Per il numero che chiude il 2018 abbiamo scelto una serie di architetture accomunate dal grande respiro narrativo. Sia che si tratti di un nuovo polo culturale (quale è il Rhinoceros a Roma firmato da Jean Nouvel per la Fondazione Alda Fendi Esperimenti), piuttosto che di una villa in Costa Azzurra (ripensata da Annabel Karim Kassar come un set cinematografico hollywoodiano anni Sessanta) o di un’abitazione di alto profilo storico a Venezia (reinterpretata in chiave contemporanea da Alberto Torsello), o ancora di un ristorante a Copenhagen (il celebre Noma rinnovato a quattro mani da Bjarke Ingels e David Thulstrup).

Qual è il loro segreto? Sono tutte opere felici, frutto di un’appassionata ricerca maieutica di autenticità formale e materica rispetto ai luoghi in cui si contestualizzano. Perché, come ci ricorda Gianluca Peluffo, architetto italiano approdato a El Sokhna, in Egitto, dove sta sviluppando il masterplan di una micro-città in costruzione, “beati sono quelli che hanno un’identità”.

E di un’identità forte, fuori dagli schemi, decisamente anticipatrice, parliamo nel servizio dedicato a Nanda Vigo, di cui ripercorriamo la storia artistica messa in nuova luce da una serie di recenti mostre. I suoi lavori raccontano di una visione interdisciplinare del progetto oggi di grande attualità, che emerge, con diversi punti di vista, nei servizi di approfondimento sul design. A partire da un’analisi della valenza magica e antropologica degli oggetti, molto considerata in passato ma non dalla modernità, per arrivare a una riflessione su come l’ecosistema digitale stia influenzando il nostro pensiero critico (e non sempre positivamente).

Conclude il numero la rassegna delle novità d’arredo, sempre all’insegna della narrazione e della trasversalità di segno. Archi, onde e figure geometriche sono gli elementi che accomunano sedute, panche e tavoli dall’immagine anticonformista, mentre il più classico velluto, protagonista di poltrone e divani, diventa lo spunto di ambientazioni rock e atmosfere psichedeliche che rendono omaggio a un mitico gruppo degli anni Settanta: The Velvet Underground.

Con Icon Architects 2018, la Serie Oro di Interni giunge al quarto capitolo del racconto del design italiano. Quest’anno il focus si sposta sugli architetti italiani e internazionali che, oltre ad avere realizzato prestigiosi edifici e interiors, hanno firmato alcuni dei prodotti più rappresentativi del design italiano.

 

 

Qual è il rapporto che lega oggi l’architettura al design? I critici affermano che, dopo un processo di allontanamento tra le due discipline dovuto alla specializzazione delle competenze e dei ruoli professionali, la cultura del progetto sembra avere recuperato l’originario punto di vista. Seppure con modalità e finalità diverse, gli architetti mostrano un rinnovato interesse per il design, che li riporta nell’alveo di una lunga tradizione. In un contesto segnato dall’iperproduzione e dall’esplosione digitale, il loro intervento sulla definizione dell’oggetto traccia nuove direzioni di ricerca e definisce nuovi codici espressivi.

A quasi 100 noti protagonisti abbiamo chiesto come cambia, al cambiare della scala di intervento, il loro modo di progettare. Una testimonianza diretta che non pretende di essere esaustiva dei tanti argomenti legati a un tema di costante attualità, ma che scatta una fotografia di coloro che operano all’interno del sistema dell’Italian International Design e contribuiscono alla trasformazione del pensiero creativo in prodotti icona.

 

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Bjarke Ingels and David Thulstrup, Noma, Copenhagen, Ph. by Rina Boersma and Rasmus Hjortshoj-Coast
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Alberto Torsello, Venice, Ph. by Alessandra Chemollo
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Jean Nouvel, Fondazione Alda Fendi Esperimenti, Ph. by Roland Halbe
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Annabel Karim Kassar, Costa Azzurra, Ph. by Colombe Clier
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Nanda Vigo, Casa Blu (1967/1972), Milano, Ph. by Marco Caselli and Carla De Benedetti
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Gianluca Peluffo, rendering moschea a El Sokhna
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Velvet Underground, Ph. by Paolo Riolzi
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Ph. Miro Zagnoli - Coppie particolari di Nadia Lionello. Da Interni Dicembre 2018