La prima edizione della Dubai Design Week  (26 / 31 ottobre) si è tenuta nel nuovissimo quartiere, appositamente costruito, Dubai Design District (d3), uno dei partners strategici della manifestazione, e ha segnato l’inizio di una nuova fase di investimento nel settore emergente del design negli Emirati, che nel 2014 è stato valutato intorno ai 2,3 miliardi di dollari.

Questa prima settimana del design, che si è tenuta in concomitanza con la terza edizione di Downtown Design, la maggiore fiera dedicata al settore, ha mostrato segni di una maturità e complessità sorprendenti per un evento al suo esordio.

Abwab, una delle iniziative principali della settimana, è stata una mostra composta da sei padiglioni temporanei alloggiati nei raccordi pedonali pubblici di d3, e concepiti dallo studio di design e architettura di Dubai Studio Loci.

Ogni padiglione ospitava un’installazione di giovani emergenti dai paesi limitrofi della regione Menasa:  Giordania, Kuwait, Pakistan, Arabia Saudita, Tunisia e Uae. Tutte le installazioni rispondevano al tema “Giochi: gli elementi del gioco nella cultura”: da giochi tradizionali, a classici rivisitati, a rappresentazioni grafiche e raffinati oggetti di artigianato locale, i padiglioni offrivano una finestra preziosa sul tessuto sociale  (e sulle superlative abilità tecniche di artigianato) da cui i designer del Medio Oriente provengono.

L’installazione del padiglione saudita, per esempio, è stata concepita dai suoi curatori sulla base del gioco Um Tse (che tradotto letteralmente significa madre di nove), con la superficie del padiglione trasformata in un campo da gioco. Su uno dei due lati, nove pedine erano rappresentate da selle equestri, il mezzo di trasporto tradizionale per uomini e donne.

Fatte a mano utilizzando materiali pregiati, sospese in aria o appoggiate sul pavemento, le selle offrivano ai visitatori una seduta confortevole e lussuosa. Sul lato opposto, lo stesso numero di pedine era invece composto da pezzi di metallo in forme scultoree, angolari e a spigoli vivi, in netto contrasto con la morbidezza delle selle equestri, creando un gioco ulteriore tra durezza e morbidezza, maschile e femminile, tradizionale e innovativo.

Un Global Grad Show (‘mostra globale dei laureandi’), coordinato dal Royal College of Arts di Londra, ha raccolto i lavori finali di 50 studenti selezionati tra le migliori università di Design al mondo, in una mostra di notevole respiro internationale.

Esibiti i progetti provenienti da Ecal, Svizzera; Eindhoven University of Technology, Paesi Bassi; Hong Kong PolyU, Cina; Kaist, Corea del Sud; Keio University Graduate School of Media Design, Giappone; National University of Singapore, Singapore; Mit, Usa; Pratt Institute, Usa; Royal College of Art, Regno Unito; Tsinghua University, Cina.

La mostra, suddivisa in categorie tematiche, ha sicuramente inviato un chiaro segnale del tipo di ruolo che gli Emirati aspirano ad avere nella discussione internazionale sul design e sull’educazione al design. I progetti spaziavano da un purificatore di aria portatile, che produce un getto di aria pulita, a un sistema di arredamento per la casa connesso, che interagisce con il proprio abitante solitario tenendogli compagnia, e addirittura a una collezione di cactus che, sfidando l’istinto naturale, cantano e suonano in modo giocoso quando vengono accarezzati. I progetti in mostra offrivano un’opportunità unica per scoprire soluzioni inaspettate e intelligenti a problemi comuni che si incontrano su scala globale.

La prima edizione dell’iniziativa Iconic City quest’anno ha celebrato Beirut, con una mostra curata dalla designer Rana Salam, nata nella capitale libanese. “Brilliant Beirut’ raccontava la storia della città dal 1950 a oggi, attraverso architettura, design e grafica, con una serie di fotografie di archivio e contemporanee, prodotti, materiale pubblicitario e di marketing.

Dal punto di vista architettonico, Beirut era rappresentata da una collezione di immagini che ne copriva le fasi brutalista, modernista e contemporanea: dall’Hotel Carlton di Karol Schayer del 1957, al Cinema Al Hambra di George Rais del 1958; dal Centro Sabbagh di Alvar Aalto e Alfred Roth del 1964, fino all’ormai iconico night club B018 di Bernard Khoury del 1998, e alla Fondazione Aishti di David Adjaye del 2015.

