C’è Marcello The Strongman, che schiaccia le noci con i suoi arti forzuti e l’ausilio di due bilancieri. E poi c’è Gilberto The Jester, un saltellante giullare che fa anche da cavatappi.

Per passare a Valentina The Ballerina, una leggiadra elefantessa che danza alla musica di un carillon, e ad Alberto The Candyman, un clown con il cilindro che con il suo ampio sorriso distribuisce caramelle. Per finire con Massimo The Ringleader, il direttore di pista che insegue una banana trasportato da una scimmietta, facendo da campanello da tavola.

Cinque personaggi, cinque oggetti animati da movimenti meccanici, forme complesse e colori squillanti, che sembrano riprendere la tradizione degli automates settecenteschi per proiettarla in una nuova dimensione ‘design minded’, dove a ogni personaggio corrisponde una concreta funzione domestica. Sono loro i protagonisti principali del nuovo racconto scritto da Marcel Wanders ed editato da Alessi.

Un racconto che ha per tema il circo e che coinvolge altri 29 oggetti-attori; insieme, segnano un nuovo importante capitolo della storia artistica e produttiva dell’azienda di Omegna. Ce ne parla il presidente Alberto Alessi.

Con Alessi Circus, Alessi vuole ribadire il suo ruolo di laboratorio di ricerca nel campo delle arti applicate. Ci racconta il progetto da questo punto di vista?
La collezione nasce da un lavoro molto lungo, durato cinque anni, sviluppato attorno all’idea di combinare le logiche e le tecniche della produzione industriale con quelle del lavoro manuale. Quest’ultima componente si esprime soprattutto nei cinque pezzi in edizione limitata proposti con il marchio Officina Alessi, che presentano un’estrema complessità realizzativa.
A questi si affiancano molti altri oggetti di concezione più squisitamente industriale – sottopiatti, coppe, vassoi, secchiello per ghiaccio, portabottiglie, rinfrescatore, insalatiere, mug, coppette, contenitori – che tipologicamente completano la famiglia di prodotti per la tavola già disegnati per noi da Wanders. La loro caratteristica è quella di introdurre una componente decorativa più vivace e accentuata, che applicata al metallo risulta decisamente innovativa. Bisogna tener presente che la colorazione dell’acciaio è di difficile realizzazione.
In Alessi Circus è ottenuta attraverso la tecnica della decalcomania, che viene applicata manualmente alla superficie metallica opportunamente trattata, quindi cotta a una temperatura molto elevata, in modo che si fissi all’acciaio in maniera permanente. Questa modalità produttiva era stata utilizzata da Alessi per un breve periodo agli inizi degli anni ’80, ma per vari motivi era stata abbandonata. Ci è sembrato giusto riprenderla per lo sviluppo della nuova collezione di Wanders, dove il colore gioca un ruolo sicuramente fondamentale.

Nel testo di presentazione della collezione lei parla di lavorazioni raffinate in grado di indicare strade ancora aperte per le manifatture europee. Cosa intende dire?
Oggi produrre oggetti semplici in Italia e in Europa è praticamente una follia. La globalizzazione ha fatto sì che la stessa pentola prodotta a Omegna costi un quarto se realizzata in Asia. Questo vuol dire che, per sopravvivere, le manifatture come Alessi, che lavorano l’acciaio così come il vetro o la porcellana, devono focalizzarsi su un prodotto caratterizzato da un know-how particolare che, almeno al momento, nel Far East non sanno copiare.
Parlo di un valore aggiunto immediatamente percepibile non solo in termini estetici, ma anche costruttivi. I cinque pezzi in edizione limitata della collezione Circus sono realizzati con un mix di tecniche che vanno dallo stampaggio tradizionale alla fusione a cera persa – utilizzata per i componenti in acciaio pieno di forma complessa – dal taglio laser tridimensionale alla tornitura. Circa una decina di tecniche che per la prima volta Alessi impiega tutte insieme per la produzione di oggetti di elevata complessità realizzativa.

Alessi Circus è una collezione che dichiaratamente punta sul valore immaginifico degli oggetti. Questo vuol dire che Alessi continua a credere nella sua vocazione di “fabbrica dei sogni”, come lei stesso ha definito l’azienda alla fine degli anni ’90?
È un dato di fatto che qualsiasi oggetto, anche un umile casalingo come quelli prodotti da Alessi, sia in grado di fare leva sulla sfera emozionale e sull’aspetto affettivo. Un buon design stabilisce sempre una relazione affettiva con il suo utente, anche se tante volte questo avviene in maniera inconsapevole, oppure attraverso un cosiddetto design anonimo. Alcuni designer hanno pienamente capito questo fenomeno e lo cavalcano alla grande.

