Architettura, design, arte, food. Manca solo la moda per chiudere il cerchio...
È vero, manca solo la moda. Che non è esclusa. È un ambito progettuale cui la pietra può accostarsi. Esistono già sperimentazioni che riguardano occhiali e gioielli. Potrebbe essere possibile un allargamento in quella direzione. La moda potrebbe diventare un veicolo di forte comunicazione e valorizzazione della materia litica. Sarebbe una bella sfida, che oggi si può affrontare meglio che nel passato. La tecnologia lo permette, consente alla pietra di essere lavorata in modo preciso, nel minimo particolare. È un tema interessante da sviluppare.
Aziende, progettisti, designer, tecnologia all’avanguardia: un mix articolato e complesso. Qual è il segreto per gestire i diversi protagonisti, creare un’alchimia ideale e ottenere risultati di qualità?
Ci sono diversi fattori. Una fiera che funziona, un padiglione come “The Italian Stone Theatre” che attrae. Per le aziende, i progettisti e i creativi, partecipare è importante. Esserci è utile in termini di visibilità e sperimentazione, una sperimentazione che altrimenti è difficilmente praticabile. Le aziende si aggregano intorno ai progetti collaborando con entusiasmo, con investimenti economici importanti. Un’alchimia che nasce anche dall’unicità di questa manifestazione a livello internazionale. Le difficoltà vengono superate dalla straordinarietà dell’evento, dietro il quale c’è un lungo e complesso lavoro di conoscenza delle aziende, di scelta dei progettisti. Occorre accettare la sfida e affrontarla al meglio. E questo è un ‘miracolo’ in un settore in cui è estremamente difficile fare sistema. In un’occasione come questa, invece, le barriere cadono.
“The Italian Stone Theatre” giunge ora alla quinta edizione: un bilancio e progetti per il futuro.
Il bilancio generale è positivo. Pochi gli aspetti negativi: tra tutti, forse, aver proposto inizialmente alle aziende investimenti eccessivi, per cui qualcuna si è allontanata e persa negli anni. Ora, infatti, l’attenzione è calibrare l’impegno economico di ogni impresa affinché possa essere rinnovato nel tempo. In positivo ci sono la risposta dei visitatori, l’aumento delle aziende partecipanti, l’ente fiera che all’inizio era titubante e ora ritiene la mostra un’eccellenza. Per il futuro, mi auguro una maggiore apertura alla sperimentazione, una sempre migliore capacità di fare sistema tra le aziende. E, soprattutto, una più ampia internazionalizzazione: al momento i produttori sono solo italiani. Vorrei che la dimensione diventasse più globale. “The Italian Stone Theatre” rimarrebbe, si potrebbero creare altre aree più vocate all’internazionalità, che mettano in luce la tecnologia italiana diffusa e utilizzata a livello mondiale.