Un altro capitolo del modernismo di New Canaan, nel Connecticut, USA: il valore dell’eredità con il quid della cultura giapponese, nel progetto di Kengo Kuma per il nuovo padiglione residenziale che si integra nella casa anni Cinquanta by John Black Lee
New Canaan, un’ora di treno da New York, nel Connecticut. È lì, nei cangianti cromatismi di un bosco di latifoglie, in un contesto paesaggistico forte, che si è materializzato l’esordio di Kengo Kuma sul palcoscenico dell’architettura americana. Con la realizzazione di un nuovo padiglione in legno e vetro, concepito come un’addizione integrata a una residenza di lignaggio storico, acquistata dagli attuali proprietari nel 1990.
Non poteva esserci un ouverture migliore per il progettista giapponese di fama internazionale che fa del rapporto tra natura e artificio il paradigma di riferimento privilegiato dei suoi interventi. Siamo nella terra della grande architettura moderna, anni Cinquanta, delle residenze di Philip Johnson (poco distante si trova la sua iconica Glass House, National Historic Landmark), di Marcel Breuer, di John Black Lee, tra gli altri.
Proprio quest’ultimo, nel 1956, costruì per sé la casa che era un dichiarato omaggio a Mies van der Rohe: impianto quadrato, simmetrico, modello villa palladiana, una sequenza di open space e di grandi vetrate, con il coronamento di un portico continuo sui quattro lati formato dalla parte aggettante della copertura piana. Si erge ancora solitaria nel verde del bosco.
Ma gli attuali proprietari avevano l’esigenza di ingrandire gli spazi, prevedendo una nuova sala da pranzo e una camera da letto, integrabili in modo organico nel preesistente. Così arrivò il momento di Kengo Kuma che, dopo essere intervenuto sulla casa madre (già risistemata da Toshiko Mori) – una lamina argentata riveste ora il camino centrale del living, rocce e ghiaia bianca collocati intorno al corpo di fabbrica sottolineano una nuova estetica orientale della modernità – per soddisfare le nuove richieste individuò la brillante soluzione: costruire una nuova ala, compiuta, ma collegata con una passerella vetrata al corpo di fabbrica originale.
“È stato un modo” spiega “per ereditare lo spirito della suggestiva architettura moderna di Black Lee e, in altre parole, il genius-loci di New Canaan”. Con una pianta a forma di L rovesciata, il nuovo corpo in legno e vetro si eleva diafano sul dolce pendio del terreno e risulta asimmetrico rispetto alla costruzione preesistente, con cui si mantiene allineato alla quota del tetto.
“Si è definito così” continua “un nuovo dialogo con la natura, uno schema ortogonale che, sbarazzandosi di una simmetria rigorosa ma statica, ordina e bilancia gli spazi come tentativo di creare una sorta di ‘intimità’ nel bosco, senza compromettere l’integrità della composizione originale”.
In realtà la nuova figura architettonica sembra smaterializzarsi e fondersi con il panorama naturale proprio nella sua consistenza di involcuro vetrato dagli spigoli vivi, strutturato da sottili pilastri in acciaio piatto, appositamente disegnati fino al dettaglio dei giunti a forma di T in legno e acciaio. Leggera e semplice nella sua trasparenza ed essenzialità, frutto di una perfezione tecnica che non cade nel tecnicismo e di un recupero di una tradizione archetipa che non cede al vernacolare, trova il suo compimento proprio nella relazione con gli alberi ad alto fusto dell’intorno.
Perchè per l’orientale Kuma tutto è natura. Anche i materiali del progetto: dai travetti di abete nero canadese che sottolineano l’assialità dei percorsi esterni o il ritmo dei soffitti interni alle doghe di legno Ipè scuro dei pavimenti alle scaffalature in acero chiaro.
La mancanza di partizioni murarie interne, sostituite da diaframmi in rete di acciaio e una luce soft completano la proposta di un valore aggiunto: stimolano nell’unitarietà d’insieme quel senso di fluttuamento spaziale e di vibrazione luminosa dei materiali che restitituiscono percezioni multiple, effetti visivi di riflessi e opacità, penombre, modulazioni tattili, uditive e anche olfattive. “Abbiamo lavorato per realizzare una ‘media trasparenza’ contro la ‘trasparenza isolata’ e piena degli anni Cinquanta”. Ovvero, come riscoprire un luogo.
Foto di Kengo Kuma & Associates, Scott Frances
Antonella Boisi

