Da un accurato, complesso – e impegnativo – intervento di recupero, restauro e valorizzazione di due edifici storici in Bergamo Alta, nasce un progetto residenziale di prestigio, dotato di tutti i comfort contemporanei, tecnologici ed energetici, promosso da Immobiliare Percassi, curato dagli architetti Maurizio Zambelli e Barbara Radici.
Innovative e sostenibili, Le Dimore di Via Arena sono ora ‘dimore nella dimora’, ospitate nella domus che un tempo si ergeva maestosa. Pur mantenendo intatti tutti gli elementi architettonici di pregio preesistenti, il complesso è in fase di acquisizione della certificazione Leed per il loro limitato impatto ambientale.
Il progetto ha riguardato due immobili sottoposti a vincolo monumentale, connessi tra loro, ma differenti nella storia, nella struttura e negli interventi di cui sono stati oggetto nel corso degli anni, localizzati nel cuore antico, ma defilato di Bergamo Alta, all’angolo tra via Arena e via Mayr, dietro a Piazza Vecchia, definita da Le Corbusier “la più bella d’Europa”.
L’intervento, iniziato nel 2016, ha permesso il recupero e il restauro conservativo dei due edifici, le cui fondamenta risalgono al Duecento, con la realizzazione di 17 unità abitative dai tagli peculiari differenti, dotate di affacci su Città Alta e Città Bassa, e 22 posti auto per un totale di circa 3 mila metri quadrati di superficie.
Il lavoro progettuale corale – architettonico, ingegneristico e archeologico – ha valorizzato i cortili interni; nelle parti comuni spiccano le scale in pietra antica, impreziosite dai corpi illuminanti di Viabizzuno; nei luminosi ambienti abitativi protagonisti sono i meravigliosi soffitti affrescati, gli elementi strutturali lignei recuperati, le imponenti travi di rovere, i decori e i minuziosi dettagli dei cassettoni in legno dipinti, gli archi in pietra, i travetti e i colonnati che creano logge inaspettate.
Un restauro, quindi, che non si è limitato al recupero di due prestigiosi edifici, ma che ha permesso anche di indagare e comprendere a fondo la storia e l’evoluzione urbanistica della parte alta, la più antica e affascinante di Bergamo.
Il progetto architettonico ha ottimizzato la distribuzione interna delle unità abitative, ora valorizzate. I 17 luminosi appartamenti sono disponibili con tagli variabili da 56 fino a 382 mq. Dove possibile sono stati recuperati, sia nelle parti esterne sia in quelle interne, elementi materici e architettonici di pregio esistenti, attraverso il consolidamento e il restauro, ma anche proponendo nuove soluzioni, nel rispetto del linguaggio stilistico storico del manufatto. Ne è conseguito uno studio elaborato e certosino dei materiali già presenti – pietra, ferro e legno – che sono stati riutilizzati in chiave contemporanea come finiture. La stessa attenzione è stata posta per gli elementi tipologici dell’architettura: cornici, imbotti, architravi, parapetti, corrimano, serramenti e portoni di accesso.
Un progetto che ha permesso di vivere la storia di Bergamo e di inserirsi nella Bergamo del futuro.
“Un lavoro fatto con amore” spiega l'architetto Maurizio Zambelli. “Un intervento appassionante che ha permesso di ‘ristoricizzare’ un’area di Bergamo: non abbiamo spogliato l'edificio della sua storia, ma abbiamo riqualificato di storia questo immobile dal grande valore sul territorio”. Un edificio da vivere, da capire nella sua complessità e nelle emozioni che trasuda: “Pietra su pietra, è stato un lavoro da scoprire giorno dopo giorno, date le continue scoperte e il continuo problem-solving da metterein atto. Abbiamo tutelato la storia, l’abbiamo valorizzata e resa perfettamente abitabile, abbinandola a tecnologie avanzate, domotiche e sostenibili. Questo è un intervento amato, dove ogni elemento è studiato profondamente: dalle griglie alle gronde fino alle cerniere degli scuri, dal colore della facciata a tutti gli elementi di restauro che appartengono in maniera intrinseca all’edificio. Un lavoro che ha restituito armonia a questo manufatto, nella sua regolarità architettonica, nel fascino della sua corte, nei suoi affacci incredibili: abbiamo così recuperato la cultura delle singole parti, rendendole contemporanee e valorizzandole con tutti i benefici di una vivibilità d’eccellenza”.
L’intervento ha garantito la salvaguardia non solo degli elementi esistenti e ben visibili nella loro preziosità, ma anche dei ritrovamenti archeologici celati nel sottosuolo, oltre il restauro dell’impianto decorativo della facciata che ha permesso di riqualificare un ‘pezzo di storia’ di via Arena, grazie al lavoro sull’affresco attribuito ad Antonio Maria Caneva, detto il Porlezzino.
