Ritorna il Grand Prix di Casalgrande Padana, la competizione aperta agli studi di tutto il mondo che, dal 1990, mostra il repertorio di possibilità progettuali legate alla ceramica tecnologica

C’è un cielo di migliaia di piastrelle bianche, al 200 di Liberty Street, New York, quartier generale della Associated Press. È il soffitto progettato da TPG Architecture per raccontare, attraverso il design, il lavoro quotidiano, accuratissimo e appassionato, della prima agenzia di stampa al mondo, centosettant’anni di storia e una lunga teoria di premi Pulitzer in bacheca.

Un’opera con il cuore e la tecnologia italiana: la collezione Metalwood di Casalgrande Padana, utilizzata dagli architetti per rimandare, attraverso un sofisticato gioco di contrasti con il nero e il bianco del pavimento, all’universo della tipografia, al lavoro dei giornalisti e a quel processo speciale, avventuroso e romantico, che, dentro un edificio di Manhattan, trasforma i fatti del mondo in racconto.

L’headquarter Ap non è che l’ultimo progetto, in ordine di tempo, premiato, nel 2022, da Grand Prix, il concorso ideato e sostenuto da Casalgrande Padana per portare un faro sulle architetture che meglio sanno valorizzare quell’abaco progettuale ormai universale che è il gres porcellanato, divenuto via via, grazie a realtà come quella emiliana fondata nel 1960, una vera e propria pelle, parte integrante e leva del processo compositivo alla base dell’opera, e non più semplice rivestimento intercambiabile, da aggiungere poi.

Le dodici edizioni dell’evento, e l’elenco dei premiati, rappresentano un repertorio di eccellenze diffuse in tutto il mondo, oltre che un ulteriore catalogo di possibilità – raccolte alla fine di ciascuna edizione del premio in un Creative Book realizzato in collaborazione con Casabella – che ogni autore, architetto o interior designer può valorizzare alla propria maniera.

Per dire: il 2022, anno della vittoria di TPG Architecture – nella sezione Centri commerciali e direzionali – è lo stesso che vede arrivare al secondo posto, nella stessa categoria, un altro progetto di grande valore come l’Experimenta Science Centre di Heilbronn, in Germania, firmato Sauerbruch Hutton, e, al terzo, il quartier generale di Angelini Farmaceutica a Roma, di Studio Transit ed Enzo Pinci.

Nel caso tedesco, le lastre del pavimento sono tagliate a pentagono per generare un pattern variabile che richiama il ricercato dinamismo di un centro interattivo di divulgazione della scienza.

Nel progetto romano, la posa con la tecnica del trencadís – che punta su pezzature disomogenee e varia la dimensione delle fughe – crea un ritmo speciale di linee oblique, angoli irregolari e superfici non perpendicolari tra di loro che gli architetti volevano esaltare.

Ci sono poi, fra i premiati nelle altre categorie (Edilizia pubblica, Residenziale e Rivestimento di facciate), alcune tra le architetture più interessanti a qualsiasi livello del passato recente: la piscina rivestita in ceramica color terra di Augusto Ortoleva, Giuseppe Motta e Studio Cantone-Ortoleva, rilettura della lezione paesaggistica di Luis Barragán immersa nel centro storico di Catania; il Complesso turistico a La Ciotat in Francia di Alfonso Femia, manifesto del “diritto alla materia” per la riscoperta di un design tattile, visivo e simbolico.

Ancora, la riqualificazione della Szent Gellèrt school a Budapest affidata a Csilla Kutlik, Árkád-Terv, dove il pattern del pavimento è un invito a cogliere la bellezza nel luogo simbolo dell’educazione e della crescita.

Vista la qualità dei premiati, ai quali non hanno nulla da invidiare i milleottocento progettisti candidati alla competizione a partire dal 1990, c’è da aspettarsi che anche la nuova edizione del Gran Prix – il bando scade il 31 dicembre –diventi un riferimento per il lavoro futuro di architetti e designer.

Quel che rende il contest un osservatorio speciale sull’evoluzione della ceramica è, del resto, proprio la capacità di intercettare le novità del gres da qualsiasi punto di vista, da quello funzionale e applicativo a quello estetico.

In particolare, come spiega il presidente di Casalgrande Padana, Franco Manfredini, “la giuria deve evidenziare di ogni opera gli elementi di valorizzazione e impiego corretto del materiale ceramico a diversi livelli”: sul piano della creatività, in relazione alla composizione architettonica, al design, allo studio cromatico e delle finiture, al disegno di posa, alla personalizzazione del progetto; sul piano della funzionalità e delle prestazioni tecniche, in relazione alla destinazione d’uso e alla tipologia d’intervento; sul piano della messa in opera, in relazione alla corretta esecuzione, alla tecnica applicativa, allo studio dei dettagli.

Oltre che a testimoniare il rapporto virtuoso con la comunità internazionale del progetto, il Grand Prix è anche il suggello di questo scambio fecondo che Casalgrande Padana coltiva fin dalla nascita e che ha i suoi landmark in Casalgrande Ceramic Cloud e The Crown, le opere, rispettivamente di Kengo Kuma (la prima del maestro giapponese in Italia) e Daniel Libeskind, che introducono il sito produttivo nel paesaggio della campagna emiliana.

Natura, artificio e genio progettuale: un filo da perpetuare nel tempo, con quello speciale abbraccio dal respiro globale che è il Grand Prix.

Foto di copertina: Il recupero e la riqualificazione funzionale dei Docks di Marsiglia, un progetto di Alfonso Femia / Atelier(s) Alfonso Femia. Il complesso di stoccaggio portuale è un territorio di confine tra progetto architettonico e installazione artistica, dove la ceramica è protagonista con due distinte modalità applicative: per frammentazione e ricomposizione del materiale posato secondo un preciso schema applicativo, e per sovrapposizione mediante elementi ceramici eseguiti su disegno, fissati a una speciale sottostruttura metallica. Ph. PLuc Boegly