Naturality: questo il tema della quinta edizione di The Italian Stone Theatre, nell’ambito di Marmomac a Verona dal 25 al 28 settembre. A Raffaello Galiotto, curatore del Padiglione 1 insieme con Vincenzo Pavan, abbiamo chiesto di raccontarci come sarà la mostra-evento 2019

Quale sarà la principale novità di “The Italian Stone Theatre” a Marmomac 2019?
La novità principale è il tema di questa edizione: Naturality. Tutti i lavori sono orientati a raccontare la naturalità della pietra: vedremo le opere dei vari progettisti che con sensibilità diverse lo interpreteranno e cercheranno di raggiungere l’obiettivo finale.

Naturality: qual è il significato e come verrà declinato?
La novità è cercare (attraverso design, architettura, arte) di far emergere la forza intrinseca della pietra naturale, facendo collaborare la creatività umana con quella della natura, che mette in campo dinamiche straordinarie dando vita a una materia come la pietra, sorprendente nei colori, nelle forme, nelle composizioni. Anche l’allestimento si adeguerà al racconto, con una sorta di ambiente verde allusivo che veicoli il messaggio: nella zona di ingresso ci sarà una grande siepe-prato alta un metro e 20, con ciuffi di graminacee e vialetti che il visitatore dovrà attraversare prima di avere accesso alle mostre. Si entra nella natura e si scopre la materia litica.

Come si articolerà il Padiglione 1 tra installazioni di architettura, design e percorsi d’arte?
Non ci saranno prodotti finiti o sperimentazioni già presentate, ma processi inediti realizzati ad hoc per l’evento. Una mostra multidisciplinare, multitematica: una pluralità di declinazioni progettuali che affrontano i temi del design industriale come prodotto potenzialmente seriale, dell’architettura, dell’arte come sperimentazione. Ci saranno poi il food con il Ristorante d’Autore e il Wine Bar. Infine l’area forum e uno spazio relax. L’allestimento generale è realizzato in collaborazione con Aiapp - Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. È il primo anno che Aiapp partecipa, proprio in virtù del motivo di una naturalità espressa attraverso i percorsi verdi cui accennavo prima.

Architettura, design, arte, food. Manca solo la moda per chiudere il cerchio...
È vero, manca solo la moda. Che non è esclusa. È un ambito progettuale cui la pietra può accostarsi. Esistono già sperimentazioni che riguardano occhiali e gioielli. Potrebbe essere possibile un allargamento in quella direzione. La moda potrebbe diventare un veicolo di forte comunicazione e valorizzazione della materia litica. Sarebbe una bella sfida, che oggi si può affrontare meglio che nel passato. La tecnologia lo permette, consente alla pietra di essere lavorata in modo preciso, nel minimo particolare. È un tema interessante da sviluppare.

Aziende, progettisti, designer, tecnologia all’avanguardia: un mix articolato e complesso. Qual è il segreto per gestire i diversi protagonisti, creare un’alchimia ideale e ottenere risultati di qualità?
Ci sono diversi fattori. Una fiera che funziona, un padiglione come “The Italian Stone Theatre” che attrae. Per le aziende, i progettisti e i creativi, partecipare è importante. Esserci è utile in termini di visibilità e sperimentazione, una sperimentazione che altrimenti è difficilmente praticabile. Le aziende si aggregano intorno ai progetti collaborando con entusiasmo, con investimenti economici importanti. Un’alchimia che nasce anche dall’unicità di questa manifestazione a livello internazionale. Le difficoltà vengono superate dalla straordinarietà dell’evento, dietro il quale c’è un lungo e complesso lavoro di conoscenza delle aziende, di scelta dei progettisti. Occorre accettare la sfida e affrontarla al meglio. E questo è un ‘miracolo’ in un settore in cui è estremamente difficile fare sistema. In un’occasione come questa, invece, le barriere cadono.

The Italian Stone Theatre” giunge ora alla quinta edizione: un bilancio e progetti per il futuro.
Il bilancio generale è positivo. Pochi gli aspetti negativi: tra tutti, forse, aver proposto inizialmente alle aziende investimenti eccessivi, per cui qualcuna si è allontanata e persa negli anni. Ora, infatti, l’attenzione è calibrare l’impegno economico di ogni impresa affinché possa essere rinnovato nel tempo. In positivo ci sono la risposta dei visitatori, l’aumento delle aziende partecipanti, l’ente fiera che all’inizio era titubante e ora ritiene la mostra un’eccellenza. Per il futuro, mi auguro una maggiore apertura alla sperimentazione, una sempre migliore capacità di fare sistema tra le aziende. E, soprattutto, una più ampia internazionalizzazione: al momento i produttori sono solo italiani. Vorrei che la dimensione diventasse più globale. “The Italian Stone Theatre” rimarrebbe, si potrebbero creare altre aree più vocate all’internazionalità, che mettano in luce la tecnologia italiana diffusa e utilizzata a livello mondiale.