Poche altre città hanno una così forte presenza dell’ambiente naturale. Se si considera la sua geografia così peculiare, non sorprende quindi che Matera abbia vinto la nomina a Capitale Europea della Cultura grazie a un programma che rigettava esplicitamente nuove edificazioni. Spesso infatti questo tipo di investiture diventa un’occasione per costruire immobili e infrastrutture di alto profilo architettonico ma dal lascito incerto, come fu nel caso di Marsiglia, Capitale della Cultura nel 2013.
Il dossier di candidatura di Matera, sviluppato sotto la direzione artistica di Joseph Grima, parla invece di riuso degli edifici esistenti e recupero di spazi ‘dimenticati’ come le cave di pietra. Matera 2019 è molte cose, ma è soprattutto un esperimento del fare architettura senza volume.
Del resto, Matera ha un rapporto complesso con l’architettura moderna. Come è noto, a partire dal 1952, anno della “Legge speciale per il risanamento dei Sassi”, gli abitanti dei Sassi furono evacuati e trasferiti nei quartieri della città moderna. Sulla scorta del successo di Cristo si è fermato a Eboli, che descrive i Sassi come una sorta di inferno dantesco, il governo guidato da Alcide De Gasperi fece della modernizzazione di Matera una delle proprie iniziative di spicco.
Sebbene sia gli stessi studiosi chiamati ad analizzare i Sassi sia molti degli abitanti avessero sostenuto la possibilità di ristrutturare le abitazioni, il governo insistette sulla necessità dello sfollamento, facendo leva sull’immagine negativa che le ‘caverne’ avevano per un Paese che stava faticosamente cercando di costruirsi un’identità moderna.
L’espansione di Matera coinvolse alcuni dei più importanti architetti italiani del periodo, come Carlo Aymonino, che progettò il rione Spine Bianche, e Ludovico Quaroni, autore del borgo rurale La Martella. Quest’ultimo in particolare fu un esperimento riuscito solo in parte: nonostante alcuni edifici esemplari, come la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli, molti dei servizi pubblici previsti non furono mai costruiti, e la visione idealistica di ricreare ex novo la vita comunale dei Sassi rimase sulla carta.
Quello che Carlo Levi e i politici dopo di lui, concentrandosi sull’aspetto sanitario, non avevano visto, fu che le abitazioni dei Sassi costituivano un sistema sofisticato e ben integrato con l’ambiente naturale circostante. Il risanamento migliorò sì le condizioni materiali dei materani, ma al costo di spazzare via una cultura millenaria.