La sua tesi secondo cui “lo spazio non esiste ma si può costruire” si è tradotta nella trasformazione di un interno domestico di medie dimensioni, segnato da un'infilata di cinque balconi, in una grande loggia che instaura intense relazioni reciproche con il palcoscenico urbano visibile oltre le vetrate. “Una casa non è solo proprietà o spazio di comfort ma è anche identità", riconosce. "Quando ho intercettato questo appartamento dalla posizione insolita in un palazzo d'angolo anni Cinquanta a metà strada tra Caiazzo e Centrale, stazioni della linea 2 verde della metropolitana, ho subito compreso che il mio rapporto con Milano e con l'architettura avrebbe trovato un'espressione diretta.
La sua conformazione complessa, una planimetria pentagonale tra due stecche laterali, che si piega e si apre in modo convesso a occidente verso la stazione Centrale, il grattacielo Pirelli, la torre di UniCredit, la città che sale e di fronte sul Palazzo Montedoria, consentiva di introiettare una molteplicità di proiezioni e suggestioni urbane, tra piani-sequenza e scorci”. Il tutto riportato dentro la grande libertà di una composizione spaziale aperta, fatta di ambienti resi passanti e dalla circolazione fluida, mix use, che appartiene da tempo alla ricerca dell’architetto in ambito domestico.