Anticipare il futuro, consolidare i rapporti professionali e personali, lavorare insieme, tutelare il territorio erano i principi chiave del pensiero del manager scomparso

Una grande passione per il lavoro, un modo di fare diretto, un’interpretazione dell’attività aziendale multiforme e visionaria. E un amore per la montagna incondizionato.

Fabrizio Longo, che ci ha lasciati il 31 agosto cadendo da una ferrata sull’Adamello, direttore di Audi Italia da 11 anni, non era soltanto un manager dell’industria automotive.

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Perché per lui, anche se l’obiettivo delle immatricolazioni era prioritario, i modi per raggiungerlo potevano essere anche diversissimi, con un approccio che lo portava a studiare partnership con mondi all’apparenza distanti.

Per esempio il sostegno alle comunità montane, le collaborazioni con aziende in vetta all’innovazione, la partecipazione come main partner di Interni al FuoriSalone di Milano dove Audi, a supporto delle installazioni create da architetti e artisti visionari e innovatori, si faceva promotrice di dibattiti e confronti sul mondo che cambia, invitando anche creativi e pensatori che al paradigma della tecnologia non riservano parole di affetto.

Longo aveva un suo modo di porsi, riflessivo, attento, spiazzante.

La sua filosofia era: “ci credo, si può fare e prima che ci arrivino gli altri. E per quanto riguarda strettamente il mio lavoro, vorrei fare un’ode al presente del mio mondo: l’auto va considerata una portatrice sana di soluzioni avveniristiche!”.

Questo era per Longo il lavoro, anticipare il futuro, consolidare i rapporti professionali e personali, lavorare insieme, tutelare il territorio. Con, alla base, nuovi livelli di consapevolezza.

Questa era la parola chiave. Diceva “È un concetto più ampio di sostenibilità, presuppone una profonda conoscenza del contesto. E implica da parte delle aziende scelte che si traducono in soluzioni realistiche”. Lo ricorderemo anche per questo.