“L’edificio", spiega Philipp, "è modellato in accordo con il regolamento edilizio della città, e l’irregolarità della pianta, dovuta ai vincoli urbanistici, è diventata l’occasione per generare uno spazio atipico, interessante, dove collocare il vano della scala”, e dove l’anomalia geometrica - le due pareti convergenti - è utilizzata per creare una prospettiva scorciata, un trompe-l’oeil che amplifica le dimensioni dello spazio reale.
Nel suo testo più celebre, il grande architetto viennese Adolf Loos sosteneva che l’ornamento, in architettura, è un delitto. Certamente, nessuno si è mai attenuto a questa sentenza e, tantomeno, lui stesso, autore dei più raffinati interni viennesi di inizio Novecento. Tuttavia, il verdetto di Loos continua a risuonare in progetti che scelgono l’afasia, l’anonimia, l’astinenza, la nudità e la franchezza dei materiali, come in quelli, recenti, di architetti interessanti quali Valerio Olgiati, Christ & Gantenbein o Raphael Zuber. Niente a che vedere, in questo atteggiamento, con il minimalismo ispirato al grande Ludwig Mies van der Rohe che, illuminato dal motto “Less is more”, raggiungeva ineguagliati traguardi di eleganza e straordinaria bellezza.