Pensa che in questi anni sia cambiato il modo di sognare della gente attraverso gli oggetti?
Sicuramente, anche se non sono in grado di spiegare in quale modo. Tra la metà degli anni ’80 e i primi anni ’90 erano pochi gli oggetti in grado di creare sorpresa e di familiarizzare con i loro utilizzatori. Per questo i prodotti disegnati per Alessi da autori come Alessandro Mendini, Aldo Rossi, Michael Graves, Philippe Starck hanno avuto un impatto immediato, molto forte. Guardando le vetrine dei negozi, era difficile trovare a quei tempi una grande vitalità di proposte.
Adesso la situazione è molto più eterogenea, complessa, composta. Si sono affermati altri mondi di prodotto, come quello delle telecomunicazioni e dell’elettronica di consumo, capaci di esercitare un forte potere attrattivo che ha scavalcato quello degli oggetti per la casa.
Questo rende le nuove sfide di Alessi molto più difficili ma anche più stimolanti. Noi ci avvaliamo di un network di 300 autori attivi che ci aiutano a sondare i desideri della gente e a sviluppare nuove idee. Il mio obiettivo è rinnovare costantemente questo network. Non a caso Alessi è riconosciuta come l’azienda più aperta alle collaborazioni con designer giovani e giovanissimi. Ogni anno ne teniamo a battesimo almeno tre o quattro con oggetti che mettiamo sempre a catalogo. Penso che la loro collaborazione sia fondamentale per annusare e capire lo spirito dei tempi.

Questo significa che il modello del design italiano, basato sulla stretta relazione intellettuale e professionale tra designer e imprenditore, continua ancora a funzionare?
Sicuramente. E sarà sempre più valido. Noi imprenditori siamo fondamentalmente dei mediatori di natura ibrida, a metà strada tra quella artistica e quella commerciale, che fanno da trait d’union tra gli autori e il mercato, tra l’immaginario e il pubblico. E questo è un ruolo e una missione che si può esercitare solo mettendosi in gioco in prima persona. Da questo punto di vista, gli imprenditori del design italiano sono i migliori interlocutori per qualsiasi progettista di ogni parte del mondo, gli unici in grado di conferire ai progetti una qualità che in altri Paesi sarebbe sicuramente inferiore.

Cosa rappresenta oggi Marcel Wanders per l’azienda?
Noi abbiamo sempre lavorato con tantissimi autori. Però, se mi volto indietro a osservare la storia di Alessi attraverso i decenni, mi accorgo che sono pochi i designer che li hanno progressivamente rappresentati.
Gli anni ’70 sono stati rappresentati da Sottass, Sapper e Castiglioni; gli anni ’80 da Graves, Rossi e Starck; gli anni ’90 da Giovannoni, Arad e così via. Diverso è invece il caso di Alessandro Mendini, con cui abbiamo instaurato un rapporto più distillato che però non mostra segni di cedimento.
Sicuramente Wanders è il designer che lascerà un’impronta in questo decennio degli anni Zero. Lui rappresenterà sicuramente un importante tassello di questo mosaico composito e in continuo divenire che è la produzione Alessi. Marcel porta una ventata di fresco ‘olandesismo’ che corrisponde a un lavoro molto disinvolto sulla decorazione, svolto con un spirito ‘borderline’ ai confini con l’arte. È una forma di espressione poco presente nel catalogo aziendale, che proprio per questo mi interessa e mi appassiona. Penso che insieme faremo ancora tanti altri progetti.

Sempre più spesso l’industria del design si rivolge al mercato del collezionismo, a cui dedica collezioni appositamente pensate. Fenomeno sociologico o necessità di mercato?
Entrambe le cose. Premesso che io non sono un fautore della produzione in serie limitata, devo ammettere che fa parte delle pratiche contemporanee delle fabbriche del design come Alessi, che si avvalgono del progetto dei loro autori per realizzare prodotti destinati a una fascia alta del mercato, sia perché utilizzano linguaggi meno facili dei prodotti commerciali, sia perché presentano un costo elevato. Ho accettato la proposta di Marcel Wanders di realizzare questa collezione perché apprezzo il suo linguaggio e penso che la sua visione possa trovare uno spazio di concreta fattibilità. Questo tipo di progetti consente all’azienda di fare ricerca e di consolidare il legame con i suoi autori.