“Il progetto ha arricchito ciascun protagonista del team di lavoro” racconta l’architetto Barbara Radici. “Una sfida di architettura, ingegneria e archeologica affrontata con un lavoro corale coerente. Abbiamo voluto mantenere un linguaggio comune che valorizzasse la tradizione, basti pensare che tra i materiali scelti c'è la pietra di Sarnico, e, al contempo, abbiamo utilizzato la tecnologia più avanzata per rendere le abitazioni innovative, domotiche e sostenibili, senza che questo abbia comportato alcun impatto estetico visibile”.
Grande attenzione è stata data alla sostenibilità e al risparmio energetico. Le Dimore di Via Arena infatti stanno acquisendo la certificazione Leed, una peculiarità per un edificio antico, uno dei pochi casi a livello internazionale su un immobile storico e vincolato.
All’interno del complesso sono state studiate e sviluppate soluzioni impiantistiche innovative e molto efficienti, compatibili con gli edifici e con i limiti imposti dai vincoli di tutela artistica e storica degli immobili. Il lavoro ha garantito un sistema di impianto domotico con gestione in remoto, un sistema termico integrato in grado di gestire i sistemi di climatizzazione con riscaldamento e raffrescamento a pavimento, un impianto di ventilazione meccanica controllata, il controllo dei consumi idrici e elettrici, fino alla realizzazione di sistema di isolamento termico e acustico delle unità immobiliari.
Integrare questo tipo di tecnologie in edifici antichi, strutturalmente molto diversi dalle abitazioni moderne, è stata una sfida che, nonostante le difficoltà, ha portato alla realizzazione di un complesso in grado di coniugare il fascino della storia con le comodità contemporanee più innovative ed efficienti. Inoltre sono stati impiegati elementi ecosostenibili e finiture di origine locale in modo che ogni particolare, anche il più insignificante, valorizzasse il territorio.
“Ci siamo innamorati della storia di questo immobile, così come della sua complessità” spiega Francesco Percassi, presidente di Immobiliare Percassi. “Per noi ogni aspetto del progetto è stato una sfida e una volontà di entrare nella storia di Bergamo, scoprirne la sua ricchezza, portarla alla luce, valorizzarla e donarla al territorio. Un lavoro che ha visto in gioco una squadra di grandi professionisti, con la capacità di fare le scelte più valide per conservare la storicità degli spazi, offrendo qualità ed esclusività, altissime prestazioni, elevati standard di vivibilità e l’emozione di dimore che sono meraviglia ed eccellenza. Riportare allo sguardo, rievocare i frammenti celati di questa antica area urbana è stato un atto di valorizzazione culturale, imprescindibile nel nostro lavoro che con questo progetto ha voluto anche rafforzare il senso di identità del luogo che si abita”.
La scelta di recuperare quest'area di Città Alta, mai stata oggetto di specifici approfondimenti, è di grande importanza per capire la storia di Bergamo e per la sua evoluzione urbanistica.
Il corpo dell’edificio dove oggi sorgono Le Dimore di Via Arena appartiene alla cortina edilizia di via Arena, culminante nella parte alta con il Monastero di Santa Grata. I lavori di restauro hanno permesso un’indagine archeologica, grazie al lavoro certosino dell’archeologo Massimo Brutti, che ha messo in evidenza stratigrafie e strutture pertinenti alla frequentazione dell’area già a partire dall’epoca romana. L’intervento architettonico ha permesso di scovare e portare alla luce reperti preziosi celati nel sottosuolo. Il lavoro archeologico, sotto lo sguardo attento e appassionato delle dottoresse Cristina Longhi e Stefania De Francesco della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, ha dato i suoi incredibili frutti: da una lucerna di epoca preromana a uno stralcio di mosaico romano raffigurante la testa di Gorgone, ora custodito al Museo Archeologico di Bergamo.
Immobiliare Percassi ha svolto un rilevante studio dello sviluppo dell'edificio e del suo contesto a ritroso nel tempo, attraverso fonti edite e non edite e indagando attraverso numerosi documenti, come catasti, mappe storiche e pergamene custoditi nell’Archivio di Bergamo. I restauri sono stati invece curati da Gasparoli, storica realtà famigliare di Gallarate.
La base dell’edificio di via Arena ha una storia antica: l'attenta osservazione delle murature di fondazione mostra che parte del corpo risale al Duecento, da cui poi si sono eretti volumi e strutture di epoche differenti. Di rilievo l’impianto decorativo di facciata, attribuito ad Antonio Maria Caneva, detto il Porlezzino, risalente agli anni a cavallo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Giungendo ai secoli più recenti, nella seconda metà del Settecento, l’edificio fu sede del Consorzio per l’Assistenza ai Carcerati, un’associazione fondata a Bergamo nel 1320 da padre Melchiorre di Tarseggi, priore dei canonici di Sant’Agostino in San Giorgio. Nell’Ottocento, furono numerose le famiglie e i proprietari che abitarono il palazzo, fino al 1921 quando l’edificio divenne la Casa della Banca Diocesana.