Gli 80 metri quadrati di una casa di ringhiera milanese diventano, nel progetto di Atelierzero, l’occasione per fare ordine, soprattutto mentale, tra centinaia di pezzi d’arte e di icone di grande valore

Un progetto d’interni può essere l’occasione formidabile di fare ordine, fisico e mentale, nella propria vita. Scendere a patti con la memoria, scegliere che cosa tenere accanto a sé e che cosa, invece, lasciarsi alle spalle, non senza un po’ di dolore: non è un caso se il decluttering è da tempo un tema da psicologi. Quando, poi, alla psicologia si unisce l’architettura, il risultato può essere un piccolo capolavoro come quello che lo studio milanese Atelierzero ha realizzato negli 80 metri quadrati di una tipica casa di ringhiera nel capoluogo lombardo, guidando e accompagnando la proprietaria nella delicatissima scelta degli arredi e delle opere d’arte da salvare e mantenere negli spazi ristrutturati, tra memorie della ex Jugoslavia e ricordi di viaggio in giro per il mondo.

Sviluppato su due piani, Il progetto lascia il piano inferiore come zona principalmente di servizio e porta le funzioni principali sul sottotetto. Un piccolo terrazzo in tasca, affacciato sulla corte interna, diventa un momento di apertura e contatto con l’esterno che inonda la cucina di luce naturale.

Il cuore “emotivo” del progetto è proprio il riordino dello spazio mentale, con il lungo processo di selezione dei tantissimi oggetti, arredi, quadri e lampade che affollavano la casa più per abitudine che per scelta.

“Abbiamo voluto ridisegnare gli spazi donando una cornice più adatta e contemporanea agli elementi preesistenti, ad oggetti intimamente legati alla storia personale della cliente” spiegano i progettisti. Materiali classici come la paglia di Vienna, la graniglia, il marmo, il parquet, costituiscono un abaco di sensazioni vissute e note, usati come base da reinterpretare e rendere più adatta a un appartamento contemporaneo. 

Così, il pavimento del bagno rilegge le classiche cementine in graniglia milanesi in chiave geometrica, le ante in paglia di Vienna delle porte scorrevoli su misura (che dividono il living dagli altri ambienti) richiamano l’impagliatura delle sedie Thonet collezionate dalla cliente, il marmo della nuova isola su misura si abbina a quello del piano della cucina esistente, nuove lampade dalle geometrie essenziali trovano posto tra i vari pezzi dal sapore anni ’70 e ’80.

Abbiamo cominciato a dare un significato all’apparente accumulo compulsivo dal trasloco pre lavori, il che ha imposto delle modifiche, anche radicali, del progetto”, raccontano gli architetti. La proprietaria ha vissuto in pieno la Jugoslavia di Tito – del quale si ritrovano alcune immagini in casa, più come memoria storica o cicatrice che come segno di appartenenza politica – quindi la transizione e la dissoluzione dello Stato balcanico. A ogni esperienza di viaggio all’estero, corrispondono decine di quadri e pezzi d'arte e design, solo in parte riutilizzati nel progetto. 

“Abbiamo passato pomeriggi interi nel magazzino in cui erano stoccati tutti gli arredi e le opere, dai quadri alle statue in pietra o in ferro, da selezionare e utilizzare nel nuovo progetto. Il criterio della selezione non è stato tanto il valore artistico o economico dei pezzi (che comunque era di tutti altissimo), quanto il significato personale e affettivo. Diversi dei quadri utilizzati, per dire, sono di Carpinteri, amico e collaboratore di Andrea Pazienza, mentre l'opera più importante è un'incisione del Seicento di Stefano Della Bella”. 

In cucina spicca un busto di Maria Antonietta. La casa è punteggiata di statue e statuette di rane, regali di compleanno del marito. Quasi tutte le lampade utilizzate nel progetto sono di “riciclo: Costanza di Luceplan, tre Parentesi e una Toio di Flos, Tolomeo di Artemide e una decina di lampade di Ingo Maurer: tre Light Au Lait sopra una mensola in cucina, una Delight sul lavello in marmo, una Don Quixote sul comodino in camera, una One From the Hearth sulla scrivania, una Bibibibi sul tavolino in soggiorno, due One for the Recession in studio.

Per ogni pezzo di Ingo Maurer, la signora ha un aneddoto da raccontare: la Don Quixote, per esempio, è la sua preferita perché era affascinata dalla tecnologia del prodotto”.