Per favorire lo sviluppo sostenibile nell’edilizia, uno dei settori oggi più inquinanti, studi di design e aziende esplorano l’utilizzo di materiali alternativi a quelli tradizionali, ricavandoli sia dai rifiuti post-consumo delle attività produttive locali, sia dalle risorse naturali del territorio

L’edilizia è uno dei settori più inquinanti ed energivori, responsabile, solo in Italia, di un terzo dell’anidride carbonica prodotta (fonte Save The Planet). Per uno sviluppo sostenibile, è necessario generare modelli virtuosi sia nella filiera di produzione, sia nello smaltimento degli scarti. E cambiare l’idea stessa sottesa al concetto di scarto. Sempre più realtà medio-piccole europee mostrano materiali alternativi a quelli tradizionali per l’edilizia, che puntano sull’economia circolare e sull’upcycling a filiera corta dei rifiuti post-consumo. A partire dallo studio delle specifiche risorse del territorio. Il produrre su scala locale, pur con modelli e metodologie esportabili, costituisce non solo una riscoperta di tecnologie edilizie del passato, ma anche un passo avanti nel rispetto dell’ambiente.

Atelier Luma, il think tank di Arles, studia nuovi e sostenibili modi di utilizzare le risorse naturali e culturali della bioregione, in particolare provenienti dai rifiuti agricoli. Il laboratorio Specie Invasive propone soluzioni a partire da piante, spesso esotiche, che colonizzano e danneggiano la biodiversità originaria degli ecosistemi in cui si insediano: 1.379 specie nella sola Francia. Queste piante aliene sono spesso estirpate, ma reintegrarle nel sistema produttivo e ambientale può mitigare gli effetti negativi della corrente monocoltura che indebolisce gli ecosistemi, in favore di una gestione mista e ragionata delle piantagioni. Fibre, cere, resine, coloranti, tessuti e materiali compositi sono le prime applicazioni, per adesso nell’ambito dei piccoli oggetti. Tuttavia, poiché sono materiali leggeri, resistenti, pieghevoli, termoformabili, riciclabili e assimilabili al legno, potranno trovare impieghi anche nel settore dell’edilizia.

Fibre, cere, resine, coloranti, tessuti e materiali compositi sono le prime applicazioni, per adesso nell’ambito dei piccoli oggetti. Tuttavia, poiché sono materiali leggeri, resistenti, pieghevoli, termoformabili, riciclabili e assimilabili al legno, potranno trovare impieghi anche nel settore dell’edilizia."

Analogamente la tifa, comunemente nota come canna o giunco, è una pianta a crescita rapida che fiorisce nelle zone acquose della Frisia nei Paesi Bassi. Dijkstra Draisma e lo Studio Tjeerd Veenhoven la stanno impiegando come isolante per pareti intercapedine, producendo con basse emissioni di CO2 e basso consumo di energia e trasferendo la catena del valore a livello locale. Sempre nell’ambito degli isolanti termoacustici, Naturtherm Wo di Manifattura Maiano ripropone una delle materie prime più antiche, utilizzata anche nelle costruzioni primitive: la lana di pecora. Rinnovabile e riciclabile, è elastica e traspirante e costituisce un’ottima fibra climatizzante con capacità igroscopica. Oppure, l’azienda belga Gramitherm propone pannelli isolanti semirigidi per l’edilizia a partire dall’erba secca approvvigionata dagli agricoltori locali. Sempre dall’erba secca e dai fiori, in questo caso delle Alpi, l’azienda austriaca Organoids realizza una serie materiali da rivestimento.

Se si pensa poi ai danni ambientali generati dagli allevamenti dei grandi animali, perché non provare a ricavare dal letame nuovi materiali? E con metodi produttivi a bassa energia. È il caso di Manureality, un composto che ricorda il cartone, ricavato per l’80% da letame di cavallo, gesso, acqua e colla solubile, con proprietà simili al truciolato o all’mdf. È stato sviluppato da Martijn Straatman studiando le antiche tecniche di costruzione in Africa, Sud America e Asia, che utilizzano letame e fibre. Deriva da scarto animale anche Scalite, un materiale composto al 100% da squame di pesce, sottoprodotto abbondante e riciclabile dell’industria ittica. Realizzato dalla francese Scale in lastre rigide, non contiene additivi chimici né voc (composti organici volatili) e ha proprietà meccaniche simili a quelle dell’mdf e del calcestruzzo. Non più solo prototipi, le alghe trovano un’applicazione stabile nelle piastrelle di Ecolurian Design Team. Due le versioni: Pure, senza rivestimento per assorbire l’umidità dagli ambienti interni; Advanced, trattata per resistere all’acqua e all’umidità.

