Ma ecco il punto: per quanto la sfida sembri impossibile, il design contemporaneo ha trovato un modo per raccontare la sublimazione del corpo tecnico non rinnegandolo ma, al contrario, perseguendolo fino alle sue estreme conseguenze. Se, infatti, il linguaggio tech forgiato negli anni Settanta riduceva il piano estetico dell'oggetto al grado zero, facendolo coincidere con l'anatomia tecnica del prodotto, la crescente sensibilità nei confronti delle immanenze immateriali, che caratterizza l'epoca attuale, sta spingendo la riduzione tecnica dell'estetica oltre il suo stesso grado zero.
La pulizia strutturale si fa cioè talmente sottile, fine, raffinata, da ribaltarsi per coerenza in armonia di segni organizzati con perfetta logica estetica. Lo si vede nella lampada a sospensione Magnetica di Vittorio Venezia per Luce5, erede diretta della storica Parentesi, di cui non si limita a riprodurre l'assetto lineare, ma di cui coglie l'intimo senso di esplorazione poetica dello spazio, portandolo oltre se stesso fino alla magia levitante del magnete.
Analoga limpidezza si trova in progetti come quelli della giovane designer finlandese Elina Ulvio, o in quelli della cinese (ma di formazione svedese, oggi di base in Norvegia) Cecilia Xinyu Zhang, capaci entrambe di un tocco così delicato sulla struttura dell'oggetto che sembra quasi possano unire i fili di una ragnatela con le sole dita.
Invero, la purezza nordica è particolarmente in linea con la poetica del paradosso tecnico/estetico di questi oggetti. Un viaggiatore che risalisse un meridiano in direzione nord arriverebbe, infatti, a un punto in cui, senza svoltare, inizierebbe a viaggiare verso sud. Allo stesso modo in queste lampade, fatte di luce, tempo e precisione, la dimensione estetica viene raggiunta non prendendo le distanze da quella tecnica, ma perseguendone il dettame rigoroso fino al punto di paradosso.