Costruite con gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, le Case del Prato - Zirmerhof in Sudtirolo diventano un messaggio olistico di arte, architettura e design nel progetto di AMDL CIRCLE e Michele De Lucchi

Niente è immutabile, ma tutto si trasforma. Ce l’avevano già spiegato Eraclito, l’antico filosofo greco presocratico che ha coniato la celebre frase panta rei (tutto scorre), e poi, in chiave scientifica, il chimico francese Lavoisier nel Settecento. Ecco appunto, Michele De Lucchi con AMDL CIRCLE ha ideato e realizzato le Case del Prato, due piccole architetture che dilatano l’abitabilità dell’Hotel Zirmerhof a Redagno di Sopra nel Sud dell’Alto Adige, con il legno abbattuto dalla tempesta Vaia, che nel 2018, in una sola notte, ha colpito 8,7 milioni di metri cubi di alberi, compresi i meravigliosi boschi dei dintorni.


Michele De Lucchi
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AMDL Circle è il centro di un gruppo di esploratori che la pensano allo stesso modo. Con ogni nuovo progetto, cerchiamo di far crescere la nostra cerchia per includere: artisti, antropologi, umanisti, psicologi e futurologi e chiunque contribuisca all'evoluzione dei nostri progetti. Guidati da Michele De Lucchi con Angelo Micheli ci concentriamo sulle seguenti aree: spazi commerciali, residenziali e culturali, design, ospitalità, infrastrutture, progettazione grafica, luoghi di lavoro, pianificazione urbana. La nostra esperienza nella realizzazione di progetti visionari è supportata dai nostri clienti provenienti da tutto il mondo.

“Il progetto è diventato un modo per rielaborare e amplificare il messaggio di Vaia e di tutti gli altri fenomeni prodotti dal riscaldamento globale, che ci mostrano come la natura stia reagendo ad azioni umane che di naturale hanno ben poco”, ha raccontato De Lucchi. Ma è diventato anche un modo per comunicare quante potenzialità ha il legno, che è la materia prediletta dall’architetto. “Il legno è davvero un materiale bello e vivo da esplorare, perché ha mille segreti”, spiega. “Può modificarsi, cambiare aspetto, trasformarsi, ma ha sempre una seconda vita, anche dopo essere stato abbattuto, tagliato, lavorato, ricomposto”.

Qui De Lucchi l’ha scelto e condiviso insieme ai proprietari dello Zirmerhof, che aveva conosciuto da ospite con amici nel 2005-2006, quando l’incipit di un’opera di confronto e dialogo, idee e proposte, che aveva già aperto relazioni inattese, era lontano dal rovinoso evento di Vaia. Il legno degli abeti recuperati è stato impiegato per costruire travi e pareti portanti delle sei stanze che formano le due Case del Prato, mentre con il recupero dei larici sono stati realizzati casseforme, rivestimenti, pavimenti e pareti interne. Non da ultimo, riprendendo una tecnica di costruzione antica, ancora utilizzata, con le scandole di larice sono state rivestite le due coperture che imprimono una forma morbida e tondeggiante alle Case.

La prima, circolare, ha due suite disposte su due livelli; la seconda, lineare, è composta da quattro appartamenti sempre su due livelli e uno spazio di convivialità, centrale a tutta altezza. Ma entrambe condividono elementi comuni, quali le terrazze panoramiche al piano superiore e le arcate del porticato continuo a piano terra. Nel progetto il grande tema della sostenibilità si è dunque declinato e risolto con materiali a chilometro zero legati a uno specifico territorio e a intelligenze locali. L’architetto Robert Veneri ha guidato un team di professionisti-artigiani selezionati tra quelli storicamente attivi nella zona.

“È stata la più grande soddisfazione, perché sono stati proprio loro i primi, una volta completato il lavoro, a dirsi orgogliosi del risultato: il primo segnale che la cosa funzionava”, ricorda De Lucchi. E aggiunge: “È molto affascinante la libertà di linee e geometrie che ti consente l’utilizzo delle scandole e soprattutto la loro metamorfosi cromatica nel tempo. Si dice che la scandola cambi negli anni acquisendo un accento virante sul grigio argenteo a seconda della quantità di luce della luna piena che ne incide la superficie bagnata. Ma è destinata a durare a lungo proprio perché è formata da tre strati leggerissimi, solo strappati, senza tagli, quindi impermeabili alle infiltrazioni dell’acqua piovana che scivola via senza intaccare la fibra del legno”.

È molto affascinante la libertà di linee e geometrie che consente l’utilizzo delle scandole e soprattutto la loro metamorfosi cromatica nel tempo. Si dice che la scandola cambi negli anni acquisendo un accento virante sul grigio argenteo a seconda della quantità di luce della luna piena che ne incide la superficie bagnata."

Nella percezione complessiva, i volumi sinuosi coperti dalle scandole di larice sono diventati così due sculture architettoniche che aprono nuovi orizzonti. Vuoi perché si adagiano lungo il prato in declivio, davanti al grande maso storico dell’hotel, con viste sul paesaggio boschivo della Valle dell’Adige coronato dalle cime dolomitiche, dando l’immagine di altri due piccoli rilievi, ritagliati dai riquadri dei serramenti, che non arrecano disturbo agli occhi e alla mente. Vuoi perché perimetrano una ideale piazzetta di accoglienza per gli ospiti, sostituendosi al vecchio e impattante parcheggio, ricollocato in una zona laterale defilata.

