Uomo di montagna, profondamente legato alla Carnia dove la sua famiglia ha origine e dove si apparta ogni volta che può, Luigi Molinis nasce a Udine nel 1940 e, terminato il liceo classico, si trasferisce a Venezia per frequentare la facoltà di architettura.

Una fortuita vicinanza gli fa incontrare il pittore Mario De Luigi, cinquantenne ormai famoso, con il quale instaura un’istintiva affinità. De Luigi lo introduce ai segreti della pittura e, usando chiodi di gondola, gli insegna la tecnica del ‘grattage’ con cui togliere il colore per arrivare alla luce. Memorabile rimane il pavimento in legno dipinto che De Luigi realizza per il plastico interpretativo della basilica romana di Santa Maria degli Angeli, con il quale il ventenne Molinis sostiene l’esame con il severo Bruno Zevi, che per lui spenderà l’aggettivo “geniale!”. Il suo relatore di laurea è Carlo Scarpa con cui diviene architetto nel fatidico 1968, con una tesi su un motel galleggiante per imbarcazioni da diporto. L’anno dopo entra come disegnatore industriale nel team Zanussi dove sarà il giovane collega di Isao Hosoe e Andries Van Onck sino al 1980. Lasciata la fabbrica e diventato progettista indipendente, lavora con grande capacità innovativa presso Ceramica Dolomite e nel tempo succede a Gino Valle come design director alla Rhoss. Molinis è fra i pochi designer italiani (oltre a Nizzoli, Sottsass, Zanuso e Bellini in passato, Pininfarina, gli altoatesini MM Design e i giovani brianzoli di Altromodo, oggi) a dialogare con la dimensione e la problematica dell’industria. Curata da Marco Minuz e Ivo Boscariol, organizzata dall’Ufficio Cultura del Comune di Pordenone, la mostra è stata organizzata dal 18 giugno al 28 agosto 2011 presso la nuova Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone “Armando Pizzinato”. I curatori per la prima volta hanno messo in scena l’affascinante produzione di Molinis, comprese le bellissime tavole illustrate e i disegni di prodotti e architetture colorati a mano su grande formato. La mostra ha messo in evidenza l’estensione dei suoi lavori e la meraviglia del suo esistere, che è la mediazione incessante fra la galassia della sua mente e la certosina capacità di creare, nonostante lamenti e divagazioni, una cospicua mole di opere, spazi e manufatti. Il tutto senza strutture, senza torme di collaboratori, allievi e stagisti. In questo fra i suoi disegni liberi, di argonauti subacquei o città del futuro, e quelli industriosi, di televisori e ventilconvettori, di lavandini e scaldabagni, non vi è differenza. Sono tutti lavori pazienti, manuali, tracciati in lunghissime ore di lavoro solitario, come lui stesso racconta: “Non so nemmeno io come sia possibile, ma mi metto lì, con grande calma e divento preciso, minuzioso. Probabilmente riemerge in me l’arcaica matrice ‘fabbrile‘ dell’artistaartigiano friulano”. Dalla sua mano, dopo l’ineluttabile confronto con tecnici scettici, uomini di marketing preoccupati e per fortuna anche qualche imprenditore illuminato e coraggioso, sono venuti alla luce prodotti quasi sempre portatori di nuovi linguaggi, rotture, anticipazioni. Molinis è un uomo imbevuto di classicità, ma da essa sfugge, con opere e parole: “Sono un classico che dentro la classicità si annoia. Devo uscire dai confini del déjà vu. Ho un irresistibile desiderio di fare quello che non c’è. Il mio lavoro sfiora l’eresia e io sono eretico anche senza volerlo, senza presunzione, sono orfico di natura”. Ad essere sinceri, gli oggetti significativi disegnati da Luigi Clemente Molinis non sono tanti, una trentina al massimo. Ma tutti sono densi di significato, a partire dai suoi primi lavori: la serie dei televisori tondi per Seleco, che ha ispirato il titolo della mostra: “Niente centrini sul televisore“. Comparsi nell’anno dell’allunaggio umano, i suoi televisori, dalla forma di globo oculare, miravano infatti ad uscire dal giogo dell’elettrodomestico squadrato e legnoso tipico del mobilio domestico. La serie di sanitari, vasca, lavabi e accessori bagno Ebla, prodotta da Ceramica Dolomite a partire dl 1987, ha anticipato tendenze di proporzioni e rettangoli che sarebbero poi fioriti dieci anni dopo. Ma il suo progetto di maggiore successo è con ogni probabilità il ventilconvettore Brio, fabbricato da Rhoss nel 1993. Le macchine esistenti all’epoca erano tutte spigolose e incolori. Molinis, in virtù della sua eresia gentile, iniziò con lo smussare gli angoli, dando al noioso parallelepipedo un’aria più aggraziata; poi, anziché fare la solita griglia di aerazione a lamelle ostili, ne disegnò una composta da sette tubicini plastici che conferiscono un senso di fluidità; infine, con tocco da pittore, inserì la gioia del colore, vivacizzando in un attimo la grigiastra indole di tutti i condizionati condizionatori!. Tra le opere più recenti, assai intrigante è il radiatore Medusa disegnato per Irsap: un cerchio con rete a maglie larghe appeso al muro, direttamente ispirato ai setacci ma con maglie più spesse. Tutto, oggetti, case, arredi, è dapprima disegnato e colorato a mano, con perizia mista di architetto e pittore. Nelle lunghe pause dall’industria, il suo spirito inquieto dà forma a narrazioni a fumetto, alle illustrazioni per Linus e Humor Graphic, a poesie, per arrivare, negli ultimi anni, a grandi tele di fluide masse colorate dipinte ad olio. Al di là del tanto e del poco, quello che merita del lavoro di Molinis è la vastità del percorso, la libertà di pensiero, la precisione compositiva, la forza narrativa del progetto, lo stupore, a volte inquieto, che sa suscitare. Doti, queste, che lo hanno portato a essere un punto di riferimento per i tanti giovani che affollano i suoi corsi di design e architettura presso la facoltà di ingegneria dell’Università di Udine e per tutti coloro che esplorano i percorsi mentali e materici attraverso cui il talento artistico si esprime.