Nessun uomo è un’isola, indipendente dal resto dell’umanità, predicava John Donne, il poeta inglese del 500, che ispirò nel 1940 a Ernest Hemingway il titolo del celebre romanzo “Per chi suona la campana”.
Non lo è, neppure quando le campane e il loro suono “attutito con dei pannelli performanti sistemati nell’involucro di casa” sono quelle ‘familiari’ della Chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano nel centro storico di Mendrisio, piccolo borgo nel Canton Ticino, in Svizzera, dove gli architetti Tommaso Botta e la moglie Eleonora Castagnetta, vivono.
Qualche anno fa, hanno trovato questa isola personale non troppo lontano dalla giovane Accademia di Architettura e dal loro luogo di lavoro, lo Studio dell’architetto Mario Botta, di cui Tommaso è figlio. È diventata il progetto condiviso di una coppia di architetti che attraverso “un continuo confronto/scontro beneficia della complementarietà di diverse competenze” riconosce Botta.
“Persino le opposte realtà in cui siamo cresciuti, ex convento riattato e la caotica città di Palermo, generano unità di pensiero. Gli interrogativi del mestiere dell’architetto, sconfinando in tutti gli aspetti del vivere, fanno sì che casa e lavoro nel nostro caso coincidano. Mendrisio poi è sempre stato un punto di riferimento per noi. Centrale com’è la posizione dell’abitazione – residuo di un antico complesso demolito per far spazio al sagrato della chiesa neoclassica di fine Ottocento progettata da Luigi Fontana di Muggio, di fronte alla torre di epoca medioevale”.
Sul lato nord la casa, caratterizzata da una planimetria a L, affaccia proprio su questo sagrato, ma gode anche del privilegio di un giardino privato di 250 mq, racchiuso da antiche arcate in sasso. “Da una serie di ricerche è emerso che quest’ultime appartenevano a una strada poi rifatta e proseguivano all’interno dell’edificio privo purtroppo di un alto valore storico-architettonico, quando l’abbiamo rilevato. Il progetto di ristrutturazione è durato due anni, dal 2012 al 2014” continua.
“Per non tradire il genius-loci, nell’intervento sull’esterno vincolato, abbiamo ripreso la scansione delle aperture, così come la figura del tetto a falde, sottolineando poi il rapporto tra i muri e il suolo pubblico, con una fascia in granito locale che segna tutto il perimetro”.
Negli interni, l’azione è stata più radicale. L’edificio è stato in gran parte sventrato e progettato in modo da creare ampi spazi consoni all’abitare contemporaneo. I 380 mq di superficie complessiva sono stati ripartiti su tre piani principali, un mezzanino nel sottotetto e un piano cantina; cinque livelli ora collegati da un ascensore interno e da una scala in calcestruzzo staccata 5 cm dalle pareti, al centro della quale delle griglie nere pressostirate in acciaio termolaccato creano un effetto moiré di vedo e non vedo, luci e ombre.
Chiarezza e ordine formale nella composizione architettonica hanno invece veicolato la scelta del vetro ad anta unica scorrevole, sottolineato dal colore nero dei serramenti, che riporta l’attenzione sul prospetto di grande respiro che si sviluppa dalla corte-giardino fino alla gronda del tetto.
“La ricerca di un rapporto con l’esterno è stata costante” osserva Botta. “Numerose aperture, una volta in relazione con il sagrato, una volta con la chiesa rivolta verso il giardino, un’altra con il giardino stesso riportano il paesaggio nella composizione spaziale”.
E proprio i giochi di quota instaurati con l’ambiente circostante costituiscono il plus del progetto, soprattutto in virtù del fatto che dall’esterno non si percepisce affatto la sorpresa che riserva lo spazio interno. La prima, dopo aver superato l’atrio d’ingresso, è la generosità del soggiorno a doppia altezza, teatrale nella sua compostezza, in cui spicca la sfera luminosa, due metri di diametro, caratterizzata da oltre 1200 leds (prodotta da Moooi) che riempie l’ambiente, lasciandone intonsa la fluidità.
“È stato complicato collocarla, perché nonostante sia di per sé leggera – pesa circa 12 kg – arriva intera con la sua cassa che la fa lievitare a 120 kg complessivi: abbiamo dovuto smontare il parapetto del soggiorno e issarla su una gru, per introdurla”.
Questa lampada rappresenta una seconda sorpresa, che catalizza l’attenzione soprattutto dopo il tramonto; quando anche la scritta luminosa Desiderio sulla parete enfatizza, per contrasto, il dialogo con i capitelli della chiesa neoclassica inquadrata oltre la vetrata, veicolando tra razionalità e figurazione, nuovi valori metaforici e simbolici.
“Desiderio resta per noi una parola dal duplice significato” commenta Botta. “Rimanda alla dimensione del sogno ma è anche il cognome dei vecchi abitanti della casa, di cui volevamo restasse traccia”. La possibilità di realizzare uno spettacolare living alto due piani si è accompagnato ad altre soluzioni e idee, desuete per una tipologia antica, ma calzanti per un modo di vivere attuale e condiviso: dalla cucina aperta sul soggiorno, con piani cottura a induzione, al camino che si accende con il telecomando; dai doppi lavabi nei bagni alla colonna della biancheria per traghettare i panni in lavanderia al piano inferiore.
I grandi classici evergreen degli arredi testimoniano che anche il product design contemporaneo è una passione dei due architetti. “Siamo amanti della storia del design, degli oggetti storici dei grandi maestri” spiegano “ma anche di nuovi oggetti-scultura. Perché se l’architettura, come diceva Adolf Loos, è disciplina completa, il design rompe gli schemi, personalizza lo spazio”.
Il piacere dei dettagli, poi, sempre molto curati, fa la differenza: tra scuretti che sottolineano gli stacchi dei materiali adottati; boiserie lignee, in rovere leggermente sbiancato, che restituiscono rigore e continuità agli ambienti privati, mimetizzando armadiature e porte con un certo grado di astrazione. La scelta del travertino romano in tonalità chiara beige per tutti i pavimenti e i rivestimenti dei bagni racconta invece soprattutto la ricerca di un’atmosfera domestica calda, quasi ancestrale. Una qualità abitativa alla quale partecipa l’incontro con la tecnologia del XXI secolo.
“Due sonde geotermiche di 100 metri cadauna assicurano la copertura dei fabbisogni termici dell’abitazione, captando l’energia dal terreno” spiega Botta “mentre l’impianto elettrico prevede un sistema domotico che consente di gestire dalle luci alle persiane elettrificate anche da remoto”.
Senza dimenticare la fascia di strip leds, 53 metri lineari, occultata nelle putrelle alla base delle falde del tetto che può trasformare la figura della copertura e della casa in quella di una totale lampada abitabile, in modo molto suggestivo al calar del sole.
Foto di Enrico Cano – Testo di Antonella Boisi