Nella percezione complessiva, i volumi sinuosi coperti dalle scandole di larice sono diventati così due sculture architettoniche che aprono nuovi orizzonti. Vuoi perché si adagiano lungo il prato in declivio, davanti al grande maso storico dell’hotel, con viste sul paesaggio boschivo della Valle dell’Adige coronato dalle cime dolomitiche, dando l’immagine di altri due piccoli rilievi, ritagliati dai riquadri dei serramenti, che non arrecano disturbo agli occhi e alla mente. Vuoi perché perimetrano una ideale piazzetta di accoglienza per gli ospiti, sostituendosi al vecchio e impattante parcheggio, ricollocato in una zona laterale defilata.

“Mi piaceva l’idea di un borgo a 1600 metri di altezza immerso nella calma, nel silenzio e nella bellezza, nei profumi e colori della natura”, riconosce De Lucchi. “Lo Zirmerhof è un luogo ispirazionale, dove vai soprattutto per condividere un’esperienza che ti fa sentire bene, lontano dalla frenesia della città. Tant’è che il Padiglione Zero e l’Expo Center per Expo Milano 2015 li ho progettati proprio qui, dove ci sono molti tavoli uno diverso dall’altro, perché intorno al tavolo succede tutto, mangi, parli, disegni; il tavolo è un centro spontaneo di aggregazione scalabile di dimensioni, dalla piazza fino al tavolino piccolo di fronte alla stufa”, conclude.

Negli interni delle Case del Prato la benefica carica rivitalizzante del posto diventa ancora più forte. Qui ogni dettaglio – oggetti piccoli e grandi, tra cui letti, imbottiti, armadi, lampade, tappeti e tessuti – è stato studiato custom per ritrovare una sinergia con la storia e la sensibilità del luogo, armonizzando con le essenze di cembro, abete rosso, larice e noce nazionale scelte per caratterizzare in modo univoco ciascuna stanza, dove la tecnologia necessaria c’è, ma è integrata e invisibile.

“Il disegno degli interni si è tradotto in un’installazione d’autore che completa la visione architettonica”, prosegue Pico De Lucchi, direttore generale di Produzione Privata, il laboratorio sperimentale di Michele De Lucchi nato nel 1990 e oggi diventato un vero brand, con una settantina di prodotti in catalogo tutti realizzati nel rispetto dei valori originali con sapienza artigianale e materiali di derivazione naturale, sempre più apprezzato worldwide, dal Giappone all’Australia. “Per lo Zirmerhof abbiamo prototipato, ingegnerizzato e autoprodotto 17 oggetti unici con 127 varianti e 14 tappeti differenti, il tutto in sei mesi di cui tre di Covid lockdown”, continua.

Il progetto è diventato un modo per rielaborare e amplificare il messaggio di Vaia e di tutti gli altri fenomeni prodotti dal riscaldamento globale, che ci mostrano come la natura stia reagendo ad azioni umane che di naturale hanno ben poco."

“Ci siamo riusciti proprio in virtù dell’approccio olistico al progetto che contraddistingue la ricerca di AMDL CIRCLE. Tra architettura, interni e design, formiamo un gruppo di lavoro trasversale, collaborativo e sinergico in costante evoluzione. E in questo senso, rispetto agli esordi, anche Produzione Privata ha cambiato prospettiva: a partire da un’occasione specifica di progettazione, prima studiamo il quadro di riferimento e da lì ricaviamo l’oggetto che potrà poi essere riadattato in un altro contesto. Questo approccio ci consente di creare dei palcoscenici aperti, dove spesso interveniamo anche nella grafica e nello storytelling, che fanno crescere gli oggetti e gli interni insieme all’architettura. Traduciamo questo approccio anche in chiave artistica, come è successo nella recente mostra ‘1+1+1/2020’ da Assab One a Milano, dove abbiamo creato un’installazione che indaga i rapporti tra popoli, design e architettura, realizzata con i tappeti prodotti da Jaipur Rugs e Jaipur Rugs Foundation, il più grande network di artigianato femminile e maschile in India che supporta 40.000 artigiani del tappeto sparsi in 600 villaggi. È il nostro modo di essere contemporanei.

Nelle Case del Prato mi piace ricordare la lampada in pergamena a forma di candela e goccia che abbiamo disegnato ad hoc per i comodini a fianco dei letti. Molti sono stati poi i mobili prodotti su disegno in legno di noce nazionale non trattato e caratterizzati dall’elemento a bacchetta tipico degli arredi locali. Sono stati pensati per accostarsi con un carattere di modernità formale a quelli tradizionali già presenti nel maso. Solo che i nostri sono stati lavorati in pianura e poi portati in montagna; fatti a mano dagli artigiani che seguono Michele dai tempi di Memphis”.

Progetto AMDL Circle e Michele De Lucchi - Coordinamento progetto esecutivo e direzione lavori Robert Veneri - Foto Max Rommel