La vivacissima scena del design libanese era anche ben valorizzata dal lavoro di designer di fama come Nada Debs, Karen Chekerdjian, Liza Beyrouth, Marc Dibeh,  ACID di Karim Chaya, e offriva una piccola testimonianza di come la creatività per cui la città è famosa, nonché la scena molto attiva del settore, siano state prodotte  dalla turbolenta situazione socio politica locale, da una forte influenza europea, e soprattutto dall’intelligenza e dall’abilità all’adattamento dei suoi protagonisti.

Downtown Design, con circa 90 esibitori da tutto il mondo, è stato il braccio fieristico della manifestazione. Alloggiata in un padiglione temporaneo appena fuori da d3, la fiera aveva una forte presenza internazionale, e ha visto incluse anche alcune tra le migliori aziende Italiane leader nel settore: Lema (al suo debutto alla fiera, prima di un lancio importante a Dubai imminente), Kartell, Antonio Lupi e Moroso tra i principali nomi.

Elementi di innovazione sono inoltre stati introdotti con l’inserimento di sei aree dedicate alle settimane del design emergenti su scala internazionale: Helsinki, Istanbul, San Francisco, Mexico, Bejing e Melbourne – un’aggiunta piacevole, che rinforza nuovamente il senso di internazionalità e il focus sul design contemporaneo dell’evento.

Una serie di conferenze con designers importanti, come Humberto Campana di Estudio Campana, e l’architetto libanese Bernard Khoury, seminari e discussioni ha completato il programma della settimana.

Il resto della città non è stato dimenticato: una collezione di 13 progetti site-specific si potevano trovare in diverse locations, da Dubai Marina, ai meravigliosi spazi di Tashkeel Studio, al quartiere storico di Al Fahidi. Con progetti commissionati sia a designers locali sia internazionali, queste installazioni coinvogevano tutta Dubai nella settimana dedicata al design. Attività per famiglie e bambini, eventi satellite nei tanti studi e negozi del design, e addirittura un mercato di cibo e design durante il weekend, completavano l’offerta.

Di particolare nota il quartiere Al Khor – zona industriale in cui vecchi magazzini sono stati riadattati come gallerie di arte e design – in cui si sono concentrate mostre e iniziative pop-up curate da designers locali.

Il collettivo Drak, fondato nel 2015 con lo scopo di valorizzare la zona e il suo potenziale, ha presentato una mostra ispirata al centro di riserva naturale limitrofo, con la popolazione stanziale di fenicotteri, attraverso cinque progetti di diversa natura, tra design, gioielleria, architettura, costume e moda.

Il designer Khalid Shafar ha creato una suggestiva installazione in cui un gruppo di fenicotteri – con il loro corpo costituito da mattoni di diversa forma, le gambe di rame, e il piumaggio di candele ardenti – sprigionava una forza non indifferente, unita a una spiccata nota poetica, messa in risalto dallo sfondo industriale della zona.

Questa prima edizione di Dubai Design Week presenta sicuramente una serie di punti a suo vantaggio, che dovrebbero garantirne il successo in futuro: è una manifestazione progettata per promuovere una nuova economia del design in rapido sviluppo; può contare su una comunità di designer locali, ancora piccolo, ma di altissimo livello, su una profonda conoscenza della scena internazionale e su un forte desiderio di mettere radici nella zona; non ultimo, si tiene in una location creata appositamente per faciltarne e massimizzarne il successo.

Se anche, forse, la creazione di questa manifestazione possa a tratti apparire forzata – come d’altronde il resto della città – è decisamente una Design Week da tenere monitorata nel futuro. Il suo successo verrà sancito dall’abilità di curare e promuovere lo sviluppo delle risorse promettenti dei giovani designer e della nascente comunità creativa del settore.

 

Testo di Marta Bogna-Drew

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Render di d3, Dubai Design District.
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I padiglioni Abwab ('Gate') erano tutti leggermente differenti, per raccontare le identità locali dei paesi rappresentati; eppure avevano un mood che li accomunava.
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Uno dei giochi tradizionali artigianali reinventati nel padiglione pakistano.
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Cactunes, progettato da Pierre Charreau, Martin Hertig, Pauline Lemberger, Università Ecal.
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L’ingresso di Brilliant Beirut.
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Bernard Khoury, B018 Club.
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Uno stand presente a Downtown Design Dubai.
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Yaroof, opera di Aljoud Lootah, sulla spiaggia di Meeras, Marina di Dubai.
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Soundweaving, opera di Zsanett Szirmay e Bálint Tárkány-Kovács presso Tashkeel Studio.
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Flame-Ingo, opera di Khalid Shafar, Drak, a Ras Al Khor.