Quali sono le direzioni di ricerca che Alessi affianca attualmente a quella squisitamente artistica ed espressiva?
Ci stiamo muovendo in più ambiti. Uno è quello dell’internet of things, un altro è quello della stampa 3D, che ci apre una strada produttiva alternativa, molto concreta, nella quale crediamo molto. Oggi lo stato della ricerca non ci consente ancora di ottenere una qualità adeguata ai nostri prodotti, ma la tecnologia della prototipazione si sta evolvendo molto velocemente. Per noi è interessante soprattutto in relazione alla stampa dei metalli. Potrebbe essere che già l’anno prossimo Alessi presenti il frutto della sua ricerca in questo ambito con una tipologia di oggetto che finora non ha mai trattato.

Molti oggetti Alessi di successo giocano su un processo di antropomorfizzazione o di zoomorfizzazione. Sono quelli che tutt’oggi funzionano meglio?
La nostra produzione si è sempre contraddistinta per il ricorso alle figure retoriche, come la metafora, che già le civiltà precolombiane utilizzavano per personalizzare gli utensili domestici. Ai tempi la figura femminile dava forma, per esempio, alle coppe. Non deve quindi stupire che venga riproposta nelle linee dei nostri cavatappi. Si tratta di un processo immanente della nostra storia culturale, presente anche nel lavoro di designer insospettabili come Richard Sapper: la sua caffettiera espresso, che è nel nostro catalogo dal 1979, allude a un razzo pronto sulla rampa di lancio.

Le piace sempre fare il fabbricatore di sogni?
Mi piace sempre, anche se diventa sempre più difficile proporre idee nuove e stimolanti a un mercato che rischia di diventare piatto. E, devo dire, finora ci siamo riusciti abbastanza bene…

 

Foto di Marcel Wanders – Testo di Maddalena Padovani

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Alcuni dei 29 prodotti della collezione presentati all’interno del catalogo Alessi. Gli oggetti in acciaio inox sono colorati mediante una speciale tecnica già utilizzata dall’azienda negli anni ’80.
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Atmosfera circense per la festa di presentazione della collezione Alessi Circus tenutasi ad Amsterdam a fine agosto. Insieme ai personaggi del circo: Alberto Alessi (secondo in alto da sinistra), Marcel Wanders (secondo in alto da destra), Gabriele Chiave, creative director di Marcel Wanders Studio (in basso accanto al pagliaccio).
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“The Ballerina” (Valentina) è uno dei cinque oggetti della collezione Alessi Circus prodotti in serie limitata a 999 pezzi numerati e 9 prove di autore, proposti con il marchio Officina Alessi. È un carillon in acciaio inox animato da un’elefantessa equilibrista che ruota su un pallone in compagnia di un topolino al suono dell’Entrata dei Gladiatori di Julius Fucík, motivo che in tutto il mondo apre gli spettacoli circensi.
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Altri momenti della festa di presentazione tenutasi ad Amsterdam.
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Altri momenti della festa di presentazione tenutasi ad Amsterdam.
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Altri momenti della festa di presentazione tenutasi ad Amsterdam.
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“The Ringleader” (Massimo), un campanello da tavola composto da 35 parti in acciaio inossidabile realizzate con quattro tecniche produttive, tra cui la fusione a cera persa.
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Il distributore di caramelle “The Candyman” (Alberto), un altro pezzo prodotto in edizione limitata.
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Il cavatappi “The Jester” (Gilberto), un altro pezzo prodotto in edizione limitata.
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Alcuni momenti delle lavorazioni manuali che, abbinate a quelle industriali, conferiscono alla collezione Alessi Circus una complessità esecutiva mai raggiunta prima (foto Giacomo Giannini).
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Alcuni momenti delle lavorazioni manuali che, abbinate a quelle industriali, conferiscono alla collezione Alessi Circus una complessità esecutiva mai raggiunta prima (foto Giacomo Giannini).
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Alcuni momenti delle lavorazioni manuali che, abbinate a quelle industriali, conferiscono alla collezione Alessi Circus una complessità esecutiva mai raggiunta prima (foto Giacomo Giannini).
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Lo schiaccianoci “The Strongman” (Marcello). Come ogni pezzo della collezione, è caratterizzato da disegni geometrici nei colori bianco, nero, rosso, giallo e oro, che richiamano l’universo figurativo circense.