Il lavoro di Neïl Beloufa, fortemente influenzato dalla dimensione del web, dei videogames, della reality tv e della propaganda politica, utilizza il vocabolario dell’era dell’informazione per svelare il sistema di valori di una società pervasa dalla tecnologia digitale dove tutto, dalle scelte alimentari alle relazioni umane, è definito in base a un algoritmo. In questo processo l’artista si definisce un editor, un montatore che assembla informazioni attingendo a ciò che già esiste per poi scomporlo e ri-presentarlo senza alcun giudizio di natura morale.
L’intento è generare un cortocircuito all’interno di scenari consueti, mandare in tilt le supposizioni comunemente accettate come veritiere e restituire allo spettatore la libertà di costruire nuove relazioni e significati personali. Il pubblico si trova così all’interno di installazioni immersive che restituiscono una visione frammentata del reale, un universo popolato di pop-up e sistemi di telecamere a circuito chiuso CCTV studiati per rappresentare sia la libertà di un’organizzazione apparentemente casuale che la dimensione di controllo che vi si cela.