L’architetto brasiliano Marcio Kogan, a capo di mk27, lo studio da lui fondato, ha scritto per noi un testo-riflessione sul traffico urbano nella terza città più grande del mondo.

Per scrivere questo articolo, decido di prendere la macchina per visitare i luoghi più straordinari di San Paolo, le sue meravigliose opere architettoniche, le sue storie, la sua vita pulsante, i suoi più bei musei, i ristoranti, i bar, ecc. Si parte! Esco dal garage e la strada è già tutta intasata. Resto lì, cercando uno spazio per inserirmi, disorientando il ragazzino grassottello che cerca di proseguire la sua passeggiata. Mi guarda male, ma in fin dei conti non è questo il momento per mettersi a passeggiare. Dopo qualche istante, riesco a entrare nella via, ma continuo a rimanere fermo. Oggi sembra essere un giorno fortunato, di solito il congestionamento inizia già all’interno del garage, nella rampa di uscita dal sottosuolo. Il ragazzino grassottello cade infilando il suo delicato piedino in un buco del selciato. Si alza ed è tutto sbucciato sul ginocchio; sembra che anche lui sia arrivato alla conclusione che non avrebbe dovuto fare nessuna passeggiata, in fin dei conti le nostre strade non sono state create per questo. Alcuni anni fa, un certo amministratore pubblico, del quale nessuno ricorda il nome, ebbe la splendida idea di esonerare il Comune dalla responsabilità della manutenzione delle strade. Sarebbe stato un gran risparmio per le casse pubbliche! Di conseguenza, ogni proprietario si occupa della facciata del proprio palazzo, realizzando così un bell’assemblage di colori, forme, topografie, che rispecchiano il rapporto tra il gusto e la cura di ogni casa, di ogni edificio, con la città. Se Levi Strauss affermò che le città americane nascono già come rovine, lo stesso si potrebbe dire della situazione delle strade a San Paolo. Ma lasciamo stare quest’argomento, torniamo al punto: la macchina; non i pedoni. Riesco ad avanzare ancora di qualche prezioso metro. Guardo un edificio neoclassico, probabilmente in stile fine XVIII secolo, costruito due anni fa. Mi torna in mente una situazione incredibile di quando stavano iniziando a costruire quest’opera. Un sabato mattina, vengo svegliato dal rumore assordante di una motosega che sta tagliando tutti gli alberi centenari presenti sul terreno. Telefono a tutti gli organi competenti ma nessuno risponde. Faccio un ultimo tentativo e chiamo il 190. Dall’altro lato della cornetta c’è un messaggio automatico: ”Siamo occupati in questo momento e non possiamo rispondere”. Quando vivi in una città in cui il servizio di emergenza funziona in questo modo, capisci che il mio atteggiamento era completamente fuori luogo. Ma che importa? Che abbattessero tutti gli alberi! Devo girare a destra alla prossima strada che è completamente intasata. Il semaforo dell’isolato successivo è sincronizzato male e provoca un ingorgo in tutto il quartiere. Ho già provato a protestare, ma non esiste un servizio apposito per questo genere di problemi. Le persone sull’”autobus articolato”, un gigante di 55 metri di lunghezza dotato di ruote, vengono sballottati da un lato all’altro in quello spazio sovraffollato. Dal finestrino dell’autobus, guardano verso il vuoto mentre cercano di arrivare al lavoro. Mostrando una grande intuizione urbanistica, negli ultimi anni i governi hanno riservato alle automobili quasi tutti gli investimenti destinati ai trasporti. È il futuro! Tunnel, nuove strade, ponti strallati, ponti sospesi, viadotti. Intanto, sottoterra, la metropolitana cresce alla velocità spaventosamente bassa di meno di 2,5 km all’anno. Chiunque vorrebbe stare al mio posto, in una macchina ecologica dietro a un camion che espelle la sua dose mortale di ossido di azoto, anidrite solforosa, anidride carbonica, ecc. Alcuni esperti affermano che il diesel fornito dalla Petrobras sia unico al mondo e una specie in estinzione: il suo obiettivo sarebbe quello di inquinare il massimo possibile, forse nel tentativo di diminuire la crescita della popolazione, migliorando così la qualità della vita nelle nostre grandi città. Questa può essere l’unica spiegazione. Riesco a imboccare la strada a destra e mi sento finalmente felice e sollevato. Proseguo per un po’ e la mia macchina cade in un enorme buco di questa via recentemente riasfaltata. All’altro semaforo, un nano violinista cerca di strappare qualche spicciolo agli automobilisti, bloccando ancor più il transito. Un mendicante con le stampelle tenta di sottrarsi alle macchine che ripartono bruscamente verso l’ingorgo pochi metri più avanti. Ultimamente, il Comune ha sostituito tutte le panchine nelle piazze e nei parchi con un modello di recente progettazione, un’opera prima di design relativo alle attrezzature urbane della città contemporanea: una panchina anti-mendicanti sulla quale, grazie al suo formato volutamente scomodo, è impossibile sdraiarsi e difficile rimanere seduti. Mi giro a destra, nella speranza di vedere qualche bella ragazza nella macchina a fianco, ma sia il vetro che la macchina sono neri. La macchina dietro e quella davanti, nere anche quelle. Niente da fare. Sembra una scena di fantascienza. Arrivo alla strada successiva, ovviamente bloccata anche quella. Riuscire ad entrarvi è stata una delle mie più grandi conquiste dell’anno. Alla radio parlano del caos totale sulla litorale a causa di un incidente provocato da una moto. Ogni giorno le stesse notizie, mi sembra di essere fermo nel tempo. Nella corsia opposta, un SUV nero passa all’impazzata nell’unica zona libera di tutto il perimetro urbano; i proprietari di queste macchine si credono i padroni della città, ogni giorno uccidono decine di pedoni. La guerra è guerra, e, a San Paolo, macchine e pedoni sono in guerra. Quattro suore bassine con i loro enormi cappelli entrano in chiesa. Guardo l’orologio in cima al campanile. Giurerei che indichi l’ora sbagliata. Ma niente affatto, l’ora è esatta: 8h27! Alcuni ubriaconi spartiscono la strada di 70 cm con dei pali strategicamente piazzati in mezzo alla stretta via, mentre una donna con un passeggino cerca di aprirsi un varco fra le macchine. Prevedo un disastro. Il Pony Express, completamente impazzito, come sempre, passa svicolando. La donna torna a mettere il passeggino sulla strada. Uff! Lieto fine! Sono già passati 40 minuti e ho fatto a malapena il giro dell’isolato. Abbandono l’idea di scrivere questo articolo. Decido di tornare a casa, proverò ad andare in ufficio a piedi…