Gli esempi sono davvero molteplici. Directory internazionali aiutano a districarsi nella pletora dei materiali reclaimed per l’architettura. Solo per citarne alcune: la piattaforma sui materiali innovativi Material District, specializzata soprattutto nella produzione olandese; Circular Flooring, che mette insieme aziende europee al fine di promuovere un processo di riciclaggio circolare per i rivestimenti e i pavimenti in pvc post-consumo; la società italiana di consulenza Materially, che aiuta le imprese e le istituzioni nello sviluppo e nella diffusione dell’innovazione sostenibile a partire dai materiali.

Per uno sviluppo sostenibile, è necessario generare modelli virtuosi sia nella filiera di produzione, sia nello smaltimento degli scarti. E cambiare l’idea stessa sottesa al concetto di scarto."

Mogu: radicale per natura

Da start up di ricerca, Mogu, azienda europea con sede in Italia, si lancia sul mercato a giugno 2019. Guidata dai principi dell’economia circolare, sviluppa prodotti sostenibili a base di micelio. Oltre alle collezioni a catalogo per pavimento e ai pannelli acustici, si cimenta con le prime forniture contract: 600 metri quadrati di pavimento e 200 di pannelli acustici, progettati con Arup, per l’area riservata del Padiglione Olandese alla prossima Expo di Dubai; 100 metri quadrati di pannelli a soffitto nell’area workshop del Museo Biotopia a Monaco di Baviera. Il processo produttivo parte dalle materie prime di scarto provenienti dall’industria della filatura nel Bergamasco o del trinciato di canapa dell’industria tessile, per adesso non italiana, sulle quali viene attivata la coltura del micelio. Le fasi di produzione in serie sono standardizzate e temporizzate. La realizzazione tiene conto dell’intera filiera e, fintanto che la scala produttiva consente all’azienda il contatto diretto con i clienti, anche del recupero a fine vita. Il semilavorato è 100% biodegradabile e resistente all’umidità e al rigonfiamento. Per garantirne la durabilità viene combinato con una resina poliuretanica, internamente sviluppata con il 60% di materie biobased. I materiali di riempimento sono anch’essi di rifiuto, quali gusci di mitili, scarti del nocciolo e fondi di caffè, reperiti da aziende italiane. Prossima la presentazione di un nuovo film dall’aspetto della pietra per pavimentazioni continue. E un ambizioso piano industriale per il 2021: dai 50 ai 500 metri quadrati di produzione giornaliera

Stonecycling: laterizi dallo scarto

La società olandese StoneCycling nasce nel 2015, mettendo a punto una filiera per la raccolta, smistamento e lavorazione dei rifiuti provenienti dall’edilizia nel raggio di 100 chilometri. Grazie a delle partnership con aziende locali che trattano scarti di produzione, come materiali per l’isolamento, ceramici o vetro, StoneCycling raccoglie sfridi che analizza e scheda per creare le composizioni dei suoi mattoni, customizzati nei colori, nelle texture e nell’amalgama interno. Negli ultimi anni l’azienda ha creato svariate collezioni a catalogo di laterizi, caratterizzati proprio dalla filiera dello scarto. Tra questi Wasabi, un mattone in lastra dalla superficie vetrificata e dal colore verdastro creato per murature interne a vista e che utilizza circa 22 chili di rifiuti per metro quadro. Oppure la serie 2Good2Waste che, per la provenienza specifica degli inerti di riciclo, un mix di ceramiche scartate e altri ingredienti irripetibili, presenta colori unici che non possono essere riprodotti. Sta per essere concluso il più importante cantiere al di fuori dei Paesi Bassi: un complesso di appartamenti sulla 11th Avenue di New York, su progetto dello studio Concrete. La collezione di laterizi che è stata scelta, Truffle Shine, ricicla e trasforma un totale di 26mila chilogrammi di scarti, diventando l’elemento di caratterizzazione estetica del progetto, con 42 tra diverse forme e pose dei mattoni a vista.