Adam Tihany si occupa raramente del progetto di spazi privati, troppo soggetti a personalizzazioni e al gusto, alle abitudini, ai modi di vita dei loro abitanti che, in modo legittimo, fanno della loro casa il proprio ritratto domestico.
Tihany si trova più a suo agio nel raccontare, in forma di spazi costruiti, luoghi di accoglienza esclusivi, da hotel a navi da crociera a ristoranti in cui assaporare i cibi più buoni del mondo. A Tihany si deve in fondo la nascita della disciplina del Restaurant Design, in cui superando la formula del ‘ristorante a tema’ di origine americana, gli ambienti sono affrontati dal punto di vista di accogliere al meglio e di fare sentire a proprio agio ogni commensale.
Certo i modi e i mezzi per la definizione della scena di un ambiente che sia in grado di ospitare nel migliore dei modi e di non mettere in soggezione nessun visitatore sono parte di una ricerca materica e compositiva sugli interni che Tihany Design porta avanti da tempo.
Un percorso che miscela figure e materiali declinati in sommatorie complesse, parte di un vero e proprio storyboard architettonico da sviluppare per parti come appunto un racconto tridimensionale costruito da figure variabili in sommatoria continua; scene che si intrecciano, ricche dal punto di vista dei materiali e delle scelte di ogni artefatto chiamato a comporre ogni specifico ambiente; ma dove il concetto di ‘lusso’, esibito o fine a se stesso, è superato dalla ricerca del massimo comfort.
A questo percorso si riconduce la villa urbana a Dubai che pubblichiamo in queste pagine, dove Tihany ha saputo tradurre nell’ambito di un’esclusiva dimensione domestica i valori e le atmosfere sperimentati nei suoi interni ‘pubblici’.
Recentemente impegnato nel progetto del primo boutique hotel di Dubai (il Four Season Resort Dubai a DIFC) che testimonia le oscillazioni del ‘gusto’ verso sapori più contemporanei espresse dalle nuove generazioni dei facoltosi abitanti e imprenditori della città, Tihany ha disegnato gli interni di una nuova dimora per un protagonista della nuova classe agiata, dopo venticinque anni di assenza dai temi legati al disegno delle abitazioni private.
La ragione di questo ritorno al disegno di spazi domestici si deve al felice incontro di Adam Tihany con Khalid Al Najjar, architetto e autore dell’architettura di questa villa contemporanea, e con il suo socio Shahab Lutfi, che ha portato a un’amicizia sfociata in un sodalizio progettuale. A questo si è aggiunta la collaborazione con Cristiano Baccianti, da tempo impegnato a promuovere e diffondere l’italian design nei Paesi del Golfo.
Il risultato appare più che interessante non solo per l’esame del progetto architettonico in sé, lineare e rigoroso, scevro da ogni richiamo stilistico e di revival, ricco di soluzioni che ribadiscono il valore del segno contemporaneo, ma anche per cogliere come la sensibilità sviluppata in tanti anni da Tihany nella definizione di luoghi esclusivi dove calare gli ospiti in atmosfere attentamente studiate per appagare i sensi, possa essere tradotta in chiave domestica per una ‘permanenza’ non più legata ai tempi di una vacanza, di un viaggio di lavoro, di una cena a cinque stelle, ma del vivere quotidiano.
La villa si sviluppa su due piani, più un interrato, attorno a uno spazio verde da cui svettano tre palme. Un ‘giardino segreto’ che reinterpreta in chiave attuale la tradizionale corte della casa araba.
Lo spazio centrale aperto verso il cielo è cinto da tre fronti completamente vetrati e dalla piscina segnata da due setti portanti che nelle ore serali, con il riverbero della luce dello specchio d’acqua, colora di azzurro il bianco assoluto dell’intera struttura.
Il tema dei setti portanti caratterizza l’intero progetto dove si coglie il ‘valore del muro’ come quinta di riferimento a volte rivestita di travertino come nell’intero piano terra per poi estendersi nel prato calibrando in due settori lo spazio en plein air.
A volte proposto come boiserie geometrica a congiungere lungo il corridoio lineare sala pranzo e soggiorno. Ancora, a diventare quinta sottile girevole come porta d’ingresso. L’intero piano terra, destinato a zona giorno, si offre come una ricca sequenza di spazi apribili verso la corte verde, chiamata nei mesi più freschi a diventare parte integrante della casa.
Soggiorni, sala da pranzo e uno studio pensato come una raffinata scatola lignea si affiancano a un’avveniristica sala home theatre, una capsula avvolgente dove Tihany ha disegnato appositamente una poltrona destinata alla specifica funzione, poi messa in produzione da Poltrona Frau (“Stanley” in omaggio al regista Stanley Kubrick, tra i preferiti dell’autore).
La scelta degli arredi, molti di italian design, concorre con forza alla definizione delle diverse scene, attentamente calibrate nella loro composita varietà. Al primo livello si alternano camere da letto schermabili da tende oscuranti, ambienti e terrazze, ancora rivolti verso la corte sottostante che è il cuore di questa architettura votata alla ricerca di un esclusivo comfort 2.0.
Foto di Eric Laignel – Testo di Matteo Vercelloni