L’arredo dovrebbe nutrire la casa, luogo di energia per eccellenza, dice Simona Tagliaferri, ricercatrice sui materiali, designer e art director di Rossana

Avete presente quando si scopre qualcosa e si pensa: come è possibile capirlo solo ora? È quello che si prova quando si incontra Simona Tagliaferri.

Capelli alla Annie Lennox, piccola e silenziosa, Tagliaferri è una di quelle persone che agisce da sempre nel mondo della creatività quasi in incognito, l’anima di ricerca dietro le quinte di grandi marchi. Quando la incontro, nello showroom che ha firmato per Rossana a Milano, racconta la sua storia e, mentre parla, è difficile non chiedersi come sia stato possibile non vedere che esiste un filo rosso che unisce i progetti iconici che cita: da Gucci a Fendi, da Tiffany a Jumeirah, da Breil a Fiat, passando attraverso un linguaggio di ricerca materica dove gli elementi metallo, pietra, pelle e tessuto prendono forma e raccontano una vera evoluzione. Un knowhow che Tagliaferri ha applicato al design d’interni attraverso la sua collaborazione con Rossana.

Dai materiali alla moda, dalla moda al design. Perché?

Mi sono avvicinata a questo mondo in un momento particolare della mia creatività e crescita personale e ho cercato un nuovo progetto sfidante per i miei contenuti di stile e ricerca. L’incontro con Emanuel Colombini, presidente di Colombini Spa, è stato l’incipit di questa nuova fase della mia vita. Ho accettato la sfida di portare il mio knowhow nei brand del Gruppo coordinando come consulente l’R&D di Colombini e Febal e la direzione artistica di Rossana.

Cosa vuol dire per una persona che è da sempre nel mondo della moda progettare per gli interni?

La casa è un punto di energia che l’arredo dovrebbe nutrire. Scegliamo qualcosa perché cogliamo la sua energia, che è data sia dai materiali che dalle forme. Se abbiamo cultura leggiamo tra le righe una storia di manifattura, di progetto. Se conosciamo la vita di Michelangelo, quando osserviamo una sua scultura sentiamo anche la fatica, la determinazione e quel pizzico di follia che deve avere avuto nei mesi in cui si appollaiava sui blocchi di marmo per coglierne il senso e la forza. Se invece questa cultura non l’abbiamo riusciamo comunque a sentire qualcosa che magari lasciamo senza nome ma che ci attrae. Questo gioco di relazioni tra materia, oggetto, spazi e persone è quello che mi affascina del mondo dell’arredo.

Se tutti capissero la storia dei materiali ci sarebbe più rispetto per le cose?

Assolutamente sì. Sono cresciuta in una fattoria nel Molise, un luogo immerso nella natura vera – quella non solo contemplativa ma in cui si fa fatica – ma anche nella cultura: una fattoria bio già negli anni 70. Una visione futuristica da parte dei miei genitori, in particolar modo di mia madre che mi ha insegnato tanto, soprattutto il rispetto per tutto ciò che ci circonda e per la bellezza. Qui mi sono innamorata dei materiali e di quello che erano in grado di raccontarmi. E qui ho capito che una cosa davvero bella non ha un tempo ma diventa automaticamente eterna come madre natura.

Di materiali parlano un po’ tutti oggi, come mai? 

Si parla molto di materia perché aiuta quando mancano le idee. Se penso al passato, nel cuore della creatività c’erano grandi idee con grandi materiali. Oggi ci si fa soccorrere dalla natura. Ma per far parlare i materiali bisogna avere passione e le competenze per gestirli e farli vivere fuori dal loro ambiente mantenendo integro il loro senso di forza e appartenenza.

Cosa vuoi dire con “senso di forza e appartenenza”?

L’aspetto cruciale del rapporto tra materia e forma è dato dall’energia estetica che ne contiene. Quando i significati originali dei materiali restano integri vuol dire che il progetto è diventato contenitore senza tempo. La grande sfida nei prossimi anni sarà di dare una visione del mondo Rossana verso questa direzione.