La maison su misura di Adam e Marnie Tihany è un tableau vivant che cambia quando serve: tutto rigorosamente total white

Illuminato. È l’attributo adatto per raccontare Adam Tihany. Lo sono i suoi progetti di interior design che hanno trasformato hotel, ristoranti e navi da crociera in luoghi iconici di fama mondiale.

E lo è l’appartamento di Parigi, vestito di bianco e di specchi, da cui il celebre architetto ci parla di che cosa significhi oggi, per lui, essere un product designer, sotto la luce dell’ultima lampada-applique disegnata per Bernardaud.

In estate, dalle finestre aperte, i suoni degli eventi di musica live rendono più viva l’atmosfera luminosa e raffinata dell’abitazione tradizionale del V arrondissement davanti a l’Île Saint-Louis, dove la vista spazia dalla Senna a Notre-Dame fino al Beaubourg.

“La casa è un progetto ultra privato per me e Marnie, mia moglie, ma questa ha un peso differente dalle altre, dalla dimora di famiglia fuori New York o dai pied-à-terre di New York e di Miami, utili come appoggio quando sono in città”, spiega. “Qui ci troviamo dove vogliamo essere esattamente a questo punto della nostra vita. In tutti i sensi.

In quell’Europa che ci è rimasta nel cuore e dove intendiamo spendere più tempo. A Parigi, in un appartamento dalle dimensioni contenute, circa 90 mq, in cui, a parte il decoro, l’architettura era già stata pensata molto bene e non aveva bisogno di grandi interventi.

Ogni spazio è un punto di vista unico che porta dentro la magia che ci piace sentire ora. Quella di una città che è una scuola di architettura a cielo aperto, un mix di stile, classe e lusso inimitabili, come il pane, il vino e i formaggi francesi.

C’è poi una dimensione molto umana nel quartiere dove siamo, piccoli negozi di alimentari e tante botteghe artigianali, sconosciuta a New York, anche se al Village quando sono arrivato 45 anni fa era ancora così. Dal punto di vista culturale è non-stop, un epicentro di mostre, concerti, eventi”.

Questo interno non descrive però solo che cosa rappresenti la Ville Lumière per un israeliano italo-americano che, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano, ha vissuto quasi mezzo secolo oltreoceano.

È un tableau vivant che ne riflette esperienze, viaggi e scoperte, accogliendo in modo flessibile ricordi, memorie, arte e design. “In effetti, ogni presenza ha una sua storia e connessioni con altro: un viaggio, un incontro, un avvenimento”, illustra Tihany.

“Ma, sono proprio le dimensioni limitate dello spazio che mi hanno stimolato a curare sensibilmente gli aspetti percettivi e la qualità degli ambienti in relazione agli elementi d’arredo che li compongono, studiando soluzioni di necessità convertibili. Esprimono la mia idea di razionalismo riferita al product design: dovrebbe essere sempre site-specific e nascere dal bisogno di colmare la mancanza di qualcosa”, continua.

“Quando l’abbiamo visto la prima volta, l’appartamento era decorato con uno stile che declinava l’interpretazione francese del Rinascimento italiano, con un apparato scenografico molto carico: stucchi dorati, tende di Fortuny e nella nostra camera perfino un murale veneziano con le gondole.

Nulla a che vedere con Parigi e con la dimensione del benessere che ricercavamo.

Così ho dipinto tutto di bianco. White on white. Sbiancato il parquet, ho previsto tante librerie per accogliere i nostri libri e gli oggetti d’arte, le opere di artisti-amici, da Milton Glaser a Jeff Koons, in soggiorno appese anche sulla parete a specchi che moltiplica lo spazio e le sue prospettive.

Mescolate discretamente, ci sono poi alcune cose mie, i collage che faccio quando sono alla ricerca di ispirazione. Come le planimetrie, il cuore di ogni progetto per me, frammenti composti ad arte che mirano a governare corde più emozionali”.

Adam Tihany ha disegnato quasi tutti gli arredi principali della casa.

Tra questi, molto curati nei dettagli, spiccano la consolle che aperta diventa tavolo da pranzo e il tavolino componibile/scomponibile, davanti al divano-letto, riconfigurabile in versione comodini o altro alla bisogna. Struttura finita in bronzo, questi pezzi trasformabili armonizzano con equilibrio con la tavolozza materico-cromatica dell’ambiente.

Ma sono solo “soluzioni di necessità” o rappresentano il preludio di una nuova prospettiva nella sua ricerca progettuale? “A onor del vero, mi sto orientando verso il mercato del residenziale”, riconosce.

“La tendenza è quella di pensare ai mobili come a pezzi d’arte, in edizioni limitate, ma non mi intriga più di tanto.

Se a oggi ho fatto poche case è perché dal 1978 ho indirizzato sull’hospitality e sull’alta ristorazione il focus dello studio Tihany Design, insieme ad Alessia Genova, collaboratrice storica e partner dal 2020. Di fatto, però, tutti i miei product design negli ambiti contract sono sempre nati per un progetto unico e specifico.

Certo, i numeri delle grandi forniture aiutano: pensare a una lampada su una nave da crociera significa ragionare in termini di produzione di 4000 pezzi. Si abbassano i costi e ogni soluzione sembra possibile.

La sfida sarà ora quella di realizzare con l’industria dei pezzi custom-made e personalizzati da destinare al palcoscenico domestico. Sto sondando le necessità dei produttori europei, le dinamiche della domanda e dell’offerta che qui sono differenti dagli Stati Uniti, dove gli investimenti di tempo ed energie per la ricerca di nuove idee e proposte vengono rispettati e, anche solo simbolicamente, riconosciuti.

Ma per me vale la regola di sempre: ci vuole una ragione per disegnare l’ennesima nuova seduta, oltre quella della vendita sostenuta dai sales department delle aziende. Senza dimenticare il cross-over tra spazio pubblico e spazio privato che sta diventando sempre più significativo.

I confini sono labili, se pensiamo che in un ristorante o in un albergo puoi provare per ore la sedia che poi vorresti ritrovare nella tua quotidianità. Il mondo dell’ospitalità ha fatto molto per il design, ma il mercato residenziale in Europa è più grande di quello contract”.

Per dovere di cronaca: durante la sua lunga e felice carriera, Adam Tihany, re dell’interior design per l’hospitality worldwide, nonché direttore creativo per Costa Crociere e Cunard, ha firmato linee di prodotti per diverse aziende, quali Kartell, Christofle, Roda, Poltrona Frau, Giobagnara, Giorgetti, Valli & Valli, Frette, Unopiù, Bernardaud.