Potrebbe essere un altro simbolo della nuova Milano – verde, sostenibile, orientata al futuro – il progetto che Stefano Boeri e Liz Diller hanno messo a punto per il complesso di Pirelli 39 per Coima. Ma ci sono incognite

È decisamente ambizioso il progetto che Stefano Boeri (Stefano Boeri Architetti) ed Liz Diller (Diller Scofidio + Renfro DS+R) hanno presentato oggi per Coima e che prevede il rifacimento dell’immobile in via Pirelli 39: quello “a ponte” su via Melchiorre Gioia, il cosiddetto Pirellino, gigante abbandonato che interrompe bruscamente il perimetro della Milano glitterata di Porta Nuova e del suo cuore verde, la Biblioteca degli Alberi.

Pirelli 39 è ambizioso perché mette al centro la sostenibilità e il paesaggio, come è lecito aspettarsi dai creatori del Bosco Verticale e della High Line di New York. Ma soprattutto perché è costruito sull’idea che benessere pubblico e cultura debbano essere centrali anche nelle iniziative private.

Il progetto prevede infatti, oltre alla riqualificazione della torre esistente (che sarà adibita a uffici) e all’aggiunta di una seconda (a uso residenziale), la trasformazione del ponte in un giardino botanico pubblico e spazio per eventi a carattere culturale-scientifico, nonché la riqualificazione di tutta l’area paesaggistica circostante.

Pirelli 39 vedrà la luce in questa veste solo se riuscirà a ottenere i finanziamenti previsti dalla norma aggiungi-volumetrie relativa all'articolo 40 bis della legge regionale 12/2005. Cioè se le istituzioni considereranno “in stato di abbandono” gli immobili del complesso e quindi idonee a ricevere gli incentivi. In caso contrario, la parte “pubblica” del progetto (sostanzialmente il ponte) non vedrà la luce.

Sul piatto, lato fruizione pubblica, durante la presentazione del progetto a cui erano presenti anche le istituzioni, è stato messo tantissimo: la riduzione di via Melchiorre Gioia tra sei a quattro corsie per fare spazio a filari di alberi e piste ciclabili, percorsi pedonabili in tutta la zona, che verrà trasformata in area verde, una nuova torre – quella residenziale, con i primi tre piani pubblici  – che idealmente riprende la “logica botanica” della Biblioteca degli Alberi di cui diventerà, insieme al ponte-giardino botanico, una logica continuazione, aperta a tutti.

Il ponte, rialzato rispetto a quello attuale con una copertura a serra, diventerà un hub al servizio della città, con spazi aperti per eventi e mostre, aree per incontri e wellness, un laboratorio per la condivisione di informazioni sull’impatto climatico e ambientale. “Le serre del XXI secolo devono essere esperienze immersive, educative, interattive e innovative dedicate al racconto delle specie”, ha detto Liz Diller.

Al paesaggio è anche dedicata la nuova torre residenziale con i suoi 1.700 mq di vegetazione che assorbiranno 14 tonnellate di CO2 e produrranno 9 tonnellate di ossigeno l’anno (l’equivalente di un bosco di 10 mila metri quadrati). Ai cittadini, questo “giardino all’italiana verticale” offrirà lo spettacolo di cromie che cambiano con le stagioni grazie alle specie botaniche che lo allestiranno, scelte in base alle fioriture.

Con 2.770 mq di pannelli fotovoltaici la torre sarà in grado di autoprodurre il 65% del proprio fabbisogno energetico. L’edificio prevede parti strutturali in legno che ne diminuiranno il carbon footprint, tra cui 1.800 metri cubi di legno dei pavimenti che consentiranno di risparmiare fino a 3.600 tonnellate di biossido di carbonio nelle fasi di costruzione.

La torre attuale verrà ampliata ma non perderà la sua caratteristica facciata finestrata: per aumentarne la superficie verrà infatti aggiunto quello che Liz Diller ha definito “un elemento essenziale alla James Turrell” sulla parte nord, quella non caratterizzante e attualmente rivestita di alluminio.

“Abbiamo immaginato una rigenerazione urbana senza consumare un metro di suolo e facendo tre cose”, ha spiegato Stefano Boeri. “Rimettere a nuovo un edificio che ha segnato la storia dell’architettura moderna italiana, creare una torre con i piedi nel parco, in grado di rilanciare quella che è la più grande sfida per le città oggi, cioè mettere in relazione architettura e botanica. E, infine, trasformare per la prima volta un ponte in uno spazio verde aperto al pubblico, dandogli finalità culturali, educative e di intrattenimento”.