Lo strumento architettonico più imponente è la foggara, sistema di gallerie sotterranee che convoglia l’acqua dai bacini di raccolta, si irradia nel terreno, passando sotto le abitazioni, creando pozzi e permettendo alle costruzioni in terra cruda di raffrescarsi. All’uscita del villaggio, l’acqua viene ripartita in canalizzazioni a cielo aperto che intrecciano le logiche di distribuzione con la struttura sociale. I canali, sapientemente suddivisi dai maestri d’acqua, raccontano un’idrogenealogia, il succedersi delle generazioni, rafforzando i legami della comunità e tramandando simbologie. Come un giardino della memoria, l’oasi trascrive nello scorrere dell’acqua la sua storia.
Tutto questo potrebbe essere risolto con una pompa meccanica? Certo sul breve termine funzionerebbe, ma la velocità meccanica di assorbimento, non permettendo l’autorigenerazione, porterebbe a una maggiore desertificazione del suolo.