“La mia ambizione è sempre stata quella di sviluppare un’impresa fino a farne un’industria”, spiega Adolfo. “Oggi il mondo va verso l’aggregazione.
O cresci o muori. Perché l’azienda prosperasse c’erano solo due strade: quotarsi in Borsa o entrare a far parte di un gruppo industriale più grande...
Mentre stavamo capendo come agire, è arrivata un’offerta degli svedesi, con cui già avevamo collaborato per alcuni apparecchi... Così abbiamo dato a iGuzzini uno spazio vitale per crescere ulteriormente”.
Il territorio: Recanati e le Marche
Adolfo Guzzini ha sempre messo al centro il suo borgo natale e il suo territorio. Fu in quei luoghi - si apprende scorrendo le pagine del volume - che tutto ebbe inizio, a partire dalla produzione di oggetti in corno, che alla fine degli anni Trenta in pochi sapevano lavorare, fino alla creazione di oggettistica per la casa.
Un viaggio in continuo divenire che ha portato l’industria dell’illuminazione ad approcciarsi ai grandi nomi del design italiano e a partnership con grandi istituzioni come il Centre Pompidou, l’area archeologica di Luxor, il Cenacolo vinciano a Milano, la basilica di San Pietro per la Pietà di Michelangelo.
“Finché posso cerco di dare una mano alla mia città (…) perché la bellezza va condivisa, i giovani vanno attratti, e niente li attrae quanto la bellezza... Preferivo incontrarmi anche con gli architetti di fama mondiale a Recanati, piuttosto che alla Triennale di Milano o simili come sarebbe stato forse più logico”, afferma Adolfo.
Il design e i designer
Per Adolfo Guzzini il primo Maestro fu Luigi Massoni.
“Visto come Massoni lavorava in Fratelli Guzzini – si legge nel libro - gli venne proposto di diventare l’art director di Harvey, per innovare non solo gli oggetti ma anche la loro presentazione. Il primo catalogo disegnato da lui per Harvey è del 1964.
Con le sue linee essenziali e l’eleganza delle sue forme il designer, educò il gusto del giovane Adolfo”. Sottolinea Guzzini: “Massoni, oltre che una mano straordinaria, aveva intuito commerciale, era curioso come me, aveva gusto per la ricerca”.
A Massoni si deve, nel 1967, l’incontro anche con Gio Ponti, il quale scriveva a Guzzini lettere dove, sotto all’intestazione “Cari amici Guzzini”, alla destra del corpo del testo, si susseguivano i suoi schizzi a penna. Alcuni di quegli schizzi si trasformarono in prodotti, confluiti in un catalogo battezzato DH, cioè Design House, insieme a quelli di Cesare Casati, Rodolfo Bonetto, Makio Hasuike, Fabio Lenci.
Quando a età anni ’70 l’azienda cambiò nome in iGuzzini Illuminazione spostandosi verso l’illuminotecnica fu Bruno Gecchelin che più di tutti rappresentò la cerniera creativa tra le due fasi. Vinse il Compasso d’Oro nel 1989 con Shuttle, serie di proiettori che permetteva di controllare professionalmente la distribuzione della luce.
Fu poi la volta di Renzo Piano, “il primo architetto di fama con cui collaborammo – ricorda ancora Adolfo - a farci fare il vero salto di qualità internazionale nell’illuminotecnica”. Sue la lampada Lingotto e Le Perroquet per il Beaubourg, successivamente installato anche al Whitney Museum di New York e alla Fondazione Stavros Niarchos di Atene.
La memoria storica
Fra i ringraziamenti per la realizzazione di questo libro, Guzzini cita l’architetto Piergiovanni Ceregioli, al suo fianco per quasi quarant’anni. “Con lui spesso ho condiviso alcuni dei momenti descritti in questa storia e i suoi ricordi hanno offerto un punto di vista meno personale che ha arricchito il racconto”.