Gli spettri non hanno sempre abitato l’oscurità. L’idea che fantasmi e altre presenze spirituali si annidino nel buio è infatti stata introdotta solo nel Settecento, nel clima culturale del romanticismo gotico, quando gran parte della sensibilità europea si trovò ad esprimere un forte rifiuto nei confronti del razionalismo illuminista e, soprattutto, del suo braccio armato, la ‘tecnicizzazione’ del quotidiano portata avanti dalla rivoluzione industriale.
Molto tempo prima, però, nella Grecia presocratica, i fantasmi non vivevano nella mezzanotte ma nell’ora del meriggio, quando il sole è più alto e le ombre sono più corte. È infatti questo il momento in cui le cose appaiono più irreali, per l’assenza, o la riduzione ai minimi termini, del loro ‘spessore esistenziale’.
Ed è questo senso abbacinante di tempo che smette di fluire - luce mediterranea che assorbe il cielo e trasforma le cose terrene in statue di sale - che Giorgio De Chirico ha reinterpretato secoli dopo nelle scene sospese della sua pittura metafisica, mettendo in mostra oggetti familiari (un guanto, un muro, una piazza italiana) in modo da farli sembrare stranamente irreali. Ed è, ancora, lo stesso sentimento ‘metafisico’ da cui ha attinto il design postmoderno nel suo lavoro di scomposizione dell’oggetto e trasfigurazione del moderno.