sperimentazione. Che per me significa creare  collegamenti tra due mondi diversi: quello reale e quello immateriale, per esempio,  l’universo del digitale. In altre parole, volevo creare spazi che avessero contemporaneamente il potere della realtà (quindi, luoghi veri dove si vendono e acquistano i prodotti), il potere del mondo digitale (e cioè, i siti web per la vendita online) e, infine, il potere di luoghi pieni di fascino, come i musei, dove la bellezza è l’incontrastata protagonista.  Sono stato molto sorpreso dal fatto che Domenico abbia voluto condividere questa mia curiosità di esplorare dimensioni così differenti.

D’altro canto non è un caso che il tuo studio si chiami Curiosity e abbia una valenza multidisciplinare…
È vero. Tutta la mia carriera ha sempre ruotato attorno a due importanti categorie di riferimento: una molto sperimentale, a cui si può ricondurre l’attività che svolgo con la crezione di installazioni artistiche – per esempio quella recentemente creata per Swarovski o per la DesignWeek 2016 al Museo Bagatti Valsecchi, proprio a Milano – l’altra orientata, invece, al progetto di negozi, showroom, spazi commerciali.
Bene, con le due boutique realizzate per Dolce&Gabbana prima a Tokyo e poi a Milano è stata la prima volta che ho unito i miei due mondi ‘paralleli’: la forza delle emozioni con il potere del design. Dopo dieci anni di lavoro,  è stato molto importante far incontrare sfera artistica e attività commerciale.

Che cosa nasce da questa unione?
Si genera un’energia nuova, che stimola la curiosità delle persone. Si riesce a coinvolgerle, a sorprenderle con qualcosa di inaspettato, che emotivamente colpisce. Il punto di partenza irrinunciabile è la connessione fra spazi e prodotti: molti progettisti si concentrano soprattutto su come realizzare bellissimi showroom ma poi non si preoccupano  di cosa succede all’interno, quali esperienze si sviluppano. Io desidero restituire un mondo fantastico.

Come?
Inserendo elementi di scoperta, d’imprevedibilità. Studiando anche una sequenza pre-programmata che conivolge movimento e tempo, e poi, utilizzando materiali inaspettati, preziosi, rari…
Nella boutique di Tokyo di Dolce&Gabbana, per esempio, ho giocato sui riflessi del metallo color oro e sulla luce, per creare ombre e magicamente annullarle..

Tu lavori con le più importanti ‘maison’, come appunto Dolce&Gabbana, ma anche Fendi, Louis Vuitton, Berluti: secondo te che cosa è il business di lusso?
Il collegamento tra la passione di chi trascorre ore ed ore per creare capi di moda preziosi, meravigliosi, unici, e la passione di chi vuole scoprirli. Il mio lavoro è connettere queste persone, creare un link, abbattere qualunque distanza.
E far vivere delle esperienze: è quello che si chiama ‘vendita esperienziale’. Faccio un esempio: chi pensa di conoscere la Monna Lisa solo perché l’ha vista in foto, è in errore… Devi vederla dal vivo per conoscerla davvero, per ‘sentirla’…

Si tratta di affrontare il progetto con una prospettiva del tutto nuova…
Certo, ma bisogna avere sempre fiducia e accettare il rischio con mente aperta, dinamica. Da questo punto di vista per me è stato davvero stimolante lavorare con un ‘cliente’ come Domenico, che ti porta a cercare sempre qualcosa di nuovo, di sorprendente, e in modo instancabile.

Vuoi raccontarci il progetto milanese? Quali sono le differenze rispetto alla boutique che hai pensato per Tokyo?
Nella boutique di Montenapoleone al metallo dorato di Tokyo ho sostituito la preziosità del marmo verde brasiliano, della radica d’olmo e dell’onice. L’idea era restituire quell’eleganza tutta milanese che si respira negli splendidi palazzi che disegnano il famoso ‘quadrilatero della moda’, con le sue piccole vie punteggiate da eleganti negozi. Insomma un luogo pieno di fascino a cui volevo dare risalto…
D’altro canto un progettista deve sempre giocare con i sensi e l’immaginazione. Per questo chi entra nella boutique di Milano, dopo aver ammirato la bellissima facciata del palazzo ottocentesco, ha l’impressione di vivere in una dimensione differente: il soffitto e l’illuminazione creano, infatti, un’incredibile sensazione di spazio e luminosità, mentre la preziosità dei materiali e la fattura degli arredi parlano delle eccellenze del  lavoro artigianale italiano.
E poi non manca la Sicilia di Dolce&Gabbana:  c’è tutta l’energia del Barocco con i grandi specchi dorati e il broccato che veste le sedute ma stemperato, riequilibrato, per leggere la sonorità di uno spazio che nasce nel quadrilatero meneghino.

Insomma, ti piace molto giocare sugli opposti?
Semplicità e complessità sono i due poli intorno ai quali si muove tutto il mio lavoro. Ma sono poi le emozioni il vero motore.

 

Intervista di Gilda Bojardi – A cura di Laura Ragazzola – Foto di Alessandra Chemollo

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Ritratto di Gwenael Nicolas, che nel 1988 ha fondato a Tokyo lo studio multidisciplinare Curiosity (ph. Satoshi Shigeta).
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La nuova boutique di Dolce&Gabbana a Tokyo, nel quartiere di Aoyama: i 550 metri quadrati, sviluppati su due livelli, s’ispirano al sole e alla luce della Sicilia, attraverso un sapiente uso della luce e dei materiali.
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Luci e ombre caratterizzano gli interni della boutique di Tokyo, creando un volume nero compatto, ravvivato da proiezioni di luci che illuminano le collezioni a intervalli temporali.
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Nella boutique di Tokyo, anche le vetrine su strada rinnovano il gioco dei contrasti.
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Nei 1.600 metri quadrati della boutique milanese di via Montenapoleone dominano le sfumature del verde.
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Il verde della pietra onice in una vetrina della sala gioielli della boutique milanese.
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Il verde del marmo per la scala che conduce al primo dei tre livelli della boutique milanese.
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Nella boutique milanese non mancano scenografiche soluzioni. Come ‘il salottino-prova’ che magicamente si rivela dietro a quinte che scompaiono sul soffitto, raddoppiandone l’immagine.