Kubrick immaginava l’habitat umano-tecnologico come un luogo silenzioso, in cui non si sprecano né parole né gesti, i suoni sono ovattati e le macchine mormorano costantemente il loro suono a bassa frequenza, nascondendosi alla vista. Ma è ormai chiaro che quel mondo non piace e che la tecnologia del XXI secolo non assomiglia a Hal 9000, perlomeno quella con cui coabitiamo e che usiamo nelle nostre case. Il livello di riproduzione e trasmissione di immagini e suoni è oggi eccellente, superiore a quello che noi esseri umani possiamo percepire e apprezzare. La tecnologia è ‘piccola’, tende a smaterializzarsi. Gli oggetti che la supportano potrebbero svanire, rendersi invisibili. Ma inaspettatamente non lo fanno, anzi. Come aveva capito Stefano Marzano, chief designer e ceo di Philips fin dal 2011, la casa del presente tecnologico è uguale alla casa del passato analogico. E gli abitanti del mondo occidentale a volte sembrano dei Fred Flintstone con automobili di pietra magistralmente scolpite a mano dotate però di Bluetooth e impianti audio impeccabili.
Quando addirittura non si dilettano di un ritorno al low tech, all’imperfezione dell’archeologia digitale. Rod White, che da Philips TV Sound and Vision prosegue il lavoro iniziato da Marzano e oggi è chief designer di TP Vision, conferma: “Abbiamo immaginato per un po’ di tempo di progettare le forme della tecnologia con un’attitudine e una qualità maschili: linee rette e geometrie razionali, nessuna concessione a riflessioni progettuali che non fossero espressione delle funzioni e di un’estetica a loro conseguente”. Ma fondare una via europea al design della tecnologia ha significato, per Marzano prima e per Rod White dopo, guardare in un’altra direzione. “Disegnare un televisore significa coglierne il contenuto antropologico e, soprattutto, uscire dalla confort zone dell’essenzialità”.
Un’operazione che per White corrisponde ad abbracciare un atteggiamento di curiosità e di interesse per le qualità femminili del design. Che si traduce nel dialogo coi materiali, con la loro lavorazione artigianale e con le competenze e la tradizione manifatturiera che la rende possibile. La partnership con Georg Jensen, che ha portato al lancio del Georg Jensen 9104 TV, è il risultato di una ricerca intorno alle qualità della materia, ai suoi comportamenti in relazione all’ambiente, alla luce e alle forme. Un lavoro che Rod White descrive come “molte ore di ricerca negli archivi di Georg Jensen, che raccolgono il sapere intorno ai materiali e alla loro relazione con le forme e la luce”. Un’escursione in un mondo progettuale apparentemente molto distante dalla tech company, eppure necessario. “In questo modo”, spiega White, “ho potuto guardare alle cose in modo poetico, metaforico, includendo la presenza dell’intervento manuale in un oggetto hi-tech”.
Si parla molto di tecnologia ‘calda’, Ma Rod White in realtà suggerisce altro, si immerge in temi che riguardano le scienze umane e osserva abitudini, aspettative, comportamenti dell’uomo nei suoi habitat più sensibili. L’uomo circonda la tecnologia, la include. Il lavoro progettuale rende possibile l’equilibrio di questa relazione e concede, con segni minimi eppure molto potenti, di rimanere umani anche davanti alla perfezione delle funzioni. Di pretendere che i tech tool siano parte della scenografia emozionale e parlino la lingua imperfetta, ambivalente e poetica di noi umani. Che si possano manipolare, sentire, amare anche perché sono portatori di qualità manifatturiere e di materie tradizionali.