Ian Callum, direttore del design Jaguar, racconta come il marchio inglese si è ancora evoluto. Mantenendo la Britishness ma ideando soluzioni quasi sconvolgenti. Per far innamorare i clienti

Alla Milano Design Week 2019 la nuova Jaguar XE è letteralmente “esplosa” per permettere al pubblico di godere appieno della sua Britishness, declinata secondo paradigmi che ne confermano l’ironia, l’inconfondibile stile, oggi reinterpretato senza etichette di genere, e l’indissolubile legame con l’eredità del marchio. In uno scenario in continua accelerazione, il segreto - per Jaguar - è saper parlare a un pubblico più ampio attraverso materiali avanzati, contaminarsi con altre industrie ed evolversi per abbracciare lo stile delle nuove generazioni.

Non c’è da stupirsi dunque se l’installazione pensata da Ian Callum, Jaguar Director of Design, e Andrea Rosati, Jaguar Design Manager, ha unito tradizione e ispirazioni, per ricordare, come dice Rosati, che “anche partendo ogni giorno da un foglio bianco, la tua eredità è sempre dietro a ogni lavoro e ti dirà sempre chi sei”. Ne parliamo con Ian Callum.

Partiamo dall’importanza della Britishness per un brand come Jaguar.

È fondamentale! È il motivo per cui le persone nel mondo comprano le nostre auto. Spesso tanti marchi si dimenticano cosa rappresentano, è un errore. Ma Jaguar stessa si è evoluta dalla Britishness. Quello a cui dobbiamo guardare quando disegniamo qualcosa di nuovo è un equilibrio generale, molto difficile da raggiungere nella realtà moderna: vuoi che la tua auto sia eccitante ma non volgare o aggressiva, bella e sportiva ovviamente, ma mai sfacciata, non deve “urlare” troppo forte. Per gli interni invece dobbiamo essere certi di usare materiali di qualità e l’architettura deve essere semplice. Quando sali in macchina devi essere in grado di assorbirne lo spazio visivamente, deve essere qualcosa che puoi capire a fondo, senza complicazioni. In altre vetture non so su cosa focalizzarmi al loro interno, ci sono così tanti elementi invece di un’unica e grande fotografia, e la gente è confusa.

L’equilibrio è mantenere la Britishness ma adattarla al mondo che cambia?

È molto importante saper adattare la cultura del marchio e allo stesso tempo divertirsi, sorprendere con dettagli nascosti, così come raccontare storie: usiamo spesso elementi del passato – quelli grafici per esempio – e giochiamo su di loro. Disegnare un’auto è un processo di story telling. Ma se perdi di vista la tua eredità alla fine non vai da nessuna parte. In molti si dimenticano del punto di partenza.

Lavora come designer da 40 anni. Qual è la parte più intrigante del lavoro?

Il design stesso è una sfida continua. È un processo in cui prima vuoi emulare, quindi ostentare e infine creare. Emulare significa imparare, poi vuoi fare vedere che hai imparato e dopo cominci a pensare in modo creativo. Voglio sfidare me stesso a ideare qualcosa che amerò e che la gente amerà, e che sia differente. Andando avanti sento sempre di più il bisogno di sconvolgere quello che è stato fatto in precedenza. Non c’è niente di più soddisfacente che avere concepito qualcosa, guardarlo e pensare… è dannatamente bello! E solo le cose belle durano.

Foto Archivio JLR - Testo di Nina Stefenelli