In una casa nella Pianura Padana, grandi vetrate, linee spigolose e alte pareti di beton grezzo. Il fascino brutalista di un materiale della modernità, che nella purezza delle forme, dialoga con la luce, l’acqua, il verde

Cento per cento cemento, riciclabile e recuperabile. Quello che è speciale in questa casa vicino a Bergamo è proprio il suo materializzarsi come un monolite di calcestruzzo grezzo, dal fascino brutalista, che asseconda un’unica linea di disegno e le spigolosità di una geometria decostruttivista scabra, senza finiture. Per la sua architettura austera, fredda e rigorosa, l’edificio potrebbe anche essere in Giappone. Invece si ancora nel paesaggio padano, con il valore di una riduzione in ogni scelta progettuale.

La ragione di questo approccio radicale? “Stimolare nuovi punti di vista e la percezione di un intervento in sé compiuto nel puro atto statico-costruttivo”, spiegano Matteo Casari e Valentina Giovanzani (dal 2007, studio Matteo Casari Architetti, di stanza a Verdellino, Bergamo). Ricorda forse le ricerche strutturali sulle figure dell’archetipo architettonico e delle intersezioni secondo differenti direttrici ortogonali affrontate dal pittore e scenografo milanese Rodolfo Aricò? Oppure il tema delle forme sagomate a partire da un’ideale scatola trattato con precisione chirurgica e astrattismo geometrico da un artista statunitense quale Donald Judd? “Ecco, questi sono entrambi riferimenti importanti per i nostri lavori. Noi pensiamo che ci sia una possibilità di realizzare uno spazio abitativo di qualità anche in territori eterogenei e tradizionalmente non aperti alla sperimentazione”, chiariscono i progettisti.

Ci interessava ridefinire il rapporto con il luogo e riattivare, con nuove relazioni di prossimità, le potenzialità del contesto."

Come dire, si può operare in ambito locale e guardare lontano. Certo, il fatto di realizzare una scatola in calcestruzzo naturale faccia a vista (solo un leggero additivo, un ossido colorante, ne rende più calda la patina grigia), ricercando la massima semplicità e purezza espressiva all’interno di un fitto tessuto residenziale, privato da connotazioni rurali e molto frammentato sul piano stilistico, ha significato sostenere un forte impatto di rottura.

“Ci interessava ridefinire il rapporto con il luogo e riattivare, con nuove relazioni di prossimità, le potenzialità del contesto”, continuano. “Siamo intervenuti su un lotto contenuto di circa 400 metri quadrati. La nuova forma geometrica, frutto della demolizione e ricostruzione di un volume preesistente, è nata dall’esigenza dei giovani committenti di avere uno spazio aperto, protetto da sguardi indiscreti. Due pareti in calcestruzzo armato faccia a vista poste a cinque metri l’una dall’altra – cioè alla stessa distanza che separa la casa dai confini limitrofi – definiscono la struttura del fabbricato e contengono tutti gli spazi abitativi, sia chiusi che aperti, tracciando le linee guida della loro configurazione”.

Con un distinguo. Mentre la parete sud rivolta alla strada di accesso è sagomata agli angoli per consentire alla luce di penetrare in un fronte che resta comunque neutro e cieco, sottratto al confronto con il contesto, la parete opposta mantiene invece l’intero profilo rettangolare e ritaglia all’interno un foro dalla geometria articolata. Ciò permette al muro sul lato nord di dilatarsi in un volume convesso che permette al suo interno l’alloggiamento della scala. La fodera di coibentazione delle superfici interne in calcestruzzo, fuoriuscendo, ha reso possibile coprire plasticamente il vano della scala con una struttura rivestita da una membrana in pvc tensionata a terra.

Le superfici di raccordo tra le due pareti hanno poi dato luogo alle grandi finestrature, determinandone l’orientamento in direzione diagonale. Missione compiuta per i progettisti. Inoltre, è affascinante constatare come l’articolazione della parte chiusa dell’abitazione, 130 metri quadrati circa, ripartiti sui due livelli – la zona giorno al primo e quella notte al secondo – mostri, rispetto allo spazio aperto d’ingresso a livello del giardino, la medesima estetica austera. E un attento impiego dei materiali in chiave di comfort e funzionalità.

Due pareti in calcestruzzo armato faccia a vista poste a cinque metri l’una dall’altra - cioè alla stessa distanza che separa la casa dai confini limitrofi - definiscono la struttura del fabbricato e contengono tutti gli spazi abitativi, sia chiusi che aperti, tracciando le linee guida della loro configurazione."

All’interno, il cemento scabro lascia la scena a leggere pareti in cartongesso tinteggiate in smalto grigio, in una tonalità nordica vicina a quella del pavimento, un linoleum in fibra naturale di caucciù dai toni vibranti tra blu e grigio. La pianta libera, consentita dall’ossatura della casa, regala poi la massima fluidità spaziale e un’ampia flessibilità delle differenti isole funzionali, articolate con arredi su misura: confortevoli imbottiti ultrasoft e selezionati pezzi di design italiano.

Nessun elemento è addossato alle pareti, gli armadi si annidano in porzioni residuali, e una serie di lucernari illumina le zone distributive centrali cieche all’ultimo livello. Una teoria di sistemi lineari a led, ‘batterie di luce industriale’ collocate nella medesima posizione su tutti e tre i livelli, crea negli ambienti texture tattili e intensi chiaro-scuri. La loro progressione ordinata è ben percepibile di sera anche dal giardino interno, quando la facciata con le grandi vetrate dagli infissi in profilato di alluminio grigio esibisce tutte le potenzialità strutturali del calcestruzzo armato.

Le due ‘lame’ di cemento, raggiungendo la quota delle fondazioni, disegnano la cavità della piscina: un’ulteriore eco di modernismo e minimalismo giapponese che anima quest’architettura alla Donald Judd.

Project by Matteo Casari Architetti - Foto di Andrea Martiradonna