“Come una grande barca in navigazione sul mare, quello in tempesta d’inverno, infuocato d’estate, mutevole nelle ore del giorno e durante le stagioni. Così abbiamo immaginato questa casa pugliese, un guscio che rende sensibili i riflessi dell’acqua, l’incredibile luce del Salento e i suoi colori, tavolozze di rossi, gialli e blu che sfumano in oro, richiamando squarci quasi drammatici, come fondali di battaglie di quadri cinquecenteschi”, racconta Roberto Palomba.
Questa architettura che vive di grandiosi open space, bianco e superfici nitide, è infatti innanzitutto figlia del luogo a cui si ancora, all’estremità della Gallipoli nuova. “Siamo a 12 metri dalle acque dello Ionio, in un lotto irregolare che abbraccia il travolgente cono visivo del sole al tramonto e una serie di scorci sulla città vecchia, splendida nel suo dedalo di piccole strade, case e chiese, di grande valore storico”, spiega Ludovica Serafini.
Sono le qualità ambientali del contesto che andavano valorizzate e che hanno ispirato il progetto: un cantiere durato tre anni, con squadre di lavoro specializzate provenienti da lontano. “Siamo abituati a lavorare a km zero, con un taglio di riduzione e immediatezza visiva dell’oggetto, di design o architettura che sia, per scaricarlo del suo non valore intrinseco; ma, in questo caso, l’intervento di isolamento tecnico del manufatto dall’acqua era talmente complesso che ha richiesto due livelli di scavo rispetto al piano strada dell’edificio, materiali e maestranze non autoctoni”, riconoscono.
Nella definizione di uno spazio abitativo contemporaneo di qualità, che potesse proporsi anche come polo di riferimento architettonico e urbano, Palomba + Serafini hanno compiuto scelte esplicite e radicali sul preesistente, una piccola casa dalla pianta a L, oggetto di rimaneggiamenti successivi.
“Nella ricerca di una fusione coerente tra le diverse scale dell’architettura e del paesaggio, abbiamo interpretato volumi e proporzioni, riconfigurando pianta e sezione”. Così è stato svuotato in toto il fronte vista mare a favore di una ponderata estensione vetrata sull’orizzonte marino e, di lato, sulla città vecchia, e di contro, enfatizzata la chiusura di quello retrostante, diventato impenetrabile, con i suoi muri ciechi e la porta d’ingresso a filo, quasi negata alla vista.
“L’effetto ricercato era un po’ quello del riad che cela all’interno le sue meraviglie e una vita indipendente dal contesto. Qui lo stacco mentale e fisico si affida a una piccola corte che crea privacy e sul piano pratico nasconde, dietro a un muro trasformato in lama d’acqua radente, le aree di servizio”.
In compagnia di grandi piante di ulivi, dalla corte si accede all’ingresso di casa distribuita su tre livelli fuori terra più terrazza, con il seminterrato riservato alle autovetture, alle macchine tecniche e alle stanze dei domestici. Il piano terra organizza lo spazio di ricevimento e, chiusa da una parete vetrata opaca, la spa con la piscina indoor e le isole benessere.
Si diparte da qui la plastica scala elicoidale bianca che ritaglia e collega tutti i piani, liberati il più possibile da strutture e pareti, perché si raggiungesse un effetto percettivo di smaterializzazione, ariosità e leggerezza visiva fino alla terrazza.
“La scala è stata realizzata come un pezzo unico, montata in carpenteria e calata con un elicottero all’interno – un oggetto complesso: avendo le solette anche altezze differenti, ogni sua porzione andava calcolata al centimetro”, commenta Palomba.
Al primo livello sono le camere, generosi spazi con servizi dedicati e la main room, chiusa da una vetrata d’angolo a tutta altezza sullo skyline del mare. Al secondo, si aprono in successione fluida le zone living, nel salone a doppia altezza, concepito come una serra con grandi piante in idrocoltura diffuse in punti strategici, e collegato all’isola della cucina super tecnologica che cela, dietro a un’armadiatura, la cellula superaspirante per le fritture, disegnata e realizzata ad hoc.
“La padrona di casa è una cuoca eccezionale e apprezza la convivialità di una famiglia numerosa, come da tradizione mediterranea”, riconosce Palomba. Un’altra cucina è stata dunque predisposta anche al terzo e ultimo livello, quello della terrazza, dentro un cubo di vetro che, completamente apribile, non interrompe la continuità dello spazio attrezzato per la vita en plein air intorno alla piscina, il fulcro della composizione: una stecca di vetro trasparente il cui volume si innesta e si compenetra in parte nel salone sottostante.
Dal piano terrazza, si sale poi al top del solarium, schermato da una vela di protezione dai venti e dai raggi del sole. “La luce è la grande protagonista di questo progetto, la materia prima che scolpisce i volumi e li ridisegna con un gioco di ombre taglienti e prospettive oblique. La scelta di adottare grandi vetrate – insieme a piccoli setti, al posto dei pilastri tradizionali – sui quali si proietta con effetti di profondità, ha consentito di controllarla e modularla.
Da grande risorsa può infatti diventare una grande nemica al Sud: violenta durante l’estate e molto preziosa d’inverno, quando il clima è umidissimo. Lo studio delle correnti è diventato in questo senso un’opportunità perché, fluida nella circolazione, la casa-barca (benchè sia tutta domotica), in molti periodi dell’anno può vivere di flussi di aria naturale, senza sistema di condizionamento.
Per paradosso, quando in cielo si muovono le nuvole e sembra unirsi alle loro danze, si potrebbe quasi sentire il mal di mare”. In realtà, la messa a punto di tende semiopache a chiusura delle vetrate tutela privacy e viste: si trasformano in opache, proiettandovi dall’esterno speciali luci, mentre all’interno degli ambienti non negano la relazione con il paesaggio outdoor.
“Anche questo è un segno di contemporaneità”, spiega Ludovica. “I committenti desideravano un’ architettura che restituisse un rapporto forte, ma non mimetico con il territorio. Per questo hanno riposto fiducia in noi, e, insieme, abbiamo selezionato una gamma di materiali che privilegiano i cromatismi del bianco, vibranti con la luce e i suoi riflessi”.
Gli arredi completano quest’atmosfera domestica: pochi essenziali pezzi su misura, di design attuale o storico. “D’altronde resta una casa fatta di mare e di natura. E di grandi spazi funzionali che coincidono con la vita delle persone che li abitano. Perché fare architettura resta sempre un viaggio. Dentro se stessi e dentro gli altri”.
Foto di Oskar Da Riz – Testo di Antonella Boisi