Il progetto di MIARCA Architecture esalta identità e mission dello storico ristorante con vista su Ponte Vecchio, Corridoio Vasariano e Galleria degli Uffizi

Un luogo dedicato alla ristorazione non va letto soltanto attraverso il glamour degli ambienti, la qualità dei piatti che offre lo chef con la sua brigata di cucina o la mise en place. E’ qualcosa di più. E' lo svelarsi di una filosofia e di una prospettiva per far pensare e sognare l'ospite nel modo in cui pensano e sognano i proprietari. Per lo storico ristorante Golden View di Firenze, l’architetto Nicola Maggiaioli (MIARCA Architecture), ha interpretato e raccontato, attraverso il progetto di interior design, pensieri e sogni dei titolari, Tommaso Grasso e sua moglie Sara Taccetti, mixando nelle giuste dosi effetto scenografico, “golden view” del panorama, semplice eleganza.

Una storia lunga vent'anni

I 550 metri quadrati degli spazi affacciati sul corso dell'Arno, su Ponte Vecchio, sul Corridoio Vasariano e sugli Uffizi sono stati ridisegnati per valorizzare sia la luce che arriva dalle sponde del fiume, sia la funzione di ogni ambiente e il ruolo di ogni professionista del gusto che ha intrapreso questa avventura di alta cucina vent’anni fa. “Il locale per me è casa, uno spazio che riflette le mie passioni legate non solo al cibo ma anche al vino, al mondo del collezionismo d’arte e della filantropia che amo condividere con i miei ospiti e con tutta la squadra di lavoro con la quale ho un bellissimo rapporto e un’armonia perfetta”, spiega il titolare. “Considero questi elementi fattori strategici affinché un’impresa come questa possa funzionare”.

Dare sostanza alla forma

La ricca vetrina di eccellenze gastronomiche del locale parla italiano, ma racconta anche di altri territori, dalla Francia ai paesi del Nord: dal pescato fresco della pescheria, alla pasticceria, ai panificati regno del maestro del pane Michel Pellegrini, all’importante selezione di vini, vero e proprio itinerario tra prestigiose etichette scelte dal proprietario insieme al wine hunter Paolo Miano. “La location non basta, è un punto di partenza. Penso che le persone siano molto soddisfatte della vista, ma la sostanza di questa forma che si chiama 'Golden View' siamo noi, siamo il nostro lavoro, i nostri piatti, la nostra ricerca”, dice Tommaso.

Uno chef-architetto

Tutto va ad arricchire l’esperienza gourmet proposta dallo chef Paolo Secci che ha studiato architettura prima di dedicarsi alla cucina. Chef Secci ha applicato la creatività allenata durante gli anni universitari al mondo del cibo, che ha affrontato studiando e immergendosi a fondo: “La sete di ricette, di nuove tecniche e metodologie culinarie non mi ha mai abbandonato e, in tanti anni in giro per l’Italia e nel mondo, mi ha permesso di accumulare un bagaglio di conoscenze vario ed eterogeneo, ispirando la mia infinita curiosità per gli ingredienti e le materie prime tipiche dei luoghi dove ho lavorato”.

Valorizzare la golden view

Pur conservando l’originale impostazione, con tre sale collegate tra loro, il nuovo progetto valorizza la golden view che dà nome e identità al luogo, rimuovendo tutti gli elementi murari o di arredo che potevano essere di ostacolo e rendendola visibile dall’entrata principale in via de’ Bardi. Ogni ambiente dialoga con quello successivo attraverso ampie vetrate o singole aperture, così è per l’ingresso con la prima sala, per la pescheria e la cucina con quella centrale, e tra l’ingresso secondario e l’ultimo ambiente al centro del quale un pianoforte rivela la speranza di tornare a essere anche un palco per musica jazz. Il convivio, si sa, ormai è un’esperienza da vivere a 360 gradi. Spiega Tommaso: “L’ospite entrando al ristorante può vedere in modo trasparente con quale attenzione si lavora in cucina, perché grazie al rinnovo del locale quest’ultima è ora completamente a vista, ossia visibile sia dall’interno sia dall’esterno”.

Identità territoriale

“Fin dall'ingresso, il ristorante rivela la sua identità e la sua territorialità: con un gioco di sovrapposizione di volumi semplici, spesse lastre di marmo di Carrara e tavolati di legno di ulivo sostengono vista e bancone per tutta la lunghezza del vano di passaggio in parquet di rovere. Ogni materiale è stato scelto per affermare la specificità del luogo e la riconoscibilità del brand, legato alla cultura alimentare toscana e al rituale di preparazione e meticolosa scelta degli ingredienti”, racconta l'architetto Maggiaioli. Ne sono esempio le finiture: le piastrelle Lume della collezione Il Crogiolo di Marazzi o il piano nero sul retro del banco rivestito con In-Side di Laminam ispirata alle pietre naturali, sono un richiamo al mondo dell’artigianato.

Dimensione artigianale

Una serie di pilastri segna la divisione delle varie aree di competenza: al barman per primo spetta accogliere l'ospite. Nella zona bar, il paradigma marmo e legno s’inverte, con la pietra a fare da top e l’ulivo massello a caratterizzare il frontale del banco. E’ ancora la dimensione artigianale a trovare conferma nei complementi d’arredo, come il lampadario personalizzato all’ingresso opera della bottega fiorentina Il Bronzetto che ha realizzato anche l’insegna di Golden View su progetto del designer Gonzalo Sanchez: lettere di ottone bagnato nell’oro. Sanchez ha curato la grafica coordinata del brand sotto ogni aspetto, dal logo al menù. All’estrosità dell’area bar, il resto dei locali risponde con un mood più composto e monocromatico. Il bianco con nuance fumo, per il quale sono state utilizzate varie declinazioni della collezione pensata da Piero Lissoni per Kerakoll Design House, diventa il timone che orienta lo sguardo e scolpisce gli spazi, ampliandoli.

La cantina fiore all'occhiello del locale

La cantina del Golden View è considerata la seconda più importante in centro città; inserita in un fondo del Quattrocento appartenuto alla famiglia fiorentina dei Bardi, si presenta naturalmente temperata e predisposta alla conservazione. Realizzata dall’architetto Marta Sansoni è situata nell’omonima via dei Bardi, sotto Costa San Giorgio. Oggi è uno spazio privato nato dalla passione per il vino di Tommaso Grasso che insieme con il suo storico wine manager Paolo Miano, ha trovato posto e dato vita alle bottiglie che qui possono riposare e invecchiare in un luogo ideale. “La cantina è composta da circa otto mila bottiglie da scoprire e ognuna di loro ha un’anima da raccontare” spiega Miano che ama definirsi “sommelier narratore” ed è anche un instancabile “wine hunter”, a suo agio nel raccontare le etichette più prestigiose nel corso delle degustazioni dove vengono proposte le “Verticali” dei grandi “Super Tuscans” insieme a quelle dei “Brunelli” che sottolineano l’amore per la tradizione e il territorio.

Foto Savorelli