L’architetto Daniel Libeskind ha intrattenuto la platea dell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano parlando della sua esperienza con il colore e con Oikos, azienda per la quale ha recentemente realizzato una nuova tavolozza di 33 colori. Vogliamo raccontare la sua idea di colore lasciando parlare lui stesso, nel flusso libero di parole e pensieri che abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare da un “archiartist” quale Libeskind può essere definito.

“Volevo da tempo lavorare con un team che potesse sviluppare e produrre colore. Claudio Balestri, presidente di Oikos, me ne ha dato la possibilità. Non sapevo però che sarebbe stato così complesso. Il colore è una etica-estetica, diceva Goethe, è simbolo, è allegoria, è qualcosa di spirituale. Nella ricerca fatta con Oikos ho scoperto nuovi significati del colore.

Il processo di creazione di nuovi colori non è arbitrario, prevede regole che nascono dallo studio e da una ricerca sempre in progress. Perché non si crea il colore in sé, ma un colore che si relazionerà con le superfici, con i materiali, elementi che lo modificano, lo cambiano.

E non si finisce mai di creare, di inventare colori nuovi. Con Oikos ho creato colori che non esistevano prima: gialli, blu, rossi mai visti. Anche se il mio colore preferito resta il rosso, il colore della vita, dell’amore.

La mie prime esperienze con il colore sono state quando ancora vivevo in Polonia. Là le strade erano grigie, come gli edifici e come le persone. La città era grigia. Poi a 11 anni mi sono trasferito a Tel Aviv dove ho scoperto i colori. L’azzurro del Mediterraneo, il verde dell’erba nei prati. E ho associato il colore all’idea di libertà. La schiavitù, i regimi non hanno colori. Colore per me significa libertà

Poi, anni dopo, a New York ho studiato il colore. All’università ho compiuto studi che mi avrebbero potuto portare a diventare architetto o artista. Sono diventato architetto, ma l’architettura che cos’è se non un’arte che si pratica a cielo aperto, per le strade con edifici e progetti urbanistici. E ancora oggi continuo a studiare il colore, non si può mai smettere di studiarlo.

Il colore in architettura dipende dalla cultura di un paese. In Africa ho capito l’essenza del colore. Là tutto è colore. A New York invece un edificio colorato è una sfida, viene percepito come qualcosa di pericoloso, di sovversivo. Infatti, spesso gli edifici sono bianchi, sono neutri. Ma il bianco ha dei limiti. Al suo interno c’è spesso sofferenza, violenza, morte come in Moby Dick, la balena bianca di Melville. Sono convinto che il colore tornerà protagonista anche nell’architettura, il mondo è stanco di bianco, spesso associato al dolore, alla punizione, alla fatica di luoghi come ospedali, prigioni, scuole.

Ogni città ha il suo colore. Da emigrante, appena arrivato a New York, la Grande Mela aveva un colore diverso da quello di oggi. A Milano ho dedicato il rosso della mia installazione “Future Flowers” per la mostra-evento Energy for Creativity all’Università degli Studi. Quando venivo qui, negli anni 80, la città aveva un colore verde scuro. Oggi la tavolozza dei colori è diversa. E’ la città che ha cambiato i suoi colori o i colori hanno cambiato la città? E’ difficile stabilirlo.

La mia installazione Future Flowers è rossa, come dicevo. Vi spiego come è nata l’idea di questo progetto: il mondo è regolato dai tic degli orologi, dei computer, degli smartphone. E se questi tic si fermassero, mi sono chiesto? Si percepirebbe lo spazio in maniera diversa, come caos, che per me è una cosa positiva. Con Future Flowers, in collaborazione con Oikos, ho cercato un’idea di spazio nuovo. E’ un esperimento che guarda al passato e si proietta nel futuro, uno spazio dove non esistono i tic degli orologi. Replicabile su larga scala in edifici e architetture.

Il colore del futuro sarà il rosso. Finchè ci sarà vita, ci sarà un rosso profondo. E rosso non significa soltanto “rosso”: senza luce, diventa marone, nero, grigio. Il colore è legato alla luce. Nasce dal fuoco. Quando guardo il cielo, io non vedo l’azzurro, il blu, vedo il rosso. Un colore che contiene tanti colori, in uno spettro che varia dal giallo al viola.

Il colore è tradizione, ma ogni artista gli conferisce un senso nuovo, con modalità “profane”, dissacranti rispetto alla tradizione che viene in questo modo sovvertita e condotta verso la contemporaneità. Il colore è tante cose, ma soprattutto è qualcosa di sovversivo, anche in architettura. E da tutto ciò che è sovversivo nascono idee, progetti e concetti nuovi.

Testo a cura di Danilo Signorello – foto di Efrem Raimondi

gallery gallery
Daniel Libeskind e Claudio Balestri
gallery gallery
Daniel Libeskind
gallery gallery
Daniel Libeskind
gallery gallery
Future Flowers per Oikos
gallery gallery
Future Flowers per Oikos
gallery gallery
Vanke Pavilion